domenica 30 ottobre 2011

Il video hard di Belen

Belen è un fenomeno dei nostri tempi.
Una giovane ragazza straniera piazzata in tv più nuda che sia possibile con le telecamere che spesso indugiano sul suo culo più che sulla sua faccia.
Fa gli spot (in bikini), fa le trasmissioni (senza mutande) e rilascia interessanti interviste dove per lo più parla di argomenti quali: con chi fa sesso, come fa sesso e quanto fa sesso.
Insomma parla di sesso.
Da un po’ di tempo s’era diffusa la voce che avesse girato un video hard amatoriale, ma la notizia non trovava conferme. Tonnellate di fake giravano su Facebook, sulle mail e su YouTube.
Poi, finalmente, c’è stata la clamorosa svolta.
Una settimana fa un amico mi telefona e m’invita a prendere un caffè a casa sua promettendomi, con un tono di voce a dir poco equivoco, una bella sorpresa.
Arrivo a casa del mio amico verso le 18 e lui mi accoglie con un sorriso a trentadue denti.
Prendiamo il caffè, fumiamo una sigaretta e poi lui va a prendere il portatile.
In parole povere la sorpresa era che aveva scaricato il video hard di Belen.
Il mio amico sta tutto eccitato per questa cosa, mentre a me frega veramente poco. Decido di guardarlo solo per non far dispiacere l’amico e per poter farmi un’idea della decadenza di questo terzo millennio. Insomma lo guardo per arricchire la celeberrima "cultura generale".
Belen nel video è molto giovane, lui ha un pisellino, la ripresa non è granché e lei un po’ impacciata. Il mio amico nota pure che a quei tempi Belen non aveva ancora scoperto lo sbiancamento anale. Non approfondisco, ma è la prima volta che sento quell’espressione.
Che dire? Il video non merita tutto il clamore che se ne è fatto.
Paris Hilton e soprattutto Pamela Anderson hanno fatto molto, molto meglio.
Alla prossima zoccola.

giovedì 27 ottobre 2011

san Paolo, un viaggio nelle perle delle Lettere


Saulo nasce verso il principio del secolo a Tarso, capitale della Cilicia in Asia Minore, piccola città aperta alle influenze culturali e agli scambi commerciali tra l’Oriente e l’Occidente. La sua è una famiglia di giudei della diaspora, appartenenti alla tribù di Beniamino, attaccati alla stretta osservanza della religione dei loro padri. Non rifiutano tuttavia ogni contatto con la vita e la cultura dell’impero; infatti hanno acquistato la cittadinanza romana e costituiscono a questo titolo la famiglia dei Pauli.
Verso il 36-37, un fatto misterioso (?) cambia da un giorno all’altro il corso della sua esistenza.
Il persecutore dei cristiani diventa il più ardente missionario del Vangelo. [Quindi, a ben guardare, non cambierà molto – resterà pur sempre un rompicoglioni]
Il Nuovo Testamento raccoglie quattordici Lettere di Paolo; per ora ho letto le prime tre: le due ai Tessalonicesi e la Prima Lettera ai Corinzi.
Non mi sono avvicinato a Paolo né da credente, né da teologo, ma da Ingestibile, cioè con la leggerezza di chi vuol farsi due risate leggendo i passi più “strani”. Vi dono il mio personale Paolo best of.

Cominciamo salutando con affetto gli ebrei.
Voi, infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Gesù Cristo, che sono nella Giudea, perché avete sofferto anche voi da parte dei vostri connazionali come loro da parte dei giudei, i quali hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i profeti e hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendo a noi di predicare ai pagani perché possano essere salvati. In tal modo essi colmano la misura dei loro peccati! Ma ormai l’ira è arrivata al colmo sul loro capo. (1 Tess. 2, 14-16)
Qui, per esempio, sto dalla parte dei pagani e mi chiedo: perché Paolo se non vuole scopare e godere del corpo non si fa i cazzi suoi? Perché invece di un pensiero liberatore, allegro e sano nei confronti del corpo, s’è affermato il castrante, brutto e triste pensiero di Paolo? Perché il sesso è visto come impurità?
Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno offenda e inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato. Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo Santo Spirito. (1 Tess. 4, 3-8)
In questo passo Paolo ci dà un’anteprima di quelli che saranno gli eroi della Marvel e del futuro che ci attende dopo la morte. Il bello è che dice pure “confortatevi”. Ma chi ha bisogno di questo conforto? Quale mente può accontentarsi di questo conforto?
Non vogliamo poi lasciarvi nell’ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui. Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti. Poiché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nubi, per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo sempre con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole. (1 Tess. 4, 13-18)
Anche nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi c’è un versetto che parla ancora del Dio vendicatore. Questa teoria mi è stata esposta giorni fa pure da un testimone di Geova.
È proprio della giustizia di Dio rendere afflizione a quelli che vi affliggono e a voi, che ora siete afflitti, sollievo insieme a noi, quando si manifesterà il Signore Gesù dal cielo con gli angeli della sua potenza in fuoco ardente, a far vendetta di quanti non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù. Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza, quando egli verrà per essere glorificato nei suoi santi es essere riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto, perché è stata creduta la nostra testimonianza in mezzo a voi. Questo accadrà, quel giorno. (2 Tess. 1, 6-10)
Qui ho trovato il passo che parla dell’anticristo (l’uomo iniquo, il figlio della perdizione) e della storia dell’antipapa, cioè di Satana che salirà al soglio pontificio.
Prima infatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. (2 Tess. 2, 3-4)
La Prima Lettera ai Corinzi è molto lunga e piena di argomenti interessanti.
Il passo che segue mi ha ricordato l’esame di Filosofia Morale che sostenni all’Università. L’esame si basava (tra le altre cose) sulla frase di Paolo: la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Il mio professore era di religione ebraica e un osso duro. Dovetti faticare non poco per prendermi l’esame, ma alla fine le mie argomentazioni lo convinsero tanto è vero che presi 28.
Nessuno si illuda! Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente; perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. (1 Cor. 3, 18-19)
Guardate Paolo come fa lo sguarrone, con la storia del bastone pare Chuck Norris!
Come se io non dovessi più venire da voi, alcuni hanno preso a gonfiarsi d’orgoglio. Ma verrò presto, se piacerà al Signore, e mi renderò conto allora non già delle parole di quelli, gonfi d’orgoglio, ma di ciò che veramente sanno fare, perché il regno di Dio non consiste in parole, ma in potenza. Che volete? Debbo venire a voi con il bastone, o con amore e con spirito di dolcezza? (1 Cor. 4, 18-21)
Qui ho capito perché la Chiesa è contro i gay pride, anche se io non condivido ‘sta condanna contro gli effeminati, né soprattutto contro i sodomiti. I sodomiti non sono solo quelli che praticano il sesso anale. Sodomia è un concetto molto ampio, che include anche chi fa sesso solo per il piacere di farlo senza pensare per forza alla procreazione. Dimenticavo, io salverei pure i miei cari amici ubriaconi.
Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio. (1 Cor. 6, 9-10)
Paolo è contrario pure alla nobile arte della prostituzione…
Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! O non sapete voi che chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo? I due saranno, è detto, un corpo solo. Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impudicizia, pecca contro il proprio corpo. (1 Cor. 6, 15-18)
Insomma le donne sarebbe meglio evitarle, ma se proprio non ce la fate a non scopare almeno sposatevi!
Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l’uomo non toccare donna, tuttavia, per il pericolo dell’incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito. (1 Cor. 7, 1-2)
Paolo è uno zitellone e vorrebbe che tutti fossero come lui. Non è una pretesa idiota?
Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro. Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere. (1 Cor. 7, 7-9)
Guardate Paolo come è gentile, ci mette in guardia dal matrimonio… (e non ha neanche tutti i torti)
Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei libero da donna? Non andare a cercarla. Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele. (1 Cor. 7, 27-28)
Ecco il motivo per cui Paolo è contrario ai matrimoni e alle coppie.
Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. (1 Cor. 7, 32-34)
Concludendo?
In conclusione, colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio. (1 Cor. 7, 38)
Paolo ha le idee molto chiare per quanto riguardo la gerarchia. Peccato non sappia, lui, l’illuminato dal Signore, che la donna comanda tutto e tutti...
Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo, e capo di Cristo è Dio. (1 Cor. 11, 3)
Paolo, con una dialettica di ferro, ci mostra come partendo dai capelli della donna si possa arrivare all’inferiorità della donna. Questo passo mi ha ricordato Sinead O’Connor quando strappò sul palco la foto del papa. Se vi ricordate aveva i capelli rasati. In seguito Sinead s’è stronziata, ma questa è un’altra storia.
Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo. Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra. L’uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell’uomo. E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo: né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli. (1 Cor. 11, 4-10)
Paolo ritorna sui capelli, si vede che gli piacevano le donne coi capelli lunghi. (in questo siamo simili)
Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto? Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli, mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo. (1 Cor. 11, 13-15)
Concludiamo questo primo viaggio nelle Lettere di Paolo con questa perla che son sicuro piacerà molto alle donne.
Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea. (1 Cor. 14, 34-35)

