domenica 21 aprile 2013

La grande coerenza del grande Napolitano



Eccomi di nuovo qui, nel mio angolino tranquillo del web.
Avevo lasciato una settimana fa con la speranza-Zagrebelsky. Invece le quirinarie le ha vinte Rodotà ed io ero contento lo stesso. Tutti abbiamo visto lo squallido comportamento del PD che ha usato le elezioni del presidente della reppubblica per una pagliacciata di guerra intestina tra correntucole, intrighi e schifo tanto schifo.
Prima sono andati da Berlusconi a farsi dare il nome. Che schifo. Han scelto Marini, un ottantenne trombato dai suoi stessi elettori e gradito a Berlusconi. Che schifo.
Poi il balletto vergognoso è continuato. Prima hanno umiliato Prodi, poi si sono spaccati su Rodotà e alla fine, inciuciando come fanno dal '94, han scelto di votare Napolitano.
Indegni.
Visto che hanno rieletto Napolitano, ho deciso di dedicare questo post al grande Giorgione nazionale.
Divertitevi.
Alla vigilia della conclusione del mio mandato voglio sottolineare come la conclusione corrisponda pienamente alla concezione che i padri costituenti ebbero della figura del presidente della Repubblica. Il già lungo settennato al Quirinale corrisponde bene alla continuità delle nostre Istituzioni ed anche alla legge del succedersi delle generazioni.
(7 marzo 2013)

L’ho già detto tante volte. Non credo che sarebbe onesto dire “state tranquilli io posso fare il capo dello Stato fino a 95 anni”. Sia perché sono convinto che i padri costituenti concepirono il ruolo del presidente della Repubblica sulla misura dei sette anni, infatti non è un caso che nessun presidente della Repubblica abbia fatto un secondo mandato, e sia perché ci sono fattori di età e limitazioni dal punto di vista funzionale crescenti.
(1 marzo 2013)

Dopo sette anni sto finendo il mio mandato in un modo surreale, trovandomi oggetto di assurde reazioni di sospetto e dietrologie incomprensibili, tra il geniale e il demente.
(2 marzo 2013)

A 88 anni gli straordinari non sono ammessi. Sto per concludere il mio mandato questo è probabilmente l’ultimo atto pubblico che compio e sono felice che sia questo a Sant’Anna di Stazzema.
(24 marzo 2013)

La mia rielezione sarebbe una non soluzione perché ora ci vuole il coraggio di fare delle scelte, di guardare avanti, sarebbe sbagliato fare marcia indietro, sarebbe ai limiti del ridicolo.
Tutto quello che avevo da dare ho dato. Niente soluzioni pasticciate e all’italiana.
(14 aprile 2013)

lunedì 15 aprile 2013

Io ho votato per Gustavo Zagrebelsky



Ho partecipato alle Quirinarie del Movimento 5 Stelle sul blog di Grillo e ho votato per Gustavo Zagrebelsky.
L'ho scelto per vari motivi
- dirittura morale
- è al di fuori dei partiti
- studioso e rispettoso (per davvero) della Costituzione
e poi perché lo conosco dal 2005 quando lessi il suo "Imparare la democrazia" che consiglio caldamente e di cui parlerò prima o poi.

sabato 13 aprile 2013

A un demagogo



Come amo Guido Gozzano. Non faccio che leggerlo e rileggerlo. Vado avanti piano piano, perché non voglio mai arrivare alla fine del libro delle sue poesie. E allora leggo, torno indietro, riassaporo.
Ci vorrebbero 60 milioni di copie di Guido Gozzano in tutta Italia, una per ogni abitante. Poi altre 60 milioni di copie nel caso uno smarrisse la propria e poi altre 60 milioni di copie. All’infinito.
Io vi vedo, o anime perse. Invece di portare i libri con voi, magari per leggere in treno - giocate coi cellulari a quel cazzo di razol, poi c’è il lavoro, poi gli amorazzi, poi la televisione, poi il pc, poi mangiare, dormire e alla fine della giornata non avete letto manco il cazzo. E magari avete anche il coraggio di sospirare: ah, se avessi tempo, come mi piacerebbe leggere … uhm.
Stasera propongo la poesia A un demagogo. Il tono è molto ironico. Il poeta accoglie il rimprovero del rivoluzionario che lo accusa di vivere in un mondo astratto, isolato dalla vita reale e dal popolo, con una specie di ghigno. In effetti chi nella propria vita non ha incontrato un impegnato, un cacacazzo che non serviva né un ideale, né una rivoluzione ma solo se stesso e i propri interessi? Costui è una triste figura che si agita tanto per occupare un vuoto. Un vuoto dentro di sé. Il vuoto che egli è.

A un demagogo

Tu dici bene: è tempo che consacri
ai fratelli la mente che si estolle
anche il poeta, citaredo folle
rapito negli antichi simulacri!

Non più le tempie coronate d’acri
serti di rose alla Bellezza molle;
venga all’aperto! Canti tra le folle,
stenda la mano ai suoi fratelli sacri!

E tu non mi perdoni se m’indugio,
poiché di rose non si fanno spade
per la lotta dei tuoi sogni vermigli.

