lunedì 23 febbraio 2015

I sette Io


Nell'ora più tranquilla della notte, mentre giacevo semiaddormentato, i miei sette io si sedettero a colloquio e così conversarono sussurrando:
Primo Io: Qui, in questo folle, ho io abitato tutti questi anni, non facendo altro che rinnovare la sua pena di giorno e ricreare il suo dolore di notte. Non riesco a tollerare la mia sorte, e ora mi ribello.
Secondo Io: La tua sorte, fratello, è migliore della mia, giacché a me è dato di essere l'io gioioso di questo folle. Rido il suo riso e canto le sue ore liete e con il piede tre volte alato traduco in danza i suoi pensieri più scintillanti. Sono io che vorrei ribellarmi contro la mia tediosa esistenza.
Terzo Io: E che dire di me, dominato dall'amore, segnato dal marchio fiammeggiante di selvagge passioni e fantastici desideri? Sono io, malato d'amore, che voglio ribellarmi contro questo folle.
Quarto Io: Tra tutti voi, sono il più infelice, giacché nulla mi fu dato se non esecrabile odio e rovinoso disgusto. Sono io, simile a tempesta, nato nelle nere caverne infernali, che voglio protestare contro la mia servitù e questo folle.
Quinto Io: No, sono io, l'io pensante, l'io immaginoso, l'io della fame e della sete, condannato ad errare senza riposo alla ricerca di cose ignote e di cose non ancora create; sono io, non voi, che voglio ribellarmi.
Sesto Io: Ed io, l'io che lavora, addetto alle più penose fatiche, io che con le mani pazienti e occhi anelanti plasmo i giorni in immagini e conferisco agli elementi informi nuove ed eterne forme - sono io, il solitario, che voglio ribellarmi contro questo folle irrequieto.
Settimo Io: Com'è strano che voi tutti volete ribellarvi contro quest'uomo per il fatto che ciascuno di voi ha un predeterminato compito da adempiere. Ah, potessi io essere come uno di voi, un io con un compito predeterminato! Ma io non ne ho alcuno, io sono l'io che non fa nulla, quello che siede nel muto e vuoto non-luogo e non-tempo, mentre voi siete indaffarati nel ricreare la vita. Siete voi, o sono io, amici, che dovrei ribellarmi?
Quando il settimo Io ebbe così parlato, gli altri sei lo guardarono con commiserazione, ma senza dir nulla; e mentre la notte si faceva sempre più profonda, uno dopo l'altro si recarono a dormire avvolti in un senso di sottomissione nuova e felice. Ma il settimo Io rimase a fissare e a guardar il nulla che è dietro tutte le cose.

lunedì 16 febbraio 2015

Daniele Luttazzi e i concetti di "comico" e "comicità"

(una splendida Valentina Lodovini)

Mentre voi comuni mortali il giorno di san Valentino perdevate tempo a festeggiarlo o a sbeffeggiarlo (anche denigrare san Valentino è inutile ed è un modo per essere "normali"), il vostro affezionatissimo se ne fotteva alla grande e comprava l'ultimo libro di Daniele Luttazzi, Bloom. Porno-Teo-Kolossal.
Siccome sono generoso e magnanimo, condivido con chi vorrà questo breve testo sui concetti di "comico" e "comicità" che ho trovato estremamente stimolante.
Ora che ci penso, per il festival di Sanremo è lo stesso. C'è chi lo segue, si esalta e commenta e chi sbeffeggia, ironizza, ecc. ma fate come me, dio cristo: FOTTETEVENE.
Ciao e appena finisco il testo di Luttazzi, ne parlerò qui.
Ecco il testo:

All'interno di quell'espressione peculiarmente soggettiva
che è il comico, Aristofane può stare accanto a Woody
Allen, come Rabelais vicino a Moliere, o Plauto a Mel
Brooks, senza timore di confronti. Sotto la maschera delle
differenze individuali, e il costume versicolore del genere,
l'immagine fondante è quella di Dioniso, segno-sogno del
comico come epifania formale ed ontologica. Dioniso è il
comico come immediatezza-animalità; e come logos.

Rifarsi a Dioniso equivale ad accettare la sua sostanza
ambigua ed enigmatica, equivale ad ascoltare il rifrangersi
e moltiplicarsi della sua voce e delle sue gesta nelle
voci e nelle gesta di chi modula la propria vocazione
artistica entro il sistema frammentato e complesso del
comico. In questa presenza, metafora di un mistero non
concettualizzabile che agisce come linguaggio e attraverso
il linguaggio, risiede il segreto che rende esemplare
l'esperienza storica del comico nella civiltà occidentale.

La comicità occidentale crede e vive nel kairòs,
nell'occasione; a questa presiede l'urgenza di una
tyche, di una necessità che interviene, senza apparenti
giustificazioni, a dettare le azioni del protagonista.