mercoledì 26 ottobre 2011

Arlecchino pensoso


Verso la metà del giugno del 1901 Pablo Picasso si recò per la seconda volta a Parigi per incontrare Pedro Manach, giovane commerciante d’arte di origini catalane, il quale, dimostratosi interessato all’acquisto di molte sue opere, gli propose una mostra presso l’importante spazio espositivo del mercante Ambroise Vollard. Manach trovò uno studio per Picasso in boulevard de Clichy, vicino al caffè dove pochi mesi prima Carlos Casagemas si era tolto la vita.
Nell’autunno di quello stesso anno il blu, che inizialmente era presente solo a tratti in alcuni lavori, quali La morte di Casagemas, Donna in blu e Bambina seduta, diventa sempre più importante fino a essere la scelta cromatica prevalente, tanto che il linguaggio pittorico lambisce progressivamente la monocromia.
L’Arlecchino pensoso, assieme ai Due saltimbanchi, venne eseguito durante questo autunno parigino. In essi vi è ancora molto dell’ascendenza spagnola, ma si fa anche sentire l’influenza francese che coinvolge e seduce il giovane Picasso.
Il protagonista di quest’opera è trattato con lo stesso decorativismo piatto con cui sono raffigurati i fiori dello sfondo. Come su una scacchiera, l’Arlecchino di Picasso, dai contorni astratti e semplici ma fermamente definiti, sembra composto da pezzi ed elementi autonomi l’uno dall’altro, come in un puzzle. La semplicità dei colori e le forme sintetiche ricordano alcune opere di Gauguin come Caricatura, Autoritratto.
I personaggi del circo e le maschere della Commedia dell’arte accompagneranno Picasso per tutta la vita attraversando, assieme al loro demiurgo, le diverse fasi e i diversi linguaggi che egli deciderà di sperimentare, costituendo nei differenti periodi della sua produzione un soggetto privilegiato.

martedì 25 ottobre 2011

Li ho visti l'altra sera


L'altra sera a cena mi son bevuto un bel po' di vino rosso (anche stasera per la verità). Appena si abbassano un po' le temperature io corro dal vinaio e faccio la scorta di bottiglie di vino rosso del Vesuvio.
E che me ne fotte a me? Il vino rosso mi fa sentire un re, mi fa stare troppo bene.
Il vino rosso è mio amico.
Ok, comunque non c'entra un cazzo.
Dicevo che ieri sera dopo la cena e la susseguente bevuta sono andato a buttare i tifosi della juve, cioè la spazzatura.
E li ho visti.
Lui, un ex amico appoggiato al muretto, e lei, una tipa che conosco di vista, appoggiata su di lui.
Lei aveva quella faccia che fanno le donne quando stanno per romperti i coglioni con qualche discussione stupida.
Lui era lì e non si sarebbe mai potuto sottrarre.
Io gli sono passato accanto, li ho salutati, ho detto una frase scema e sono andato a comprare le sigarette.
Durante il tragitto verso la macchinetta ho pensato: ma chi glielo fa fare a quello di sorbirsi le stronzate di quella tipa? Fosse almeno una strafiga...
Ho ripensato a quando avevamo vent'anni e ci divertivamo alla grande. Canne, alcool, corse in motorino, risse nei bar, mani in culo alle ragazze, feste, festini e chitemmuort.
Poi a questo gli è venuta la mania di fidanzarsi. Questa è la quarta in pochi anni.
Sembrano coccodrilli, prima si vogliono fidanzare e poi si lamentano delle stronze.
Un po' tutti siamo coccodrilli, a dire il vero.
La verità è sempre la stessa e cioè che l'uomo è troppo stupido.
Si fissa col fidanzamento, con la monogamia e altre stronzate inventate dalla società e quindi dall'uomo stesso.
Si dovrebbe fare, invece, uno scambio perenne del partner.
Io sto con Lucia, poi dopo un po' passo a Maria e poi a Rita, e poi ad Alessandra, ecc. ecc. ecc.
La vita di coppia dovrebbe essere un continuo change la dama, come quando si balla.
Aboliti tutti i fidanzamenti lunghi.
Io scambio la donna con Guglielmo, che la scambia con Arturo, che la scambia con Roberto ecc. ecc. ecc.
Sempre una donna nuova, sempre nuove cose da dirsi, da fare, nuovi modi di baciare e di scopare.
Perchè la donna, il rapporto, a lungo andare è solo una gran rottura di coglioni. Le donne dopo un paio di settimane al massimo andrebbero cambiate.
Purtroppo c'è ancora gente con la mania del principe azzurro, con l'ideale dell'anima gemella, con l'amore...puah! V'ha rovinato Grand Hotel a voi!
Come al solito, è un'idea troppo intelligente per avere seguito. Il problema non è che l'uomo abbia il peccato originale, ma che ne ha centomila di peccati originali.
Buonanotte.

lunedì 24 ottobre 2011

Parliamo del SENO (.)(.)


Una delle componenti del corpo umano più sensibili – e di maggior richiamo erotico – il seno gioca un ruolo imprescindibile nell’interfaccia sessuale. Sebbene l’apparato mammario femminile goda di maggior attenzione, anche quello maschile è molto sensibile e può contribuire parecchio all’attivazione dell’eccitazione sessuale.
Diamo ora alcuni consigli su come "trattare" il seno.
1. Con un movimento circolare, seguite con le dita il profilo del seno mentre il soggetto femminile indossa ancora i vestiti.
2. Appoggiate la mano a coppa su un seno e date una “strizzatina” delicata.
3. Infilate le mani sotto il rivestimento esterno del soggetto per toccare il seno direttamente. Se incontrate un ulteriore strato di tessuto, per esempio un reggiseno, sfioratelo attraverso il tessuto. Poi rimuovete l’indumento.
[Attenzione: Slacciare un reggiseno può essere più difficoltoso del previsto. Un ritardo nella rimozione di tale indumento può indurre frustrazione, imbarazzo e perfino il blocco del sistema sessuale. I seni vengono tenuti in sede da un gancetto posto al centro della fascetta posteriore o tra le due coppe. Tale gancetto può essere slacciato spingendo una verso l’altra le due parti che lo compongono esercitando al contempo una lieve torsione. Per quanto semplice, tale manovra può variare leggermente da un modello all’altro. Invece di tentare di rimuovere il capo con una mano sola ostentando nonchalance, conviene usare entrambe le mani e concentrarsi sull’operazione-gancetto, mettendo per un attimo in stand-by e attività preliminari in corso.]
4. Una volta che avrete liberato il seno dal packaging, ripetete le operazioni di sfioramento e le strizzatine descritte sopra.
5. Se avete i capelli abbastanza lunghi, fateli ricadere sul seno del soggetto femminile. Muovete la testa avanti e indietro in modo che i capelli sfiorino il capezzolo e altre aree del seno.
6. Con la massima delicatezza, sfiorate con un dito la parte esterna del capezzolo. Trovate un movimento che risulti gradito e ripetete più volte.
[Prima di sfiorare il capezzolo, inumiditevi le dita: ciò faciliterà i movimenti e intensificherà le sensazioni. Mettetevi il dito in bocca (o in bocca alla partner) per inumidirlo di saliva.]
7. Posizionate tutte le dita intorno all’areola, poi muovete piano piano verso l’interno sollevandole appena, come per tirare delicatamente verso l’alto il capezzolo.
8. Mettete la bocca sul seno. Seguite con la lingua il contorno dell’area scura intorno al capezzolo (areola) e titillatela. Nel frattempo, stimolate l’altro seno con le dita.
[Attenzione: Durante le procedure di stimolazione, la maggior parte dei capezzoli, aumentato l’afflusso di sangue, raddoppierà o triplicherà di volume. Non allarmatevi: è una reazione normale nonché un segno di apprezzamento, non il sintomo di una lesione, di una disfunzione… o di scoppio imminente.]
9. Una volta che il capezzolo si sarà inturgidito, muovete la lingua su e giù partendo dalla base e salendo verso la punta. Titillatelo con la punta della lingua. Seguite un movimento circolare cambiando direzione dopo aver disegnato qualche cerchio.
[Attenzione: In linea di massima, essendo così sensibile, il seno non tollera una stimolazione continua nello stesso punto, soprattutto sul capezzolo. Variate le modalità e le aree di intervento per evitare l’iperstimolazione e un calo dell’eccitazione. Un’attenzione eccessiva a quest’area del corpo da parte dei maschi – spesso accompagnata da linguaggio infantile o da supplichevoli richieste di latte – può risultare vagamente inquietante e/o sgradevole per le donne che non condividono simili fantasie di allattamento.]
10. Stimolate con la lingua l’area sotto il seno: è un punto estremamente erogeno spesso trascurato. Ma evitate di farlo se avete il sospetto che la vostra partner sia equipaggiata di “potenziatori” artificiali; l’intervento di chirurgia plastica potrebbe aver lasciato cicatrici e la loro scoperta rischierebbe di metterla a disagio o in imbarazzo.
[Attenzione: Alcuni soggetti femminili si presentano equipaggiati di protesi che rendono i loro seni più sferici e prominenti. Potete riconoscerli dalla loro strana consistenza, dall’innaturale fermezza e dall’assenza di cedimenti o ciondolamenti perfino quando la donna è coricata o fa dei movimenti bruschi. Evitate di fare commenti sulla natura artificiale di tali accessori o su eventuali cicatrici. Ovviamente il soggetto ha dovuto affrontare una forte spesa e un certo grado di disagio fisico per dotarsi di quelle protesi: siate discreti nelle vostre esternazioni, magari limitatevi a dichiararvi colpiti da quanto sono belle, grosse e benfatte. Ricordatevi anche che tali protesi tendono a rendere meno sensibile il seno, perciò potrebbero richiedere interventi di stimolazione più energici e prolungati.]
11. Se fattibile, avvicinate tra loro i due seni in modo da potervi dedicare a entrambi i capezzoli contemporaneamente stimolandoli con la bocca o titillandoli con la lingua.