Ma un fiore gitterò dal mio rifugio
sempre a chi soffre e sogna e piange e cade.
Eccoti un fiore, o tu che mi somigli!

giovedì 11 aprile 2013

76 minuti e 14 secondi con Mozart, il resto non conta



Oggi non ho fatto un cazzo. Cioè ho fatto qualcosa, ma niente di eclatante né interessante.
Vediamo…la prima cosa da poter dire è che ho mangiato un’ottima pasta fagioli e cozze. Poi sono sceso per fare un servizio a mia madre.
Ho finito di leggere Todo modo di Sciascia.
Ho riascoltato Animals dei Pink Floyd.
Ho scoperto una bellissima canzone di David Gilmour: Take a breath.
Sono andato a trovare la mia nipotina che mi ha mandato un sacco di bacini e me ne ha dato uno sulla guancia.
Ho cazziato un tizio in rete perché ha scritto che come presidente della repubblica voleva Milena Galbanelli (Gabanelli!!!).
Ho mandato affanculo una riunione politica che avevo alle 18 e 30.
Ho guardato il calendario sexy di Cristina Del Basso.
Poi? Altro da aggiungere? No.
Diciamo che attraverso una fase trentennale che non c’ho voglia di fare un cazzo.
Passerà.
L’ultima cosa che ho fatto in questa epica giornata è stata quella di stendere un tappetino per terra in camera mia e di ascoltare un disco di Mozart.
Vi posto la tracklist.

Sinfonia n. 40 KV 550 I. Molto allegro
Concerto per clarinetto KV 622 II. Adagio
Sinfonia n. 25 in sol minore KV 183 I. Allegro con brio (inizio)
Concerto per pianoforte n. 21 KV 467 II. Andante
Sinfonia n. 35 KV 385 “Haffner” IV. Presto
Concerto per violino n. 3 KV 216 II. Adagio
Divertimento KV 334 III. Menuetto – Trio
Sinfonia n. 41 KV 551 “Jupiter” IV. Molto allegro
Concerto per pianoforte n. 23 KV 488 II. Adagio
Concerto per corno n. 4 KV 495 III. Rondo. Allegro vivace
Concerto per flauto, arpa e orchestra KV 299 II. Andantino
Sinfonia concertante KV 364 III. Presto

mercoledì 10 aprile 2013

Lo psicoreato ovvero gente senza vergogna



Io non frequento la merda, almeno non direttamente.
Però capita di avere su facebook qualche conoscente un po’ strano; diciamo così.
In pratica con questo tizio ho una passione in comune, ci siamo conosciuti su un forum e poi mi ha chiesto se poteva aggiungermi su faccialibro. Fai pure, gli ho detto. Sono cordiale e disponibile, io.
Comunque con questo tizio tutto bene, qualche volta ci cachiamo qualche altra volta no, a volte si scherza insieme, a volte ci scambiamo la musica e insomma tutte le carine scemenze che si possono fare su facebook.
L’altro giorno, però, ho notato sulla sua bacheca un link e un commento ad esso, un po’ “strani”.
Il commento diceva:
Qualunque cosa si possa pensare di stormfront (e solo un idiota potrebbe pensarne bene), questo è un abominio giuridico. Il processo alle intenzioni, signore e signori. Il Grande Fratello vi guarda.
Aveva cominciato bene, poi si è perso nell’ignoranza totale.
Io gli ho scritto: Psicoreato? Bella parola, ma incitamento all'odio e alla violenza razziale è più semplice.
Al che lui ha risposto: Questo non toglie l'abominio giuridico.
Io, che stavo prendendo fuoco dalla rabbia che al mondo ci siano robaccia tipo quelli di stormfront, più quelli che avevano scritto l’articolo sullo psicoreato, più il mio conoscente, sono sbottato: Scusa Giuseppe, non per dire, ma ti rendi conto della merda che questi scaricavano giorno dopo giorno da anni? Merda e violenza razzista per anni? Che dici? È reato o no? Per me sì, ringrazino la madonna che zero carcere e pensassero a curare le loro teste di cazzo malate. Le parole sono importanti e ci sono vari reati connessi alla parola scritta dalla diffamazione in poi. Questo è il reato più grave, secondo me.
Il link di cui discutevamo riguardava la recente condanna di quei geni di stormfront che da anni vomitavano sul web odio razziale e incitamento alla violenza, omofobia, minacce e altre belle cose.
Il titolo dell'articolo era troppo succulento per non incuriosirmi: Follia giudiziaria a Roma: condannati a due anni per “psicoreato”.
Psicoreato? E che minchia è? Leggiamo come continua l’articolo:
Quattro condanne nel processo per “psicoreato” di alcuni frequentatori del forum Stormfront.org, accusati di incitare all’odio razziale. Schedarono anche il ministro Riccardi e Gianfranco Fini. Il reato dei quattro ragazzi? Avere scritto quello che pensavano sul web, e per questo arrestati e condannati da un tribunale di fanatici in base ad una legge illegittima e incostituzionale varata da un ministro in odor di mafia. Il giudice ha disposto per tutti gli arresti domiciliari e, in stile da purga stalinista, la pubblicazione della sentenza sui siti internet dei ministeri della Giustizia e degli Interni. Sempre il “giudice” ha disposto il pagamento di un risarcimento di 5000 euro per lo scrittore Roberto Saviano e il giornalista romano Marco Pasqua. Se puntavano ai soldi, potevamo fare una colletta. Una sentenza comunque delirante: da oggi scrivere e pensare è reato.
Ovviamente il pm Luca Tescaroli viene definito fanatico e chiamato “Torquemada Tescaroli”.
La cosa più buffa è la frase finale: “da oggi scrivere e pensare è reato”. Mamma mia, si piangono pure addosso questi qua, fanno pure le vittime.
Scrivere e pensare non è reato, scrivere merda razzista fortunatamente invece lo è. Secondo loro ci dovrebbe essere la libertà di scrivere roba tipo “sporco ebreo” “negro di merda” e insulti omofobi vari.
Anche Roberto Saviano, che non ha certo bisogno dei soldi di mentecatti razzisti, ha scritto un post su facebook:
Qualche mese fa avevo proposto la candidatura di Yvan Sagnet a sindaco di Castelvolturno, perché lui, che aveva lottato per il riconoscimento dei diritti dei braccianti vittime del caporalato nelle campagne di Nardò, potesse dare una nuova speranza di lotta a un territorio martoriato da criminalità e mala politica.
Per quella proposta fui duramente attaccato dagli utenti del forum razzista Stormfront, per i quali era inammissibile che una persona di colore potesse divenire un simbolo di lotta per la legalità. Mi appellarono come "sporco ebreo", " servo della plutocrazia ebraica". E tutta la solita paccottiglia antisemita e complottista.
Oggi, quattro tra i principali protagonisti di tanti episodi di razzismo e antisemitismo perpetrati attraverso Stormfornt, sono stati condannati dal Gup di Roma, che ha ritenuto provata anche l'accusa di associazione a delinquere finalizzata all’incitamento, alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali.
Mi sono costituito parte civile, perché i valori sanciti nella nostra Costituzione ci riguardano tutti. Perché mai accada che Yvan Sagnet, o altri al suo posto, possano perdere la possibilità di insegnarci la necessità di lottare per i nostri diritti.
Dicono che la madre dei cretini sia sempre incinta e vabbè, posso pure accettarlo.
Ma che la madre dei razzisti di merda con la testa bacata non decida di abortire una volta per tutte, proprio no.