Nata dall'occasione e in essa interamente conchiusa, la
comicità vive in un rapporto particolare con il pubblico,
complice, partecipe e co-autore di un'esperienza che
travalica l'esperienza soggettiva del singolo autore. E'
un'arte che, in virtù di un forte potere di suggestione
esercitato da precise tecniche del ritmo, non potrebbe
esistere, senza il suo doppio autore: l'artista/pubblico.

La comicità, come tutta l'arte, ci serve: da una parte, per
costituire e ricostituire la nostra natura di esseri umani,
coinvolti in pratiche sociali; e, dall'altra, per criticare
incessantemente tali costituzioni. Quando funziona,
introduce nel mondo qualcosa di nuovo: un nuovo modo
di interagire col mondo.

martedì 3 febbraio 2015

una poesia di Salinas e nulla più


Conoscete Pedro Salinas? no? bè, non posso farvene una colpa - primo perché non si possono conoscere tutti i poeti del mondo, secondo perché in effetti Salinas non è “famoso” da noi come Giacomo Leopardi, Alda Merini o Sandro Penna…
Quello che potete fare da oggi, secondo me, è correre in libreria e comprare il volume di Salinas “La voce a te dovuta” perché è un testo meraviglioso pieno di poesie che incantano emozionano e fanno sognare.
In effetti, sempre secondo me, queste tre cose incantare emozionare sognare sono le principali funzioni della poesia fatta perbene.
Saltate a pie’ pari le masturbazioni sulla problematica gnoseologico-amorosa, la presenza dell’amata nel ricordo, la volubilità dell’amata e le riflessioni sull’usura del linguaggio amoroso e tuffatevi subito nelle poesie.
Stasera vi posto quella che mi è piaciuta di più e a cui più sono affezionato.

[XXXIX]

Il modo tuo d’amare
è lasciare che io ti ami.
Il sì con cui ti abbandoni
è il silenzio. I tuoi baci
sono offrirmi le labbra
perché io le baci.
Mai parole o abbracci
mi diranno che esistevi
e mi hai amato: mai.
Me lo dicono fogli bianchi,
mappe, telefoni, presagi;
tu, no.
E sto abbracciato a te
senza chiederti nulla, per timore
che non sia vero
che tu vivi e mi ami.
E sto abbracciato a te
senza guardare e senza toccarti.
Non debba mai scoprire
con domande, con carezze,
quella solitudine immensa
d’amarti solo io.

lunedì 2 febbraio 2015

Barbabietola? no, grazie


alla fine il popolino americano che si esalta per obama, fa schifo al cazzo ed è uno spettacolo umiliante. però, rifletto, quei cazzo di yankee si esaltano perché obama è giovane, è nero, yes we can e altre cazzate. un poco di alibi lo tengono.
ma sti stronzi di italiani? si esaltano per mattarella...per un vecchio democristiano del cazzo figlio del patto tra renzi e berlusconi...non solo si esaltano e si sdilinquiscono, che sarebbero già da fucilare, ma parlano addirittura di cambiamento!!!
parlare di cambiamento con mattarella è come parlare di champions league alla casertana...ma andate affanculo, poveri rincoglioniti.

un ultimo pensiero politico.
ci sono tre parole tre che da come vengono usate capisco se chi mi sta davanti merita la mia attenzione oppure è un povero cretino rimasto davanti alle vetrine che non ha mai oltrepassato quella linea che porta alla conoscenza e non alle minkiate che gli hanno messo in testa.
le parole sono: politica-partiti-presidente della repubblica...se uno le usa, e le usa pure convinto, lasciatelo perdere; è un fesso.
le parole giuste da usare sono: sistema-bande-cap e lignamm (testa di legno)...e tutto il sistema, poi, gira intorno al SOLDO. stop.

col puffo è finita.
in realtà non è mai cominciata. può finire qualcosa che non ha mai avuto inizio? evidentemente no.
poi c'è teresa, altra storia impossibile ed estrema.
mi butto in storie impossibili, estreme e che manco cominciano.
lo faccio di proposito, così sto tranquillo che non mi faccio incastrare da nessuna femmina.
andiamo avanti.

da quello che ho capito, io sono fatto di incanto e disperazione.
due sentimenti abbastanza difficili da gestire.
secondo me, quando vidi lei ebbi tanto di quell'incanto e tantissima di quella disperazione da aver fatto naufragio. amen.

a proposito di lei e del passato...il problema non è tanto il tanto tempo che è passato, ma che è passato il nostro momento. è passata la magia che avrebbe potuto fare il miracolo.
dico bene? certo che no, ma non mi ricordo più qual era la formula giusta.

oggi ho ascoltato Physical Graffiti dei Led Zeppelin e per il resto me lo potete pure sukare.