domenica 23 ottobre 2011

Principi fondamentali della creatività


Stasera debutta sul blog la mia amica Julia Cameron che ci aiuterà a sbloccare il nostro io creativo attraverso consigli ed esercizi per una specie di corso articolato in 12 settimane. Cercherò di passarvi il meglio che lei passerà a me, così da provare insieme a recuperare la voglia di creare, di scrivere, di disegnare, ecc.
Insomma percorreremo insieme una vera e propria via dell'artista.
Quand'è stata l'ultima volta che avete avuto l'impulso di disegnare? Che siete entrati in un museo? Che avete scritto i vostri pensieri come vi venivano in mente? Che avete danzato? Forse non riuscite neppure a ricordarlo... Tutti noi abbiamo sognato di dipingere, ballare, scrivere, comporre musica, ma poi, spesso, abbiamo rinunciato a quel sogno, convinti di non avre sufficiente talento per l'"arte".
Ci siamo giustificati con gli impegni della casa o del lavoro, oppure nascosti dietro il timore, la vergogna, i sensi di colpa. Nessuno, infatti, ci ha mai spiegato come dare forma a quelle passioni, a quegli slanci creativi che spesso proviamo e che ammiriamo in certi personaggi della cultura e dello spettacolo. Bisogna cominciare a credere all'idea che l'espressione artistica non sia qualcosa di artificiale o d'innato, bensì la naturale direzione della vita di ognuno. Una direzione che va scoperta al di là delle paure, seguita amorevolmente, abbracciata con tutti noi stessi.
Non c'è bisogno di lunghi tirocini nè di sofferenze inaudite per "creare": basta capire come mettersi in ascolto di se stessi.

Principi fondamentali

1. La creatività è l’ordine naturale della vita. La vita è energia: pura energia creativa.
2. Vi è un’intrinseca forza creativa che ci sostiene e illumina noi stessi e la nostra vita.
3. Quando apriamo noi stessi alla nostra creatività, ci apriamo al contempo alla creatività del demiurgo che dimora in noi e nelle nostre vite.
4. Noi stessi siamo creazioni e abbiamo il compito di contribuire alla continuità del processo creativo, essendo, a nostra volta, creativi.
5. La creatività è il dono che la Natura ci ha fatto. Usare la nostra creatività è il nostro dono alla Natura.
6. Il rifiuto di essere creativi è un atto ostinato, che va contro la nostra vera natura.
7. Quando accettiamo di esplorare la nostra creatività, apriamo noi stessi alle Muse: ovvero a un flusso di ordine benefico.
8. Quando apriamo i nostri canali creativi al demiurgo che è in noi, dobbiamo aspettarci molti cambiamenti, forse pericolosi ma sicuramente efficaci.
9. Non vi è pericolo nell’aprire noi stessi a livelli sempre più elevati di creatività.
10. I nostri sogni e desideri creativi sono di natura divina: quando andiamo incontro a essi, andiamo incontro al nostro essere divini.

sabato 22 ottobre 2011

Sono stato abortito lussurioso, questa è la verità


Mio padre dirigeva un’enorme fabbrica di tabacco (quasi mille operaie, tutte giovanissime). I semi venivano dalla Bosnia-Erzegovina, il tabacco da noi lavorato e imballato finiva in America e uscivano fuori le Pall Mall, le Chesterfield e le Philip Morris soprattutto. Mia madre aiutava mio padre in fabbrica e io sono cresciuto in braccio a questa moltitudine di ragazze che mi palleggiavano ignude negli immensi spogliatoi.
Da bambino ero già nella disfatta sardanapalica, tra queste mogli, tra queste concubine suicide, perché io così le vedevo. Mi hanno abortito lussurioso, questa è la verità. Più in là ci si specchia nei libri, ma a quell’età non se ne sa nulla. Negli gnostici ci sono due modi per punire il corpo, la castità totale dell’eremo e le flagellazioni o il libertinaggio sfrenato. È quest’ultimo che mi ha vissuto. Come rovescio della mia vocazione alla castità. Il corpo non chiede di meglio che di essere disindividuato. Nessun corpo ha voglia di gestire un corpo.
Mi sono prodigato per anni tra una masturbazione e l’altra. Mi chiudevo a chiave in camera con le mie Nerine, giustificatissime assenti, proprio come il Leopardi, infaticabile in mancanza di peggio. Mia madre capiva sempre l’antifona e dalla cucina mi chiamava con ogni pretesto. “A tavola, è pronto!”. Le copule vennero molto dopo, in ritardo, non prima dei diciotto anni. Quanto basta per avere la conferma che il coito è un surrogato della masturbazione, non il contrario. Aveva ragione Groddeck.
Da allora in poi ho trattato tutti i non-rapporti di copula come infinita masturbazione. Mai stato un facchino del sesso, un atleta della prestazione (anche se fisicamente ho fatto uno scempio totale del mio corpo tra abusi ed eccessi di ogni tipo). Bisogna cercare d’istupidirsi non di fottere. “Fate voi, ma fate presto”, così dicevo tra me e me in quei letti sempre molto affollati. Quasi sempre da queste amazzoni del cazzo. Pensano che la perversione sia il kamasutra… E non l’uscir di strada, come diceva San Juan de la Cruz. Solo i grandi mistici e le grandi mistiche possono capire questo. Anche se non possono raccontarlo. Delle loro estasi non ne sanno mai niente. Non erano in casa.

venerdì 21 ottobre 2011

I quaranta modi di fottere

Venite, giovinetti senza pudore,
alla mia Corte, scuola d'amore.
Del fottere, arte assai onesta,
tutti gli incanti so insegnare.
La mia dolce Accademia è questa,
orsù, venite, senza indugiare.

Tutti voi che qui vi riunirete
assai facilmente capir potrete
la mia scienza e le mie lezioni.
Sono ormai sul punto d'iniziare
e delle mie quaranta posizioni
la prima andate ad ascoltare.

Stasera voglio parlare di questo librettino anonimo pubblicato in Francia nel 1790 e dedicato “al Clero di Francia”.
Vi sono descritti quaranta modi di fottere più un quarantunesimo che sarebbe una spiegazione tecnica di uno dei piaceri degli dèi: il sessantanove.
Come scrive Charles Hirsch è da buongustaio che l’autore tratta l’argomento. Per la maggior parte cortissime, le quarantun descrizioni evocano infatti irresistibilmente, con il loro tono, altrettante ricette di cucina. Non quelle che, supplendo alle carenze immaginative di una donna di casa, insegnano la confezione di piatti economici e di rapida preparazione, bensì quelle che descrivono con amore l’arte di confezionare piccoli piatti gustosi e raffinati.
Anche a leggere i titoli dati dall’autore a questi quaranta modi di fottere, che sono quarantuno come i tre moschettieri erano quattro, il sospetto di una sua probabile propensione alla buona cucina appare confermato. In effetti, Del buon modo antico, Il mulino a vento, L’anatra, Il nuoto a rana, ci fanno immaginare l’autore seduto a tavola, gaudente buongustaio, mentre assapora voluttuosamente, in galante compagnia, sia le dame presenti che i piatti delicati che vengono serviti con profusione.
Questa raccolta, essendo stata scritta in piena Rivoluzione, potrebbe costituire una sorta di manuale ad uso e consumo del popolo dei piaceri sino ad allora riservati all’aristocrazia e al clero. Trascinato dai flutti tumultuosi della Rivoluzione, potrebbe rivendicare, forse a sua insaputa, la democratizzazione dell’amore, quella che oggi chiameremmo la liberalizzazione dei costumi.
O forse è più semplicemente un divertimento da goliardi…
Ed ora posto il “modo” che mi ha incuriosito di più e la Nota dell’autore.