martedì 9 aprile 2013

Appunti su Pirandello (2)

(Siccome sto aiutando un amico con la tesina su Pirandello, ho riassunto degli appunti sullo scrittore siciliano presi dagli scritti del grande Giovanni Macchia. Questa è la seconda parte, in totale saranno sei.)


Considerando i mezzi comunicativi della rappresentazione, e affermando che il fatto estetico non poteva “essere uno, uguale per tutte le arti”, Pirandello si assunse la sua brava difesa della tecnica. La tecnica diventò “l’attività stessa spirituale che mano a mano si libera in movimenti che la traducono in un linguaggio d’apparenze”; addirittura “il libero spontaneo movimento della forma”.
Riflessione, volontà, tecnica, illusorietà della rappresentazione: c’è quanto basta per segnare la sua distanza dal naturalismo. Nei suoi romanzi, nei suoi racconti, in tutta la sua opera s’intravvedeva un’attrazione verso gli stracci d’umanità, e un che d’impietoso che sonava quasi come allontanamento: freddezza e pietà, pianto e riso, immedesimazione e straniamento, identificazione e dissociazione, scomposizione. Da queste varie fasi si giunge ad un’interpretazione non comica ma umoristica della realtà. Con il procedere minuziosamente e anche maliziosamente analitico di ogni “pittura umoristica”, si giunge alla drammatizzazione del comico.
Che Pirandello sia giunto alla formulazione del suo umorismo attraverso il concetto romantico e squisitamente tedesco dell’ironia è possibile. L’ironia viene cercata come una forza che permetta di dominare la materia trattata. Pirandello va oltre, dando all’impianto della narrazione largo spazio creativo alla riflessione, che non si nasconde, non resta invisibile: “non resta cioè quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gli si pone innanzi, da giudice; lo analizza, spassionandosene; ne scompone l’immagine”. È da questa analisi che nasce il “sentimento del contrario”.
Il passaggio dal comico all’umoristico risulta dunque da una gradazione più intensa nella scoperta di quel “contrario”, che va dall’avvertimento al sentimento. Così che ogni vero umorista sarà un critico di se stesso, di ciò che egli sente: freddo insieme e dolente, inzuppato di color patetico, ma pur capace di rifiutare la propria identificazione con quei frammenti di verità umana per dominarli artisticamente nella volontà della parodia, che può raggiungere la deformazione grottesca, la gelida fissità della maschera. E questo tipo di scrittore diventa un critico sui generis, fantastico e capriccioso. E fu lo stesso Pirandello, torturatore di concetti ma sempre legato al disegno di un’immagine umana, a darci sul vivo la distinzione tra i due momenti del comico.
L’immagine è quella di una vecchia signora. Ha i capelli ritinti, unti non si sa di quale “orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili”. Il primo moto che suscita in chi la guarda è il riso. Egli “avverte” che quella vecchia signora è il “contrario” di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Il comico è dunque questo “avvertimento del contrario”: e se egli si arrestasse a quel riso non supererebbe la fase della semplice comicità.
“Ma se ora interviene in me” osserva Pirandello “la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che, parata così, nascondendo così le sue rughe e le canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento o piuttosto più addentro; da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario”.
Questo schema narrativo – che si accentra sul caso umano – ci offre il paradigma di una concentrazione di elementi espressivi, che risultano più vivi, quasi stridenti, del loro stesso accostamento e dall’interpretazione cui l’autore li sottopone. Il primo di questi elementi è un inarrestabile bisogno di vita, che muove quel meccanismo interno per cui una persona è spinta a divenire un personaggio: la vita che è dentro di noi, che può essere amore non corrisposto, ansia, liberazione, pazzia, istinto, e un oscuro desiderio di felicità, sensuale, meridionale, nella capacità di osare, di far clamore, di far chiasso. Se non si tiene conto di questo vitalismo, che raggiunge forme demoniache, non si può capire Pirandello: mancherebbe la base per capire il suo irrazionalismo e la sua stessa ansia di distruzione. E tale brama di vita s’annida anche in una ridicola vecchietta imbellettata e parata d’abiti giovanili.
Il secondo elemento è legato al primo: la coscienza di vivere. Essa è tanto più forte nei personaggi pirandelliani, quanto più è annidata come una malattia in un albero antico e dalle forte radici. È questa coscienza che genera tragedie silenziose. La “riflessione” fonte del dolore: e la vita quasi s’arresta o s’aggroviglia in quel sentirsi vivere, passaggio su cui Pirandello ha insistito fino allo spasimo, con una chiarezza talmente disarmata che getta riflessi non di rado banali sul lettore o sullo spettatore. Conoscersi è morire.
L’uomo pirandelliano, la stessa povera vecchietta del suo saggio, che soffre della propria miseria, della propria bruttezza e vecchiaia, per rientrare nel dominio dell’umorismo, in una metamorfosi schiettamente teatrale, deve rappresentare il suo contrario: la venustà, la grazia. Nelle scene più semplici ed elementari si ride quando quel sentimento irresistibile di vita (farsi amare, godere) camuffato dal desiderio della persona di essere diversa, diventa teatro: quando s’inizia la rappresentazione del teatro della vita.
Anche se chiusa nelle forme narrative, la dinamica dunque di quel processo è sempre teatrale. La destinazione verso cui i miseri protagonisti vengono avviati è il palcoscenico: palcoscenico del mondo in romanzi e novelle, nell’attesa che esso diventi, nelle commedie, palcoscenico invaso dalle fredde luci dei riflettori. E, partendo da quel nucleo vitale, si comincia a procedere alla scomposizione della figura nei vari piani espressivi, secondo i riflessi che essa scambia con l’altra figura, inventata, con cui ha stabilito una relazione, un rapporto di vita, come in un continuo gioco di specchi, entro cui un’immagine insegue l’altra, con slanci isterici ed esaltati. Confusione, disordine, caos, coscienza del vuoto. Allontanamento di ogni certezza. La personalità alterata si compone in forme maniache, popolata di fantasmi deliranti. La malattia diventa la più sicura alleata della fantasia. Distruzione della ragione. L’antico spirito dionisiaco, latente in chi è rimasto ancora legato alla propria terra, è messo in scacco dal “loico dispotico”. Amore e disprezzo dell’umanità.
Rifiuto della realtà, del tempo d’oggi, dell’ordine burocratico, del sistema su cui la società ha costruito i suoi castelli di carta, nei cui meandri il povero essere pirandelliano si aggira come entro una teoria di maschere ghignanti: eversione. Disperato e impossibile bisogno di star solo, fuor della Sicilia, del mondo, lontano dalla famiglia.