Quarantesimo modo
L’ATTRAZIONE DI MILANO

Lei si deve mettere in ginocchio sul letto, prosternata sul materasso, e il culo ben proteso. Il fottitore le scopre le chiappe, e dopo averne fuggevolmente contemplato le rotondità, la sodezza, il candore, le sugge leggermente. Poi si lubrifica con la saliva il cazzo, lo mette in posizione e lo pianta nel culo della donna incontrando una minore resistenza di quel che si potrebbe ritenere. Va su e giù un paio di volte, mettendo il fuoco addosso alla sua bella, e anch’egli è pronto a godere in modo generoso. La masturba, nel frattempo, con un dito, oppure è ella stessa a provvedere, se così preferisce. E quando sentono approssimarsi i segni del piacere, il fottitore lascia la prigione in cui s’era provvisoriamente rinchiuso, e affonda più in basso, così da mescolare il suo sperma a quello della donna, che freme voluttuosa.
Nota
Essendo la rarità a stabilire il valore delle cose e la novità a conferir loro nuovi incanti, una giovane accorta, per tenere un amante in catene, per liberale o vigoroso che sia, deve variare il suo piacere, in definitiva sempre identico, in mille forme diverse. Il piacere, tra le sue braccia, deve esser più mutevole di Proteo. Qualcuna deve la sua fortuna a una nuova posizione che ha saputo inventare, un’altra è diventata famosa per aver saputo, novella Aurore, ringiovanire un Titone tra le sue braccia. Venere non è forse più bella di Diana, o di Pallade, e le stesse Grazie non la seguono in processione? Ma Venere è civetta e sa sciogliere ad arte il suo cinto splendente, Venere ha l’imperio della bellezza, e il suo tempio è celebre in ogni contrada.
Ovunque le sue sacerdotesse ne seguono l’esempio, ma dopo aver esaurito la natura, hanno fatto appello all’arte. Le francesi, più timide o meno ardenti nei piaceri, si accontentano di strade già battute, e limitano la loro scienza a qualche smanceria che si addice al loro carattere più pigro. Le georgiane, le italiane, le creole, nate in climi più caldi, hanno ardori più vivi: in loro un desiderio appagato ne fa nascere altri mille che sopravvivono sempre ai piaceri, incapaci di spegnerli. Per questo hanno maggiore inventiva nel creare nuovi godimenti: niente le ferma, niente le fa indietreggiare: neppure il dolore, o il disgusto, sanno domarne il furore lascivo. Quest’ultimo modo, e quanti seguiranno, sono stati concepiti in quei climi caldi in cui si studia l’arte della voluttà.
La signora Marjolana scriveva al suo amante, che riteneva essersi raffreddato verso di lei:
“Tu mi lasci, ingrato, perché ho esaurito ai tuoi occhi l’arte delle Laidi, delle Messaline, delle Poppee!... Torna… io ti adoro… io brucio… ti appartengo totalmente: dai capelli sino ai piedi, vieni a fottermi dove vuoi; qualunque sia la parte del corpo che fotterai col tuo cazzo in furore, la mia gioia sarà estrema… Vieni… lo sento… già la mia immaginazione… sta concependo… sì… una nuova posizione! Sì! se non temi i miei denti, la mia bocca sia per te una nuova fica. Tra quali delizie stai per effondere il tuo liquore divino!... Ti stupisci?... Io non vivo che per fottere! Che il tuo sperma mi disseti! Voglio mangiare, voglio bere… sperma!... Oh! fica mia, perdonami e non essere gelosa! Tante volte hai già navigato in flutti di sperma! Ma tu, mio dolce amico, se tanto ardore ti aggrada, vieni a perderti, di amore e di voluttà, venti volte sul mio seno. Tu mi vedrai venti volte morire e rinascere tra le tue braccia, resuscitata dai tuoi baci”.

giovedì 20 ottobre 2011

Shining


Io adoro Kubrick, voglio premetterlo e Shining è un film eccezionale, ormai un classico del cinema.
Ok, la storia è costruita bene anche perché si basa sul romanzo omonimo di quell’altro grande che è Stephen King.
La colonna sonora aumenta la qualità del film, grazie soprattutto alle musiche di Berlioz, Ligety e Bèla Bartòk.
C’è tensione, scene memorabili, un Jack Nicholson semplicemente perfetto, insomma un film gioiellino perché contiene tutti gli ingredienti giusti.
Può dare pure vari spunti di riflessione a qualcuno con domande del tipo: cos’è che fa impazzire Jack? La condizione di estrema solitudine che deve affrontare per il lavoro? La moglie e il figlio, insomma la sua famiglia? Oppure perché non riesce a scrivere il suo romanzo e la frustrazione dello scrittore fallito si tramuta in follia? Sinceramente che impazzisca a causa dell’albergo stregato infestato da spiriti maligni non mi interessa molto.
Può pure essere un’occasione per riflettere sull’ambiguità congenita dei film di Stanley, sui suoi film che viaggiano a una velocità ermeneutica diacronica e liminale.
Sticazzi.
Io sono rimasto in dubbio su due cose e ci sto pensando da stamattina.
Chi apre la porta a Jack quando questi è chiuso a chiave nella dispensa? (ce lo aveva chiuso la moglie)
Cosa ci fa Jack in una foto degli anni Venti e cosa significa questa foto che si vede nell’inquadratura finale?
Aspetto ipotesi.

Ora ho una gran voglia di confrontarlo con il libro di King. Chissà…

mercoledì 19 ottobre 2011

Odio gli indifferenti


Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città.
Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. È la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica.
L’indifferenza opera potentemente nella storia.
Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.
La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell’ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un’epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa.
Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell’ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E quest’ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.
I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.
Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto a ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l’attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato, perché non è riuscito nel suo intento.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

11 febbraio 1917

martedì 18 ottobre 2011

Lo psicoanalista


Davvero gustoso e divertente questo libello di Umberto Silva sugli psicoanalisti e sul mondo della psicoanalisi.
I libelli sono scritti polemici che servono per lanciare boutade e io le adoro, le boutade.
È facile trovare libri di psicoanalisi che trattano di ossessioni, compulsioni e perversioni.
Questo libro è particolare perché parla dello psicoanalista, del suo modo d’amare, di come si comporta con i colleghi, di cosa pensa quando in seduta ostinatamente tace.
Insomma ti fa entrare nella “testa” dello psicoanalista che di tutto ama parlare eccetto di sé.
Il primo capitolo contiene le ammonizioni e le premonizioni che il professor Aretusa fa al giovane collega Zilli. Consigli su come arredare lo studio (indispensabile la chaise lounge Le Corbusier), su come trattare i pazienti, su cosa dire durante le sedute (cioè assolutamente niente), su come affrontare lo stress della prima paziente, su come entrare nella buona società per procacciarsi i clienti (e qui incontrerete la Bellotti Bezzi), di come millantare del Nuovo Metodo, di come arredare lo studio e di dove appendere la laurea, ecc.
Il secondo capitolo racconta il convegno danzante di psicoanalisi di Gardone del 1996. Troverete una serie di premi dedicati alle dichiarazioni d’amor transverso pronunciate da pazienti nel corso dell’anno 1995, magistralmente interpretate dall’attrice Gina Lotti; da sganasciarsi.
Nel terzo capitolo, intitolato Lui, troverete una serie di istoriette di psicoanalisti e pazienti, una sorta di poesie psicoanalitiche quasi sempre a sfondo sessuale e tragicomico.
Nel quarto capitolo passerete una nottata col professor Zilli che vuole denunciare, con una lettera, un collega che ha fatto l’amore con una paziente. Lo vedrete cambiare stile e opinione ora per ora, minuto per minuto, fino alla inevitabile conclusione che giungerà verso le 11 e 30…
L’ultimo capitolo, brevissimo, parla di una beffarda Grande Riforma della psicoanalisi, con un elenco di libri immaginari divertentissimo (uno fra tutti: Renato Gioia, Ho sempre trattato i miei pazienti da coglioni (autobiografia).
Insomma, sia che siate amanti della psicoanalisi, sia che ne siate a digiuno questo libriccino vi farà ghignare davvero e forse, ma dico forse, pure un poco rinsavire. Dissacrante e beffardo (proprio come piace a me) nel dipingere gli psicoanalisti dei gran furboni affamati di sesso.
Ora vi posto un premio e una istorietta.

MENZIONE SPECIALE
A
VITA

presentata dal dott. Aziz Reggimento
Interprete: il subconscio subacqueo d’una
Lotti sotto ogni aspettativa


I sogni schifosi che faccio
la vita schifosa
i pensieri
possono essere tutta
un’apparenza
e
sotto sotto
io stare benissimo?

Sotto gli impeccabili smoking gli psic lasciarono trapelare misteriosi gonfiori di cui andavano insieme vergognosi e fieri.

37.

Appena lo vide il volto le si illuminò, gli occhi
scintillarono, le labbra si inumidirono,
di una luce intensissima tutta
si circonfuse.
La decisione era presa, irrevocabile.
Mettendo da parte ogni brama avrebbe
cominciato
l’analisi, la ricerca interiore, il grande cammino.
Lui lo capì, e il muso gli scivolo giù,
giù,
giù.

lunedì 17 ottobre 2011

La felicità


Crescendo impari che la felicità è solo nelle grandi cose ed esse sono irraggiungibili.
Non è quella che si insegue a vent’anni quando, come gladiatori, si combatte per il mondo per tornare a casa col culo a strisce.
La felicità non è quella che si ricerca affannosamente inseguendo quella truffa chiamata amore…
È quella delle emozioni forti, quelle che fanno il botto, esplodono come tuoni e ti schiantano contro il muro.
La felicità non è grattacieli da scalare, chissenefrega di sti grattacieli; è, invece, un giro nei red light district con tanti soldi in tasca.
Crescendo impari che la felicità è fatta di cose piccole e preziose come i diamanti. E più diamanti avrai più sarai felice…
…e impari che l’aroma del caffè al mattino è piacevole finché non scopri che hanno usato quella chiavica di caffè Splendid o che c’hanno messo troppa acqua, che bastano le note di una canzone di Lady Gaga per farti incazzare, un libro di Moccia per farti imprecare, che bastano gli aromi della cucina dove sta cuocendo riso e verze, le croste dei pittori da quattro soldi, che basta che il tuo cane pisci in casa, per farti venire un esaurimento nervoso.
E impari che la felicità è camminare su una corda a cento metro d’altezza, esplodere pallottole di gioia armato di una 44 magnum, che le stelle ti spingono ad esprimere desideri che non s’avvereranno mai e il sole a farti prendere una dolorosa scottatura; e impari che pesterai l’unica merda di vacca che c’è in un campo di girasoli, che l’arrivo della primavera ti provoca duemilatrecento allergie e che sederti all’ombra di un albero per leggere un libro, senza aver visto il cartello “proprietà provata”, ti farà avere una mare di guai con un contadino arteriosclerotico e incazzoso.
E impari che l’amore è fatto di sotterfugi, di tradimenti, di bugie, di routine, di rotture di coglioni, e impari a prometterti che la prossima che ti salta in mente di fidanzarti ti dai una martellata sui coglioni.
E impari che basta trovare i siti giusti, cliccare sui nomi, sfogliare le foto, leggere i profili, chattare e cercare di combinare un appuntamento per risolvere il problema del fidanzamento.
E impari che sentire una voce del telefono sono quegli stronzi di Sky che vogliono venderti l’abbonamento, che un sms inaspettato è quella cazzo di Telecom che ti offre una promozione.
E impari ad avere nel cassetto un condom per ogni evenienza.
E impari che tenere in braccio un bambino è stupendo soprattutto quando arriva la madre e se lo porta via.
E impari che i regali più belli sono gli assegni con cifre a sei zeri.
E impari che c’è felicità anche nel trovare la carta igienica quando ti sei seduto senza controllare, che c’è qualcosa di sublime nella perenne compagnia della malinconia.
E impari che nonostante le tue difese, nonostante il tuo volere o il tuo destino, la vita te lo mette sempre a servizio.
Sognerai di essere un gabbiano, come Jonathan Livingston, e finirai per mangiare piccioni sifilitici rovistando nella spazzatura di una città costiera.
E impari soprattutto cosa sia la felicità: non aver mai letto Fabio Volo.

domenica 16 ottobre 2011

I tre porcelloni e l'enigma del cetriolo


Sinceramente non ricordo come sono arrivato a vedere il video che posterò alla fine di questo scritto.
Bò? Comunque ormai ero lì e la mia augusta Persona decise di premere play.
Lo spettacolo è semplice: tre porcellini della Guinea si contendono un pezzo di cetriolo, strappandoselo di bocca a vicenda. Guardando questa scena la mia augusta Persona s’è chiesta se non fosse stato più pratico e comodo per i tre porcellini, invece di azzuffarsi, tagliare quel cetriolo in tre parti uguali e sgranocchiare ognuno la propria porzione in santa pace.
Il mio piccolo Io ha risposto che non potevo pretendere così tanto da quegli animalini, che gli animali non possono arrivare a tanto. Il mio piccolo Io ha pure aggiunto di non rompere le palle e di godermi lo spettacolo e di andare in sollucchero per quei musetti così carini!
La mia augusta Persona ha ascoltato quello che ha detto il piccolo Io, ma se ne è fottuta dei musetti carini. Ha preferito pensare se anche l’uomo non sia così.
Uno stupido, incapace di tagliare un cetriolo in tre parti uguali, godersi la vita e amare la pace.
La mia augusta Persona ha concluso osservando che l’uomo non solo non è in grado di affettare il cetriolo, ma è così terribile da aver inventato modi crudeli e orribili per non spartire il cetriolo con nessuno.
La mia augusta Persona vi augura una buona domenica, mentre il mio piccolo Io sta dormendo dopo una mangiata di sasiccia e patane, il tutto innaffiato da una birra chiara.

sabato 15 ottobre 2011

Un proverbio che fa riflettere


Similis cum similibus, dicevano i latini: il simile si accompagna al simile.
Chi si somiglia si piglia, diciamo noi.
Ed è una cosa a cui sto pensando da un po' di tempo.
Voglio dire più chiaramente.
Se io mi sento proprio una merda, non mi va di fare niente, non me ne frega un cazzo di niente, non ho nè idee, nè progetti, nè voglia...quale ragazza potrei mai avvicinare? Quale ragazza potrei mai attirare?
Beccherei una stronza completa (e mi somiglierebbe), o una pazza squinternata (e mi somiglierebbe bis).
A sto punto, meglio star soli che piacere e fidanzarsi con una mia simile...sai che macelli altrimenti?
Bisogna migliorare e allora sì che sarebbe piacevole trovare una ragazza perchè vorrebbe dire che avrei trovato una in gamba.
Ora no, però. Non mi sopporto io figurarsi se dovessi sopportare un me in gonnella...
Io ci credo all'anima gemella, ma se in questo momento mi mettessi a pensare ad una mia anima gemella per come sto adesso mi verrebbe solo di compiangerla.
Poi ci sarà sicuramente il genio che penserà che gli opposti si attraggono e che quindi facendo io schifo, una bella e buona ragazza sarà attirata da me che sono il suo contrario. Bè, gli do una notizia in anteprima: quella degli opposti è una cazzata immane.
O forse no...forse il vero problema è che mi piacciono le pazze e ho sbagliato completamente la direzione da dare al post scritto stasera...

venerdì 14 ottobre 2011

Sto post ve lo manda Satana


Me ne stavo per cazzi miei su una panchina a leggere, ogni tanto mi interrompevo per accendermi una sigaretta e per guardare la città. Gente che passeggiava e gente che apriva i negozi. Case e negozi, questa è una città.
Comunque, dicevo che leggevo per fatti miei quando un signore sulla cinquantina che indossava degli occhiali con una montatura ridicola e una camicia a quadri, con un borsello a tracolla chiede se può sedersi. Gli accordo il permesso.
Dopo un po' mi chiede cosa sto leggendo e gli mostro il libro. Lui apprezza e dice che legge solo la Bibbia.
Bello stronzo, penso.
Dichiara di essere un testimone di Geova.
Bello stronzo, penso.
Decido che voglio sapere qualcosa sulla sua fede. Non ci parlo mai coi testimoni di Geova.
Vincenzo (questo è il suo nome) comincia a parlare a ruota libera e ricordo che m'ha detto che il regno di dio verrà presto sulla terra, che Mosè era una grande scienziato, che la gente non credette a Noè così come ora non crede ai testimoni di Geova e ai segnali che dio ci manda.
Poi dice che dio presto fonderà il suo regno sul nostro mondo.
Io gli chiedo che intende con presto e lui risponde che i politici, mandati da Satana, stermineranno i veri credenti (i testimoni di Geova) e quando saranno tutti morti dio verrà, li vendicherà e regnerà sulla terra.
Vabbè, gli chiedo in cosa si differenzia la sua religione da quella cattolica.
In pratica, da quello che ho capito, i testimoni non credono nel purgatorio, nell'inferno e nel paradiso. Quando si muore l'uomo diventa cenere, per poi risorgere su questa terra nel giorno dell'Apocalisse e vivere in eterno sotto il regno di dio.
Mi rendo conto, da come parla e da come dice le cose, che quest'uomo va avanti grazie alle storie che gli hanno messo in testa. La fede gli dà il potere di credere a queste storie, lo aiuta ad avere speranza. Sognare l'avvento di un dio giusto che punisca i colpevoli e premi i buoni lo aiuta molto, lo conforta. Son sicuro che chi ha fede sia fortunato, ma sinceramente io così rincoglionito non ci vorrei essere. Preferisco la filosofia, l'economia politica e l'arte per andare avanti. Ho voglia di realtà, che è già misteriosa e bella di suo senza bisogno di inutili complicazioni.
Ben presto ne ho piene le palle delle cazzate che dice e faccio per andarmene, ma lui mi trattiene invitandomi alle riunioni del sabato. Io ringrazio ma rifiuto, gli dico che non sono credente, che non ho fede, che non mi affilio a niente di niente, che la religione mi interssa come fenomeno umanistico/sociale e che sono un filosofo.
Lui mi dice che la filosofia la manda Satana e scopro che Satana ci manda un sacco di cose: dalla tv, alle guerre, alla cupidigia, forse addirittura il Papa ce lo manda Satana.
Cazzarola, è forte sto Satana!
Magari vi manda pure questo scritto...

giovedì 13 ottobre 2011

L'opera da tre soldi

Non vi accanite sul peccato: in breve
da sè nel proprio gelo sarà estinto.
Meditate la tenebra e l'inverno
di questa valle percossa dal pianto.
Su Brecht, dal punto di vista dell'estetica teatrale, ho le idee un po' confuse.
La colpa è dell'introduzione troppo lunga e di Brecht stesso.
Dico dell'introduzione perchè il tipo che l'ha redatta a un certo punto pare il Mascetti della supercazzola, di Brecht perchè, avendo i comunisti della RDT alle calcagna, invece di spiegarsi chiaramente prende per culo (giustamente) quei lettori che invece di godersi il suo teatro vogliono l'ideologia a tutti i costi.
Quindi seguo questo "consiglio criptico" di Bertolt e parlo solo dell'opera. Dell'Opera da tre soldi ad essere preciso.

Essa è una storia che vede protagonisti due malviventi: il re dei mendicanti Peachum e il re delle rapine Macheath detto Mackie Messer.
Il personaggio di Peachum è meraviglioso. Un accattone che organizza il racket degli straccioni. Distribuisce le zone, fornisce vestiario, moncherini, protesi finte e consiglia i "poveri" su come impietosire le persone (il tutto tenendo la Bibbia in mano).
Messer è il bandito tutto d'un pezzo. Avventato, avventuriero, bugiardo, sfacciato come solo i banditi e i grandi uomini sanno essere.
Tra i due scoppia una lite perchè Polly, la figlia di Peachum, s'innamora di Messer e lo sposa.
La vicenda è inframezzata da alcune "songs" cantate dai protagonisti e secondo me sono le cose migliori del testo. Un po' di sano realismo, un po' di cinismo e presa per il culo delle convenzioni borghesi.
Il personaggio del poliziotto, Brown, è un po' ambiguo perchè non si capisce se stia dalla parte del ladro o dello Stato. O forse, è solo un povero disgraziato costretto a tenere due piedi in una scarpa.
Ok, non posso far altro che consigliarvi la lettura dell'Opera da tre soldi, giusto per gustarvi le contraddizioni che Brecht mette in risalto e, soprattutto, per assistere al sorprendente finale.
Alla fine arriva un messo...chi è che lo manda? e perchè? come mai arriva a cavallo? perchè questo messo si prende tanto disturbo per gente come il bandito Mackie Messer?