lunedì 8 aprile 2013

ciao Margaret, sai che sballo se all'inferno ti mettono a scavare in una miniera di carbone rovente?



È morta Margaret Thatcher.
E chi se ne fotte? direte voi.
E avete ragione, non me ne fotte niente manco a me, ma siccome ho trovato un pezzo in rete che mi è piaciuto molto voglio omaggiare più l’autore di queste dichiarazioni su di lei che parlare/omaggiare/commemorare ‘sta nazista…ops, scusate, volevo dire ‘sta campionessa del neoliberismo che, insieme a bei tipi come Reagan, ha dato l’avvio a una storia di merda: la nostra, questa contemporanea.
Della sua morte ho appreso la notizia su facebook dove un amico ha scritto.
È morta Margaret Thatcher che nel bene e nel male ha segnato un’epoca.
Sì, ho scritto io, un’epoca in cui si è cominciato a metterlo nel culo al mondo del lavoro.
Comunque bando alle ciance, vi posto le dichiarazioni non ipocrite (come accade sempre quando qualcuno crepa) di David Hopper:
“Oggi è un grande giorno per i minatori britannici”. Con questa dichiarazione il segretario generale della Durham Miners Association, David Hopper, ha commentato la morte dell’ex premier. Oggi l’uomo ha compiuto 70 anni ma continua ad avere vivo il ricordo del lungo scontro con l’iron lady. Il braccio di ferro tra Margaret Thatcher e i minatori e i sindacati, che si opponevano alla chiusura delle miniere di carbone, fu lungo e logorante e terminò con la vittoria della posizione dell’ex premier. Lo sciopero, che viene ricordato come il più grande della Gran Bretagna, durò un anno, dal 1984 al 1985. “Oggi è il mio compleanno e brinderò anche per questa notizia perché è uno dei migliori della mia vita”, ha annunciato Hopper, facendo anche sapere che i minatori stanno “cercando di organizzare una festa in coincidenza del giorno del suo funerale”. “Oggi - accusa il sindacalista - l’Inghilterra è costretta a importare 40 milioni di carbone l’anno. È scandaloso”.

domenica 7 aprile 2013

Travaglio e Emma Bonino ovvero oddioooo boninooooo (alla toscana)