Disadorno, umile, essenziale, finto gnorri, bastardo di un Brecht.
Ti adoro.

mercoledì 12 ottobre 2011

Little Bittern


Ragazzi, sono letteralmente impazzito per questo pezzo!
Sono tre giorni che l'ascolto ininterrottamente e come un pazzo mi precipito qua a condividere questa gioia musicale con voi!
Ascoltatelo, vi prego, e ditemi se non è una grande fantastica musica!
So che il chitarrista è Marc Ribot, che il disco è uscito nel 2009 e che si chiama O'o, e che John Zorn c'entra qualcosa.
Non chiedetemi altro e godete con me...........

martedì 11 ottobre 2011

Nausicaa e Ulisse


Nel V canto dell’Odissea assistemmo, con il cuore in gola, al naufragio di Ulisse.
Fortunatamente, dopo aver visto la morte in faccia, il nostro eroe riesce a raggiungere a nuoto l’isola dei Feaci. Distrutto dalla fatica e dallo spavento, Ulisse trova riparo in un bosco e si addormenta cercando di nascondersi tra i cespugli.
Il VI è il canto dell’incontro tra Nausicaa, figlia del re Alcinoo, e Ulisse.
Nausicaa, con alcune ancelle, s’è recata al fiume per lavare dei panni e per ingannare il tempo necessario a che essi si asciughino le fanciulle giocano a palla.
Ulisse, attirato dalle grida del gioco, decide di uscire dal suo nascondiglio e di mostrarsi, spinto dalla necessità e dalla fame.
Godiamoci Omero ora:
… di sotto ai cespugli
uscì fuori Ulisse divino
e un ramo frondoso da dentro la selva
fitta spezzò con la forte sua mano
e ne cinse a riparo il pudore del corpo.
E si mosse all’andare come si muove un leone
nutrito sui monti, di sé fieramente sicuro,
che va dalla pioggia e dal vento battuto
con occhi di fuoco e pecore e buoi
e cerve selvatiche insegue ed assalta
se il ventre lo spinge a cercare la preda
anche là dove il gregge da saldo recinto è protetto.
Perfetto, ha dipinto un'entrata in scena da urlo.
Comunque Ulisse si fa avanti, ma non si avvicina troppo per non spaventare le ragazze e rimane incantato dalla bellezza di Nausicaa.
Le rivolge una preghiera di soccorso molto accorata senza scadere nel piagnisteo e declama un peana in onore di Nausicaa senza per questo fare la figura dello smielato cascamorto (il discorso di Ulisse a Nausicaa val proprio la pena di essere letto).
Nausicaa, da vera figlia di re, non solo non scappa alla vista di Ulisse (come invece fanno le ancelle), ma accoglie la richiesta d’aiuto di Ulisse, ordina alle ancelle di dargli vestiti ed olio per lavarsi e decide di portare Ulisse a palazzo per fargli conoscere i genitori che potranno, eventualmente, dargli i mezzi necessari per riprendere il viaggio.
L’incontro di Ulisse con il re e la regina dei Feaci è quello che ci aspetta nel settimo canto.

lunedì 10 ottobre 2011

Il balcone


Montale è un poeta non facile da leggere.
Le sue poesie non sono godibili da subito, hanno bisogno di essere lette e rilette con molta calma ed è bello ad ogni rilettura cogliere una sfumatura, un significato che prima era sfuggito.
Tra le opere montaliane, il mio libro del cuore è la raccolta Mottetti - ventuno poesie brevi tutte indirizzate a una donna, Clizia.
Perchè le poesie d'amore sono belle sì, ma quelle dedicate ad un amore lontano e forse irraggiungibile sono davvero sublimi.
Vi dono Il Balcone, poesia posta proprio all'inizio dei Mottetti.
Buona lettura.

Il balcone

Pareva facile giuoco
mutare in nulla lo spazio
che m'era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco.

Ora a quel vuoto ho congiunto
ogni mio tardo motivo,
sull'arduo nulla si spunta
l'ansia di attenderti vivo.

La vita che dà barlumi
è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s'illumina.

domenica 9 ottobre 2011

Troppo intelligente per fare l'eremita


Parlano di futuro, di progetti, di cose da fare e da vedere – ma state un po’ fermi e zitti che mi rompete proprio i coglioni.
Parlano di matrimonio, casa nuova, figli, posto auto e il camino, non ti scordare del camino che poi ci puoi fare le bruschette e accogliere quell’ubriacone di Babbo Natale.
Parlano sempre di ristoranti situati in posti strani, invariabilmente a picco sul mare o sul cocuzzolo di una montagna che poi si paga il giusto eh, se uno vuole la qualità non può spendere dieci euro.
Parlano di come pagare meno tasse, di come scorporare l’iva dall’irpef in modo da ammortizzare l’ici dell’inps per fare una bot sul cct – e non sanno cosa sia un libro.
Parlano di pancioni, di ecografie, di tutine, di nausee e di gremlins invisibili nello stomaco – ma sarà maschio, femmina o ricchione? Mbò?
Parlano di pace nel mondo e non capisco a quale mondo si riferiscono. La Terra sarà sempre uno scenario di guerra visto che le industrie belliche sono tante e funzionano a pieno regime occupando migliaia e migliaia di addetti.
Parlano di crisi e porca puttana sta parola è imprecisa, si deve dire sistema non crisi. Vi pare che in un regime capitalistico possa esserci crisi? La crisi è mancanza, è povertà. Bisogna focalizzare l’attenzione sul sistema, non sulla crisi.
Parlano di tablet, di ipod, di ipad, di smartphone e io non so quale applicazione devo scaricare per fare le condoglianze.
Parlano della Padania che è uno stato immaginario fondato da un coglione in canottiera che sembra la versione abortita di un orango.
Parlano di forza gnocca senza sapere che io ho il copyright su questa espressione. E comunque l'idea è stupida. Bisogna promettere gnocca gratis, allora sì che la gente ti vota.
Parlano di combattere, di affrontare la vita, di tenere duro – al che io rispondo che se lotti puoi perdere...se non lotti ti risparmi la fatica.
Parlano di imbavagliare i giornalisti, i magistrati, gli oppositori, il popolo che si ribella, ma cazzarola sta tornando il fascismo? No, il fascismo, come la mafia e la chiesa, è da sempre presente in quel paese medievale chiamato Italia.
Parlano di soldi, di come fare soldi, di avere più soldi, di accumulare soldi, di spendere soldi e non si accorgono che si strozzano da soli e che, soprattutto, si contraddicono.
Parlano di Gadda e del fatto che, quando fu accostato a Proust, Gadda s’incazzò come una bestia. Ci penso, ci rifletto e poi mi dico: ma chi se ne fotte?
Parlano di Vasco che ha fatto chiudere nonciclopedia perché si sentiva diffamato e preso in giro – al che io mi chiedo se Giggi D’Alessio sia autoironico al massimo o se non sappia leggere.
Parlano di cambiare la legge elettorale. Andrà a finire che alle prossime elezioni potranno votare solo le troie che l’hanno data, la danno o la daranno a Berlusconi.
Parlano di salvare la Grecia, ma perché cos’ha? Sta male? Chi l’ha inguaiata? Forse dei porci, dei banchieri, dei politici? Ma andate a cacare con tutte le scarpe. Provate a toccare la Grecia e vi ammazzo tutti.
Parlano, parlano, parlano…mi danno ai nervi.
Io preferisco il silenzio, vorrei che si spegnesse sto megafono di idiozie che imperversa nella mia vita (e non solo). Che si parlasse più a bassa voce e poco, pochissimo.
Dovrei fare l’eremita / sarebbe meglio per tutti – diceva una vecchia canzone.
Solo che io sono troppo intelligente per fare l’eremita.

sabato 8 ottobre 2011

E se fossimo cervelli in una vasca?


Oggi m’è venuta in mente una domanda che sicuramente ognuno di voi si sarà posto almeno una volta: e se la vita fosse solo un sogno?
Mi c’ha fatto pensare uno spezzone di Matrix che ho visto sul tubo, quando Morpheus dice: Benvenuti nel mondo reale. E se davvero la vita che stiamo vivendo non fosse che un’illusione generata da un software, un’allucinazione, un sogno?
Cartesio, coi suoi dubbi radicali, voleva però proporci una via d’uscita e una possibile certezza: quella dell’io pensante, del “Penso, dunque sono”.
Si potrebbe però obiettare che anche nei sogni noi pensiamo, ci percepiamo vivi e reali, sia pure in mezzo a scenari inesistenti, e magari nei panni di qualcun altro…
Nel romanzo di Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie, Alice si imbatte nel Re Rosso addormentato che la sta sognando. Viene avvertita di stare attenta a non svegliare il Re, perché svanirebbe all’istante.
Lei però non sa che l’intero scenario, con le sue avventure e con tanto di Re Rosso che la sogna, è il sogno di un’altra Alice: Alice Liddell, la bambina cui Carroll ha dedicato il suo racconto. Ma allora anche Alice Liddell potrebbe essere il sogno di un’altra Alice, e così via.
È possibile evitare sto fastidioso regresso all’infinito?
Putnam si pose le domande: E se fossimo tutti cervelli in una vasca? E se le nostre esperienze reali non fossero altro che il frutto di impulsi che uno scienziato pazzo manda ai nostri cervelli?
Anche Putnam, come Cartesio, con il suo esperimento mentale del genio maligno, vuole confutare l’ipotesi scettica, dimostrando che non siamo cervelli in una vasca. Se fossimo cervelli in una vasca, attaccati a un computer e a degli elettrodi, il nostro mondo esterno sarebbe un’illusione, e ogni nostra affermazione su di esso dovrebbe essere falsa. Ma allora sarebbe falsa anche la premessa da cui siamo partiti, ovvero che siamo cervelli in una vasca.
Bravo Putnam, è un semplice argomento logico. È chiaro.
Eppure 'sta cazz di domanda continua a tormentarmi…

venerdì 7 ottobre 2011

Il/La partner ideale


Stamattina sono uscito a fare un giro perchè ndringhete ndrà miez 'o mar nu scogl ce sta.
A mezzoggiorno mi sono unito alla comitiva di sfaccendati, drogati, alcolisti, in attesa di lavoro, nobiluomini napoletani dell'Ottocento della mia zona.
Siamo andati al bar di Gustavo La Mazza e tra uno spumantino e una canna abbiamo parlato dell'argomento introdotto da Robbè.
Ne riporto degli stralci anche perchè proprio tutto non me lo ricordo.

Robbè: uagliù, qual è la vostra partner ideale?
Io: ricca, mora e con un piede nella fossa.
Francè: io son meno razzista di te. Mi basta che sia ricca e con due piedi nella fossa.
Riccà: Bona.
Francù: Non deve essere per forza figa, non deve essere per forza ricca, ma deve essere per forza simpatica e maiala.
Savè: la mia donna ideale deve prendermi mentalmente, sia chiaro anche la chimica e la forma sono importanti, ma dopo un po' di tempo a certe cose ci fai gli anticorpi...
Morrì: deve essere bona come il pane, affettuosa, con pochi grilli per la testa...mi bastano queste tre caratteristiche.
Robbè: anche se è un cesso? siate sinceri.
Francù: ma assolutamente no. Se non mi colpisce esteticamente io non tento neanche l'approccio
diciamo che l'estetica è la base da cui partire, ma se una ragazza mi sa colpire nei punti giusti può prendermi anche non essendo una gran figa, viceversa una gran figa con la quale non riesco ad avere un determinato tipo di rapporto la mollo il giorno dopo... che me l'ha data.
Pietrù: non necessariamente figa, ma deve avere assolutamente cervello ed essere simpatica.
Sabry: molto intelligente, moooooolto sicuro di se e mooolto protettivo. Mi deve far ridere.
Giusè: passionale il resto non conta.
Stefano: e basta co sto far ridere...
Sabbry: mi deve far piangere? La vita fa già schifo di suo...almeno sorridiamo, ridiamo… l'ironia e l'auto ironia è tutto.
Robbè: all'inizio ci sta di fare i simpatici, diciamo nella fase della "conquista" ma dopo si deve capire anche se uno c'ha i cazzi suoi, non siamo mica degli attori comici?
Sabbry: questo è estremizzare perdonami....tra uno belloccio e musone...e uno meno bello ma che mi fa stare bene e serena e mi fa divertire....dalla torre faccio fare un bel volo al primo.
Stefano: hai perfettamente ragione, le persone allegre, con la battuta pronta sono sempre ben accetti...però io detesto quei ragazzi che si rendono ridicoli per strappare un sorriso ad una fanciulla, i peggiori sono quelli che nella comitiva prendono in giro i più sfigati della cricca per far ridere le ragazze...
Robbè: non ci sto, allora io non sono molto allegro pretendo la ragazza mega simpatica ( e sono molto meno numerose degli uomini), sembra quasi un obbligo dovervi farvi ridere sennò vi annoiate...e non ci possiamo annoiare noi allora? Non lo dico come critica a te, è un discorso in generale.
Dennis: Diane Kruger è il mio tipo di donna…dolce, raffinata… viso d'angelo… fisico da modella, bionda occhi chiari.
Davide: deve avere temperamento, la risposta pronta, essere indipendente e ironica.
Deve piacermi mentalmente più che fisicamente, fondamentale che sappia litigare con me, mandarmi affanculo e farmi capire quando sto facendo una stronzata.
Essere semplice, concreta, e avere un lato dolce. Esteticamente preferisco sia carina piuttosto che bellissima, meglio se mora e occhi scuri, ma deve avere qualcosa che nel tempo mi colpisca, un particolare che quando sono da solo me la faccia venire in mente, una cosa qualsiasi, sorriso, broncio, il mettersi i capelli dietro le orecchie, non so una cosa così che mi rimanga in testa.
Sara: di questo passo diventerò presto lesbica.
Antò: mi piace il tipo mediterraneo e deve essere simpatica, carina ed intelligente. Comunque preferisco cento volte una donna acqua e sapone ad una che si deve per forza truccare prima di uscire. Una alla mano, non troppo complicata. Insomma una ragazza normale, non è che chiedo il cielo Il fisico, beh... chi non vorrebbe una gran passera? In ogni caso però se fosse come descritto prima, cumula tanti punti che può tranquillamente perderne con il fisico.
Poi se è pure tifosa del Napoli e mi accompagna allo stadio me la sposo. Naturalmente deve saper cucinare e avere l'intenzione di partorire minimo tre figli per poi crescerli.
Ilaria: carismatico, sicuro di sé, protettivo e passionale...deve essere Uomo con la U maiuscola
Fausto: di aspetto piacevole (non necessariamente una top model), non rompicoglioni e molto maiala.
Barry: deve avere un bel culo: è l’unica cosa su cui non transigo.
Vittorio (il porta sfiga): non esiste....

giovedì 6 ottobre 2011

Del capogiro


Mi trovavo in campagna con un amico e parlavamo del capogiro: il mio amico non sapeva cosa fosse.
Gli descrissi diversi esempi di capogiro senza ottenere alcun risultato. Il mio amico non riusciva a rendersi conto dell’angoscia che si può provare alla vista di un operaio in cima a un tetto. Qualunque argomento gli portassi, il mio amico si stringeva nelle spalle, il che non è molto cortese e nemmeno molto simpatico.
D’un tratto scorsi un merlo che si era appena posato su un ramo, un alto ramo, un vecchio ramo. La posizione di quest’animale era tra le più pericolose…
Il vento faceva oscillare il vecchio ramo che la povera bestiola stringeva convulsamente con le sue manine.
Allora, voltandomi verso il mio compagno: - Guarda, gli dissi, quel merlo mi dà la pelle d’oca e il capogiro. Presto, portiamo un materasso sotto l’albero perché, se perde l’equilibrio, quell’uccello finirà senz’altro per spezzarsi la spina dorsale!
Sapete che cosa mi rispose il mio amico?
Con indifferenza, con semplicità: - Lei è un pessimista.
Convincere la gente non è facile.

mercoledì 5 ottobre 2011

Laura Glavan (io sono qui...)


Sinceramente a me di don Matteo 1 2 3 4 5 6 non me ne strafrega una cippa.
Vedere Terence Hill che fa l’investigatore vestito da prete è più di quanto io possa televisivamente sopportare. Per di più il telefilm è ambientato in un paesino umbro così tranquillo che sì e no succederà una rapina una volta ogni quindici anni e invece lì c’è la percentuale di omicidi più alta del Bronx.
Sticazzi.
Posso ammettere la signora Fletcher che almeno scrive libri gialli e tiene seminari di criminologia, o il tenente Colombo perché vedere un italoamericano vestito da barbone e con gli occhi storti risolvere i casi polizieschi è una gran goduria.
Finché sono i frati di Eco va bene perché Eco è sempre Eco, ma l’unico prete degno di aiutare la polizia nelle indagini è don Tonino, perché Andrea Roncato è semplicemente un mito che ci do che ci do che ci do!
Fatto sta che l’altro giorno c’era mia sorella a casa e lei è una fan.
Devo ringraziare la sua testa scema (per quanto riguarda i gusti televisivi) perché grazie a lei ho potuto vedere Laura Glavan che recita in don Matteo.
Bellissima. Me ne sono innamorato e sto post è per lei.
Laura, non so se mi leggerai mai, ma se ti capitasse di passare da Napoli (o in qualsiasi altra città) contattami, magari ci prendiamo un caffè, un aperitivo e poi chi lo sa…magari da cosa nasce cosa…

martedì 4 ottobre 2011

3 pensieri sulla merda strisciante


Il processo di Perugia si è concluso secondo le aspettative.
Il nero povero, che non si può permettere un avvocatone, in galera per omicidio in concorso (ma non si sa con chi).
Il ricco biondino, assistito dall'avvocatessa Bongiorno (la stessa di Andreotti), assolto.
L'americana assolta, altrimenti Hillary Clinton s'incazzava (comunque è così carina che l'avrei assolta anche io). E poi non potevamo certo togliere all'America lo sfizio di giustiziarla tra qualche anno.
Chi l'ha uccisa Meredith? Mbò? Forse gli psycofolletti della Perugina una notte in cui il cioccolattino era stato tagliato male. Può essere.
Bella figura di merda, ma non credo che l'influenza degli USA c'entri qualcosa.