Ieri pomeriggio, mi sono seduto comodo sul divano e ho letto la mia copia del Fatto quotidiano.
Il primo articolo che ho letto è stato, come al solito, quello di Marco Travaglio ieri dedicato alla Bonino e intitolato “Si fa presto a dire Bonino”. Cercatelo, se volete, è in rete.
Che dice codesto articolo? Per prima cosa rende onore a Emma Bonino per la sua azione politica, le sue battaglie, la sua specchiata onestà, ecc.
Successivamente, seguendo la frase di Luigi Einaudi “Conoscere per deliberare”, Travaglio fa luce su un aspetto importante della biografia politica di Emma Bonino: il suo stare con Berlusconi a partire dall’anno santo 1994. Giustamente, scrive Travaglio, visto che la Bonino è una delle papabili scelte per la presidenza della Repubblica bisogna sviscerarne completamente la figura sia per completezza di informazione, sia per rinfrescare la memoria storica agli italiani da sempre con la memoria corta e quasi completamente ignoranti della loro storia, sia per evitare di trovarci al Quirinale un altro bel presidente come Giorgio Napolitano (a proposito, presidente, complimenti per la grazia a Romano).
La militanza di Bonino fianco a fianco con Berlusconi è stata lunga e durante questa militanza non sono mancati elogi a Silvio mentre costui approvava porcate e altre cosucce politiche. (ripeto, leggetevi l’articolo con calma).
Orbene, stamattina sono andato sul sito di Emma Bonino e ho cliccato su “biografia”. È uscito un articolo bello lungo lungo e volete sapere una cosa? Il nome di Berlusconi non compare MAI. Allora mi sono chiesto: Perché in una biografia politica non compare mai il nome di Berlusconi nonostante dieci anni circa di vicinanza? Pentimento vergogna irriconoscenza? Questa è la mia domanda.
Ho postato questa domanda su facebook è un’amica mi ha risposto “forse non l’ha citato perché Berlusconi non è degno di essere nominato”. Capisco, però se passi più di dieci anni con uno che non merita di essere nominato, l’errore resta.
Sono andato sulla pagina facebook di Travaglio e ovviamente c’era chi approvava l’articolo e chi buttava merda su Travaglio. Un classico. L’unica cosa buona è che vi ho trovato qualche link di siti Radicali che ovviamente sono andato a visitare.
Il primo è stato radicalweb.org, che elegantemente titolava il post così: “Si fa presto a dire cazzate”.
Ho letto il post che essenzialmente contesta a Travaglio di confondere il 2006 col 1999, cioè in pratica la berlusconite di Bonino sarebbe durata 5 anni e non 12 anni. Sarà, ma allora oltre Travaglio deve essere corretta pure wikipedia dove c’è scritto: ”Dopo un decennio trascorso con posizioni inizialmente vicine alla Casa delle Libertà, pur con molti distinguo, e poi di opposizione a entrambi i poli, alle Elezioni politiche del 2006 si presenta con la lista della Rosa nel pugno, un nuovo partito nato dall'unione di Radicali Italiani e Socialisti Democratici Italiani di Enrico Boselli.”
Quindi wikipedia dà ragione a Travaglio: la Bonino con Silvio dal ’94 fino a quando alle elezioni del 2006 la Bonino passa con Prodi (cioè con quelli che fino al giorno prima chiamava “komunisti" e “cattocomunisti”).
Comunque la mia domanda resta intatta 1999 (falso) o 2006 (vera) che sia.
Un utente di quel blog mi ha detto che Silvio nel ’94 non era quello che è oggi, che nessuno ha la sfera di cristallo, ecc. E non è vero. Silvio nel ’94 era quello che è oggi: un piduista, con un conflitto d’interessi enorme, con un’accozzaglia di impresentabili. Io certo posso scusare il comune mortale che lo votò, ma non scuso certo intellettuali, personalità e politici navigati. Questi non li scuso; si devono assumere le loro responsabilità. Aggiungo poi, che data per buona l’ipotesi che uno non poteva sapere le cose nel ’94, e cazzarola ci metti anni per accorgertene? Devo pensare che la Bonino sia lenta di mente? Gli altri commenti non li cito perché sparano merda su Travaglio senza affrontare le questioni dell’articolo di Marco e non m’interessano.
Sono andato poi su agenzia radicale.com dove ho trovato un altro post intitolato “Bonino al Quirinale, si fa presto a dire Travaglio”; un post molto breve che non affronta in toto l’articolo di Travaglio, ma pensa solo a difendere Emma Bonino dall’attacco di Travaglio.
C’è solo una citazione incompleta dell’articolo di Travaglio sulle idee in comune tra la Bonino e Berlusconi. Oddio, incompleto è un eufemismo visto che viene riportato solo la parte dell’articolo che fa più comodo ai radicali e non il pezzo intero. Io ho commentato: “Ebbene? queste 4 righe dove smentirebbero Travaglio? dov'è l'analisi punto per punto dell'articolo di Travaglio? Io per ora so solo una cosa: Sono andato sul sito di Emma Bonino per leggerne la biografia politica. Berlusconi non è MAI citato. Perché? vergogna pentimento irriconoscenza?” ho ricevuto 3 apprezzamenti su 5.
Il terzo sito che ho visitato è stato CNLRadicaleDemocratico dove c’è un post intitolato : “Travaglio, l'acqua di fogna e l'odore di bucato pulito”. Anche questo post è breve, anche questo post difende la Bonino, anche se in realtà difende più i Radicali perché Travaglio si è permesso di parlare (brevemente) di soldi pubblici destinati a loro. L’unica cosa interessante è l’accostamento Bonino/Forza Italia. Io m’informerò meglio ma a me risulta che nella XII legislatura la Bonino stava con Silvio e con Forza Italia per il grande sogno libertario e liberista (ahahhahahaha!).
Poi sinceramente a me per ora della storia dei Radicali tanto difesa dall’autore frega poco perché non è l’argomento dell’articolo. Di buono c’è che almeno l’autore confessa che solo nel 2006 la Bonino passò con Prodi ricevendone apprezzamenti. Anche a questo post ho messo un commento: “Nel mio piccolo, quando voglio contestare un articolo o un'intervista la posto pezzo per pezzo e la critico pezzo per pezzo. Questa qui è solo una difesa un po' infantile di Emma Bonino, non un'analisi dell'articolo di Travaglio "Si fa presto a dire Bonino". Travaglio le ha reso gli onori e le ha contestato la lunga militanza berlusconiana con tanto di elogi, voti e "belle cose" fatte in commissione vigilanza. Insomma ha parlato di politica. Poi nella XII legislatura Emma dov'era? Io per ora so solo una cosa: sono andato sul sito di Emma Bonino e nella sua biografia politica Berlusconi non è MAI nominato. Perché? Vergogna pentimento irriconoscenza?”
Concludo con twitter dove ho scritto la solita cosa: “Sono andato sul sito di Emma per leggere la biografia politica. Berlusconi non è mai citato: vergogna pentimento irriconoscenza?"
Un tipo mi ha risposto con una domanda alla mia domanda (che non si fa): “Perché dovrebbe?”
Cazzo. Si ricomincia. Io ho risposto: “Scusami...io scrivo una biografia politica e taccio il nome di un tizio che ho appoggiato tipo 10 anni. Ti pare normale?”
Lui: “E quello che in malafede induce a pensare travaglio infatti ma non corrisponde al vero. Diversificare le fonti fa bene”.
Wow, ho trovato un genio. Cioè per sapere che la Bonino è stata anni con Berlusconi devo diversificare le fonti; la storia recente non basta. Ho risposto: “Ti ho dimostrato che le sto diversificando. Travaglio, sito di Emma e continuerò. La domanda rimane senza risposta, però”.
Lui: “Nel ‘94 lista "riformatori liberali" ha appoggiato circa 6 mesi Berlusconi. Quando Berlusconi era altro. Da allora avversari feroci”. Ancora la storia che Silvio nel ’94 era altro e la coglionata dei pochi mesi. Poi dopo sono stati avversari FEROCI.
Sulla storia del ’94 quando Silvio era Maria vergine voglio citare il commento di un ex radicale:
“Da ex radicale fino al ‘93 (ho smesso il giorno che Pannella si mise a fare gli "autoconvocati" per difendere i Ladri di partito, ma questa è un'altra storia) mi sono sempre chiesto se è la troppa ingenuità certe volte che vi guida. Dico così perché siete onesti, lo so, ma io (ingenuamente...) avevo pensato che di fronte al più mostruoso conflitto di interessi MEDIATICO/POLIT ICO/GIUDIZIARIO /CALCISTICO/EDI TORIALE/BANCARI O/ASSICURATIVO/ FINANZIARIO/EDI LE ECC... dei Liberal come i Pannelliani si sarebbero come minimo dati fuoco, invece abboccarono al partito liberale di massa... difendendo per anni lo "sciancato di Arcore" come lo definì Capezzone fino a 5 minuti prima di passare da Arcore, dal quale ne uscì trasformato..." Perfetto.
Non ho più replicato al tizio su twitter che insisteva sui meriti dei radicali e di Emma Bonino (mai messi in discussione né da me né da Travaglio) perché la discussione era davvero di basso profilo e il tipo manco aveva letto l’articolo secondo me.
Siccome lui insisteva sul fatto dell’opposizione FEROCE di Emma Bonino a Berlusconi, gli avrei voluto domandare: “Ma come mai non è presente nella biografia del sito questa benemerenza, cioè questa FEROCE opposizione a Berlusconi?” Mah, e chi lo sa.
Concludo dicendo che in realtà ho incontrato solo post che difendevano in maniera infantile il santino di turno, che non argomentavano per niente l’articolo di Travaglio e ho capito soprattutto una cosa: Travaglio non si doveva permettere di ricordare il passato berlusconismo di Emma Bonino.
Io, invece, lo ritengo importante. Un presidente fa tante cose, firma leggi, fa moniti, sta in silenzio, sgrida la magistratura, difende i politici…insomma è meglio averlo amico.
Magari non eleggere un amico di Silvio, è un buon inizio.