A proposito di avvocati, ho letto una cosa che mi ha sconvolto. Ve ne rendo partecipi:
In Italia c'è un termitaio di avvocati (230 mila contro i 20 mila del Giappone che ha il doppio della popolazione italiana: ha più avvocati la città di Roma che l'intera Francia).
Come? Perchè? Che significa? Che incidenza ha sulla società italiana? Chi avesse delle risposte da offrire, si faccia pure avanti. Mi sembra una cosa davvero seria su cui riflettere.

Berlusconi fa schifo, ok. La Lega fa schifo, ok. Ma il marcio sta pure a sinistra.
Non dico niente di nuovo affermando che i primi alleati di Silvio sono D'Alema & c.
Se il problema fosse solo il mafioso di Arcore, saremmo quasi a cavallo. Il vero dramma è che non c'è opposizione. Sono tutti egualmente delle merde.
Vi do qualche dato che ho preso da un articolo di Marco Travaglio.
Sono 5098 le volte in cui la maggioranza sarebbe andata sotto in questi primi tre anni di legislatura, se non fosse stata salvata dalle assenze dell'opposizione.
Il 35% delle leggi e dei provvedimenti targati centrodestra non sarebbero mai passati senza la decisiva collaborazione dei disertori del Pd, dell'Udc, dell'Idv e di Fli.
Tra i recordman dell'assenteismo ci sono Bersani, D'Alema, Veltroni, Franceschini, Livia Turco, Emma Bonino, Fioroni.
Ne riparleremo, per ora basta così.

Che vadano tutti affanculo.

lunedì 3 ottobre 2011

Federico, dicci qualcosa sulle donne e sul matrimonio...


La donna perfetta. La donna perfetta è un tipo umano più alto dell'uomo perfetto; anche qualcosa di molto più raro. La zoologia offre un mezzo per rendere verosimile questa proposizione.

Derivata dalla madre. Ognuno porta in sè un'immagine della donna derivata dalla madre: da essa ognuno viene determinato a rispettare o a disprezzare le donne in genere, o a essere generalmente indifferente verso di loro.

Una malattia da uomini. Contro la malattia maschile del disprezzo di sè giova nel modo più sicuro l'essere amati da una donna intelligente.

Differenti sospiri. Alcuni mariti hanno sospirato sul rapimento delle loro mogli; la maggior parte nel fatto che nessuno gliele abbia volute rapire.

Amicizia femminile. Le donne possono stringere benissimo amicizia con un uomo; ma per poterla conservare - a tal fine deve ben aiutare una piccola antipatia fisica.

Un elemento dell'amore. In ogni specie di amore femminile viene in luce anche qualcosa dell'amore materno.

L'unità di luogo e il dramma. Se i coniugi non vivessero insieme, i buoni matrimoni sarebbero più frequenti.

Non c'è stasi nell'amore. Un musicista che ami il tempo lento, sonerà le stesse composizioni sempre più lentamente. Così in nessun amore v'è stasi.

Pudore. Con la bellezza delle donne cresce in genere il loro pudore.

Matrimonio di buona durata. Un matrimonio in cui ciascuno dei coniugi vuol raggiungere tramite l'altro uno scopo individuale, si tiene bene insieme, come per esempio quando la moglie vuol diventare celebre per mezzo del marito e il marito popolare per mezzo della moglie.

Amare e possedere. Le donne amano per lo più un uomo importante in modo da volerlo avere tutto per sè. Volentieri lo metterebbero in clausura se la loro vanità non le dissuadesse: questa vuole che egli appaia importante anche di fronte agli altri.

Il matrimonio come lungo dialogo
. In procinto di contrarre un matrimonio bisogna porsi la domanda: credi tu di poter conversare fino alla vecchiaia con questa donna? Ogni altra cosa nel matrimonio è transitoria, mentre la maggior parte del tempo della vita comune è presa dalla conversazione.

Le donne nell'odio. Nello stato di odio le donne sono più pericolose degli uomini; innanzitutto perchè esse, una volta che il loro sentimento ostile sia suscitato, non sono trattenute da nessun riguardo di equità e lasciano invece crescere indisturbato il loro odio fino alle ultime conseguenze; poi perchè sono esercitate a trovare punti deboli (che ogni uomo, ogni partito ha) e a colpire in essi: nella qual cosa il loro intelletto, affilato come un pugnale, rende loro eccellenti servigi (mentre gli uomini alla vista delle ferite si trattengono e divengono spesso magnanimi e concilianti).

domenica 2 ottobre 2011

La femmina e l'esperto di musica


Ieri sera mi andava di scherzare e quindi mi son divertito a fare il critico musicale, l'intellettuale delle sette note con una tipa. Del resto quando incontro una stronzetta che non è degna di essere mia amica e non è possibile manco instaurare un raporto fisico che altro si può fare se non percularla? Ormai è lì, alla festa, e non potendo cacciarla o sopprimerla bevo tanto alcol e do libero sfogo allo spirito rabelaisiano che è in me tanto presente.
Volete provare anche voi? Volete ghignare vedendo come a un certo punto la ragazza, prima di svenire, segua il vostro discorso a bocca aperta?
Innanzitutto dovete usare paroloni, termini stranieri e concetti artistici così articolati che manco a decrittarli per due secoli si capirebbe qualcosa.
Dovete parlare di gruppi e di musicisti quanto più sconosciuti possibile (senza inventarli però, altrimenti rischiereste di fare la figura dei cazzari) e, tocco di classe, lanciarsi in un peana di un musicista degli anni 60/70 poco noto al grande pubblico che dichiarerete essere il vostro nume tutelare per quanto riguarda la musica.
Ok, questa è la teoria, ma siccome la teoria da sola non serve a niente vi posto un discorso che potrete tenere come facsimile.
Come consiglio preliminare vi dico di evitare di citare Battiato e il verso
Non sopporto i cori russi la musica finto rock la new wave italiana il free jazz punk inglese. Neanche la nera africana
della canzone Centro di gravità permanente. Non funziona.
Partite subito forte, mostrando come da soli vi siate costruiti la vostra cultura musicale e affinato il gusto in fatto di musica e musicisti.

A un certo punto pensai che la musica era una cosa troppo importante per me e così decisi di farmi una cultura musicale personale. Ho cominciato con il post rock, con canzoni che ricordano l'apice del jazzcore, con gruppi come Saccharine Trust, Universal Congress, the Ex; con pezzi di free-jazz e funk spruzzati in un contorto mix alla maniera di Captain Beefheart e Contortions e con musicisti quali il sassofonista Ken Vandermark , il trombonista Jeb Bishop e il violoncellista Fred Lomberg-Holm.
Ho sempre ascoltato musica che fosse come un tour de force di brutale e destrutturata musica strumentale che raggiunga il raro equilibrio fra l'accademico e l'emozionale, che spazia fra il jazz-rock di Canterbury ed il free-noise, facendone derivare un jazzcore cerebrale ed uno psicotico funk rock.
Preferisco un linguaggio musicale che attinga a fonti tanto spericolatamente diverse come il folklore delle fiabe, la pittura astratta di Jackson Pollock, l'associazione libera del surrealismo, le sinfonie di Charles Ives, le filastrocche dell'infanzia, van Gogh, il free-jazz, la musica dei commercial, il tutto contaminato dal blues del Delta, quello più ruvido e primitivo, come fondamenta e impalcatura dell’edificio artistico.
Il mio dio musicale, il mio Dioniso è Don Van Vliet un cantante, musicista e pittore statunitense, celebre con lo pseudonimo Captain Beefheart che fu tra i precursori e maggiori esponenti del rock sperimentale d'oltre oceano. Van Vliet che ha compiuto una prodigiosa operazione di abuso fisico e psicologico e psichedelico attingendo alle fonti più disparate e in particolare al blues, ottenendo l'equivalente musicale di una spaventosa deformazione visiva, una sorta di esagerazione demenziale dei dogmi artistici di surrealismo, dadaismo e cubismo.
Quella folle deformazione, quel "warping" spaziotemporale, quella prospettiva apocalittica e blasfema, Van Vliet ha fatto soprattutto leva sulla mostruosa apertura vocale che, come cantante, gli consente di impersonare personalità sempre diverse ed estreme (in un sublime atto di schizofrenia), anche all'interno dello stesso brano, e di visitare depressioni psichiche e stati di allucinazione con la delicatezza di un rinoceronte.
Mentre gran parte della musica rock assumeva una qualità "mitologica" che alla fin fine si riduceva a un'operazione sciamanica e taumaturgica nei confronti di una realtà angosciante, Van Vliet procedeva in direzione opposta, accentuando gli squilibri psichici causati da quella realtà, spingendoli all'eccesso della pazzia, cibandosene come un cannibale spirituale. Se il resto della musica rock metteva il cuore nella musica, Van Vliet ci metteva la mente, e non la mente razionale, bensì la mente istintiva e primordiale, la mente dilaniata dalle frustrazioni e dalle contraddizioni della società moderna, la mente del subconscio collettivo che si esprimeva per spasimi, ringhi, ruggiti e ululati, come un animale in gabbia.
Van Vliet stese un ponte ideale fra l'animale che si agita ancora dentro il nostro repertorio genetico e l'uomo sintetico del duemila.
La sua era una forma di iper-realismo innestata sulle ansie e fobie dell'era atomica, un iper-realismo che sfociava in una grottesca rappresentazione pagana di quell'era.
Ha adottato un numero impressionante di soluzioni d'avanguardia, l’acid jazz e, in particolare, lo sperimentalismo free che è il vero ispiratore dell'opera.