sabato 6 aprile 2013

Dario Franceschini ovvero ma non farmi ridere Franceschini



Stasera mi occupo di una bellissima intervista che il grande Dario Franceschini ha concesso al Corriere della sera e che io ho reperito sul sito di Rai News 24. Prima di cominciare, però, una piccola nota.
Il grande Dario è alla quarta legislatura. Secondo molte persone, dopo massimo tre legislature (addirittura c’è chi dice due), un politico dovrebbe togliersi dai coglioni, andare a lavorare e smettere di danneggiare il Paese. Sarebbe l’unico modo per favorire il ricambio e impedire la nascita del “politico professionista” che non scende in politica per servire il Paese, ma solo per diventare centro di consenso e di potere, farsi i cazzi suoi guadagnandoci pure un mucchio di soldi.
Fortunatamente questo populismo, queste proposte demagogiche non hanno avuto seguito e quindi il grande Dario può farsi la quarta legislatura e dare il suo preziosissimo apporto alla nostra Italia.
Cominciamo.

"Chiusa la possibilità di un rapporto con Grillo, non resta che una strada: uscire dall'incomunicabilità. E abbandonare questo complesso di superiorità, molto diffuso nel nostro schieramento, per cui pretendiamo di sceglierci l'avversario. Ci piaccia o no, gli italiani hanno stabilito che il capo della destra, una destra che ha preso praticamente i nostri stessi voti, è ancora Silvio Berlusconi. E' con lui che bisogna dialogare". Lo afferma al Corriere della Sera, Dario Franceschini del Pd.

Orbene. Le parole di Franceschini sono, come sempre, illuminanti.
C’è da dire che Grillo sono anni e mesi che dice che nel PD ci sono un sacco di vecchi politicanti falliti, Bersani in testa. Ora, che Bersani riceva l’incarico da Napolitano e un NO dal Movimento 5 Stelle mi pare perfettamente logico e coerente.
A mio modesto avviso, le possibilità di un accordo PD-M5S erano due:
1. Il PD si rinnovava totalmente senza nessun vecchio politicante che in questi ultimi vent’anni non ci ha mostrato altro che incompetenza, fallimenti, inciuci e vergogna totale (mi riferisco con quest’ultima espressione ai 15 mesi di Monti).
2. Dopo aver provato con Bersani, si dava l’incarico al Movimento 5 Stelle che avrebbe proposto un governo di grandi personalità al di fuori della politica (non ‘sti cazzo di tecnici) e dare la possibilità al PD di dire sì o no.
Entrambe le opzioni non si sono verificate. Con grande sollievo del PD, oserei dire.
Scusate, io voglio farvi una domanda.
Ma veramente credete che il PD voleva dialogare col M5S? siete ingenui.
Il PD sono 17 anni che governa e inciucia col PDL, sono abituati e si trovano benissimo. Insieme possono votare porcate, fare la TAV, gli F35, la finta legge sulla corruzione. Cosa può mai strafottere al PD di andare col Movimento 5 Stelle che gli cacherebbe il cazzo su ogni questione?
Svegliatevi, su.
Ecco perché il grande Franceschini ha colto l’occasione per legittimare ancora una volta Berlusconi con la mitica frase “E’ con lui che bisogna dialogare”. E dialogate, fateci godere ancora.

"So che è altamente impopolare - spiega Franceschini, - so che si rischia di scatenare le reazioni negative del proprio stesso campo, ma voglio dirlo: se noi intendiamo mettere davanti l' interesse del Paese, dobbiamo toglierci di dosso questo insopportabile complesso", "la sconfitta di Berlusconi deve avvenire per vie politiche. Non per vie giudiziarie o legislative".

Aaaaaaaah, altre perle, siori. Altamente impopolare? E lo scopri adesso Franceschini? Ma non farmi ridere. È dai tempi della bicamerale, di Dini, ecc. ecc. che governate insieme. Fammi la cortesia.
Ovviamente non manca mai la frase “per l’interesse del Paese”. Certo, come no, infatti vi siete alleati, avete fatto cacare e quindi lo rifate per il bene del Paese. Ma non prenderci per il culo, Fraceschini. L’inciucio è per interesse vostro. Tutti uniti, niente elezioni, e soldi dello stipendio a strafottere. Tanto i poveri stronzi che vi voteranno ne troverete sempre a milioni.
“La sconfitta di Berlusconi deve avvenire per vie politiche”. Certo, come no; è per questo che gli avete dato 15 mesi per risorgere; è per questo che gli avete lasciato il porcellum fatto su misura per Berlusconi – per batterlo politicamente. Ma non farmi ridere Franceschini.
“Non per vie giudiziarie o legislative”. Ma le vie giudiziarie non sono cazzi tuoi, Franceschini, ma della magistratura e “legislative” abbiamo capito: neanche questa volta volete fare la legge sul conflitto d’interesse. D’altronde Silvio è un amico, a un amico queste cose non si fanno.

Sulla possibilità di votare con il M5S l'ineleggibilità di Berlusconi, Franceschini osserva che si tratta di "un dibattito molto approssimativo", ribadisce poi che "non si può scambiare la nascita di un governo con la scelta di chi sta al Quirinale per sette anni così come il "no" a un governo di larghe intese, d'accordo con Bersani".

Eccoci qua. Votare l’ineleggibilità di Berlusconi? Ma siete coglioni, sembra voler dire Franceschini.
E in effetti ha ragione. Non l’hanno fatto per 19 anni e dovrebbero farlo adesso?
Ma allora siete idioti, sembra voler dire Franceschini. Non avete capito che Silvio è un amico, che vogliamo che governi lui o al massimo insieme e che non ce ne fotte niente di scemenze tipo la legge sul conflitto d’interessi o di votare per l’ineleggibilità?
Qui ha ragione da vendere. Cioè bisogna proprio essere rincoglioniti forte per credere che il PD faccia qualche cosa di politico contro Silvio per la semplice ragione che non l’hanno MAI fatto.

“Ciò che serve, spiega Franceschini, “è un esecutivo di transizione, che prenda le misure necessarie per dare ossigeno all'economia mentre in Parlamento si fanno le riforme istituzionali: Senato federale, con conseguente riduzione dei parlamentari, e legge elettorale". Al Quirinale serve "una persona con un'esperienza politica e parlamentare" ma da Franceschini "niente nomi".

Che goduria. In pratica veniamo da 15 mesi di governo di transizione col magico duo PD-PDL che ha fatto cacare, non ha fatto la legge elettorale, ha peggiorato l’economia, non ha approvato alcuna riforma e ora che succede? Succede che avremo un governo di transizione PD-PDL che farà la legge elettorale, rilancerà l’economia, varerà le riforme, e darà al popolo la ciambella col buco e l’elisir dell’eterna giovinezza. Dobbiamo crederci? Certo, garantisce niente di meno che Franceschini.
Ah, sul Quirinale poi dopo il grande Napolitano mi aspetto un altro grandissimo nome dal magico duo PD-PDL. Ammazza, sarà un mega nome da far impallidire Obama.

Sul dibattito interno al partito e le ipotesi di scissione dopo le dichiarazioni di Matteo Renzi, Franceschini afferma: "Ognuno si morda la lingua e si metta in testa che il Partito democratico deve restare unito e stringersi attorno a chiunque vinca le primarie, quando ci saranno".

Bene, prepariamoci ad altri mesi di rotture di coglioni con le stronzate elettorali di qualche vecchio trombone che deve vincere le primarie. O, se siamo fortunati, prepariamoci alla vittoria del visitatore di Arcore e ballerino dalla De Filippi Matteo Renzi. Non vedo l’ora.

p.s. Franceschini stava nella Democrazia Cristiana, poi nei Cristiano Sociali, poi nel Partito Popolare Italiano, poi nella Margherita...che stracazzo ci fa nel PD? Ecco, questa è una domanda che mi piacerebbe fare a Franceschini.

venerdì 5 aprile 2013

Un simpatico aneddoto economico



Sto leggendo l'interessantissimo libro di Alberto Bagnai, Il tramonto dell'euro. Come e perché la fine della moneta unica salverebbe democrazia e benessere in Europa, e nell'attesa di parlarne diffusamente in questo blog ho deciso di postare questo simpatico aneddoto.
Ho messo in grassetto la parte più interessante.
Fra gli economisti romani circola un divertente aneddoto, che credo veritiero, per la serietà di chi me l’ha riportato, e per il suo contenuto. Pare che nell’estate del 2011 una delegazione di economisti “critici”, “eterodossi”, insomma, “de sinistra” (per dirla alla romana) abbia cercato un abboccamento con un esponente molto in vista della sinistra di centro (di quelli che in Abruzzo chiamano i “ravanelli”, rossi fuori e bianchi dentro). Lo scopo era nobile e assolutamente tempestivo: spiegare al politico la relazione fra ingresso nell’euro e crisi, argomento che, pur essendo ancora tabù nel dibattito politico (le esternazioni di Berlusconi sarebbero seguite poco dopo), ormai non poteva più essere ignorato, visto che certe verità cominciavano comunque a trapelare, soprattutto a opera di autorevoli commentatori esteri (Krugman, Roubini, Wolf).
I colleghi vanno, parlano, spiegano come sanno e come possono, e si arriva al dunque, che poi è: “Caro esponente politico in vista, che dici, te la senti di dire certe verità ai tuoi elettori, di traghettare l’Italia fuori da questa trappola?” La risposta spiazzò i miei colleghi: “Cari professori, quello che dite mi sembra sensato, l’euro ci ha portato alla crisi, e non è certo di sinistra un sistema monetario nel quale ogni shock avverso si scarica sui lavoratori, imponendo tagli dei salari. Ma purtroppo io queste cose ai miei elettori non posso dirle, perché io sono un politico, io devo vendere un sogno”.

mercoledì 3 aprile 2013

Appunti su Pirandello (1)

(Siccome sto aiutando un amico con la tesina su Pirandello, ho riassunto degli appunti sullo scrittore siciliano presi dagli scritti del grande Giovanni Macchia. Questa è la prima parte, in totale saranno sei.)


È impossibile trattare Pirandello narratore come isolato in un’attività ardente e senza margini.
Quel che colpisce nella sua opera è una sorta d’intercomunicabilità a lungo raggio tra un genere e l’altro. Poesie, traduzioni, novelle, romanzi, commedie e drammi, in lingua e in dialetto, libretti d’opera, riduzioni, sceneggiature cinematografiche, saggi: segnare divisioni nette tra un’opera e l’altra, e anche tra opere di fantasia e opere critiche, risulta impresa facile e grossolana.
È come un vasto terreno su cui scorrono continui canali d’irrigazione: le terre della fantasia vengono alimentate da battute filosofiche, pensieri polemici, temi insistenti e “concetti” che rimbalzano come palle elastiche da un’opera all’altra, a volte con le stesse parole e non sempre personali. Ciò è dovuto al carattere composito di tutta la produzione di Pirandello, fatta di pièces l’una legata all’altra in vista di un ipotetico insieme, e da una continua volontà di sperimentare forme diverse, quasi a ritrovare quella più aderente ad un’”idea della vita”, come un sarto di classe col suo modello. Egli compone e scompone: mette un tassello in un punto, e lo utilizza tale e quale in un altro. Costruisce, sembra soddisfatto, ma poi con gli stessi materiali, sbozzati diversamente e diversamente collocati, ricomincia un’altra costruzione. È come un grande cantiere dove non si ha mai riposo.
Si potrebbe dire che Pirandello è un grosso artigiano che tende al risparmio, al bricolage, a tirare sulle spese, e poco bada a rifinire i suoi prodotti. I lavori così procedono sempre in cerca di un capolavoro, che nella sua mobilità e nel concetto della fluidità senza scampo della creazione artistica, smentisca se stesso.
I personaggi, a volte gli stessi, altre volte lievemente alterati, con qualche piccolo rilievo fisionomico, vanno e vengono: escono da una novella ed entrano in un romanzo, escono da un romanzo e vanno a finire in un saggio, e, ancora scontenti, dalle silenziose pagine di un romanzo affrontano, nelle alterne vicende della loro vita di condannati, le scricchiolanti tavole di un palcoscenico. Questo procedere in un moto quasi circolare, aggirantesi su se stesso, impedisce alla produzione pirandelliana un vero e proprio regime di crisi. Il suo rifiuto della “letteratura” lo portava fuori dall’ambizione dell’opera unica.
L’imperfezione stessa di questi prodotti dà alla sua opera in progress una paradossale garanzia di continuità e di apertura.
Ogni opera si mostrava come campo fecondo per la continuità stessa della produzione, continuità e rapporto su cui l’autore stesso insisteva non senza civetteria, giovandosi egli indiscutibili vantaggi della ripetizione. Anche da questo punto di vista egli costruiva l’”isola Pirandello” con una sua monotonia nella diversità, insistendo sui luoghi fissi, su certe stramberie di un paesaggio che non ammette nella sua insularità scampo e liberazione, su temi, modi, che si trasmettono come per creare un clima ed un’ossessione.
Gli stessi titoli (e finanche le trame) vengono annunciati e ripresi da molto lontano, come il titolo di Ciascuno a suo modo che s’incontra in forma emblematica nel romanzo Suo marito, quale leggenda sull’orologio del campanile della chiesa dalla cuspide ottagonale e le finestre bifore. Gli attori dei Sei personaggi provano la commedia Il giuoco delle parti “segnata all’ordine del giorno” e gli esempi di questo tipo potrebbero essere tantissimi.
In Pirandello c’era, nella concezione dell’opera d’arte, un movimento di affettuosa partecipazione, quasi di sfogo personale, e un’applicazione industriosa di buona cucina. L’opera poteva cioè essere staccata, divisa negli elementi che la formavano: non richiedeva, per così dire, la sua forma insostituibile, incancellabile. Il problema della disposizione di un materiale umano e di un’idea poteva avere varie applicazioni. Quel senso artigianale, che diventerà, in teatro, alta tecnica, lo conduceva a trattare l’”oggetto” con passione e con distacco. Pirandello dà importanza alla trama, ma sa anche benissimo che lo stesso “argomento”, trattato in maniera diversa, può dar vita a una novella modesta e ad una vera commedia quasi perfetta.
È tutto un lavoro fatto con pazienza, con lentezza. Tanti riavvicinamenti per restituire ai personaggi il senso della vita, per avvertire il divenire dell’oggetto nella continuità dello spazio. Niente in questi oggetti fa pensare al “senso del compiuto”. Tutti lasciano un’apertura: una possibilità di sviluppo. Il discorso continua.