lunedì 31 dicembre 2012

Quest'anno niente bilancio del 2012, liberarsi delle zavorre e solo Petrarca a salvare il tutto


No, quest’anno niente bilancio.
L’anno scorso dedicai un post che riassumeva il 2011 bollandolo come anno di merda. Quest’anno no, chissenestrafrega.
Il 2012 si chiude all’insegna del NON ME NE FOTTE PROPRIO UN CAZZO.
L’unica cosa importante è che parto per Bari per passare il capodanno con persone troppo grandi e simpatiche. E questo è eccezionale, segno che il 2013 potrebbe essere un anno propizio.
Poi a me sto 13 nell’anno mi fa simpatia. Son sicuro che sarà un anno pazzo e divertente.
L’unica cosa che vorrei dire, a parte le cazzate ispirate dall’anno nuovo che sta arrivando è questa: ma perché continuo sto rapporto che non porta da nessuna cazzo di parte?
Cioè ma e me che me ne impipa di quello che dici di quello che fai e pitipì e pitipà? Bò, va avanti con inerzia, per pigrizia, magari finirà tutto molto presto. Io mi faccio la mia schifo di vita, tu la tua che cazzo c’entriamo l’uno con l’altra?
Cioè che vuoi dimostrare? Niente. E bè, anch’io non ho niente da dire e da dimostrare.
Dice eh l’amicizia…l’amicizia? Ma che stracazzo me ne faccio dell’amicizia tua?
Non siamo amici, ma manco per il cazzo. Non m’interessa proprio. Tienitela pure. Io non ho bisogno di sentirmi normale perché coltivo rapporti interpersonali maturi e proficui con persone dell’altro sesso.
Ok, visto che non posso concludere il post in maniera così squallida mando in loop un Petrarca letto in questi giorni che m’è proprio piaciuto.
Buon capodanno a tutti e divertitevi.

Canzoniere, VII

La gola e ‘l somnno et l’otiose piume
ànno del mondo ogni vertù sbandita,
ond’è dal corso suo quasi smarrita
nostra natura vinta dal costume;

et è sì spento ogni benigno lume
del ciel, per cui s’informa humana vita,
che per cosa mirabile s’addita
chi vòl far d’Elicona nascer fiume.

Qual vaghezza di lauro, qual di mirto?
Povera et nuda vai philosophia,
dice la turba al vil guadagno intesa.

Pochi compagni avrai per l’altra via:
tanto ti prego più, gentile spirto,
non lassar la magnanima tua impresa.

martedì 18 dicembre 2012

Due pensieri dicembrini sui maestri ovvero il passo avanti di Mimmo e il passo indietro di Gorgia


Stasera voglio parlare di un maestro con cui ebbi un fugace incontro un po’ di tempo fa: il centenario Mimmo Repetto.
Ricordo che scrisse quattro pagine e mezza dove elencava tutto ciò che non sopportava, un catalogo immenso dove figuravano i vecchi, le generazioni successive, i giovani, i teppisti, i bambini capricciosi e autoreferenziali, i lavoratori e i disoccupati, i fidanzati, le fidanzate, quelli di ampie vedute, i giocatori di biliardo, i soprannomi, i gatti, i topi, le bevande analcoliche… ecc. ecc. ecc., in pratica in questo catalogo c’erano tutti e tutto.
Alla fine, Mimmo concludeva con un tocco di classe:
Non sopporto niente e nessuno.
Neanche me stesso. Soprattutto me stesso.
Solo una cosa sopporto.
La sfumatura.
Io rimasi incantato e dall’elenco e dal tono. Estasiato da tutto quel rifiutare (compreso se stesso) e dal lasciare come unica superstite la sfumatura.
Anni dopo, però, mi sono accorto che oltre a quello che odia Mimmo, oltre me stesso, io odio anche la sfumatura. Soprattutto la sfumatura.

Passiamo ad Atene e a tre personaggi che sono nati, cresciuti e che hanno “costruito” la società ateniese (ed ellenica): Gorgia, Socrate e Platone.
Gorgia è il sofista, il professorone che parla per ore e ore, parla così tanto che tu dopo un po' non sai più dove vada a parare né che cazzo voglia dire. Hai perso il filo del discorso e quando, alla fine della lezione, vedi tutto il numeroso pubblico applaudire beato e sorridente ti senti male. Quando Gorgia si sposta di città in città, non gli manca mai il codazzo di gente adorante che pende dalle sue labbra.
Socrate è il popolano ironico e intelligente che lo interrompe di continuo con le domande e pretende che il discorso proceda a piccoli passi, senza ammorbare le palle con lunghi discorsi. Vuole capire per bene ciò di cui si parla e non ha paura di porre tutte le domande che la discussione suscita.
Platone è colui che con maestria ed eleganza ci racconta e tramanda il tutto.
Come stanno le cose nella società odierna?
Mi pare di scorgere tantissimi Gorgia più o meno interessanti, ma noto anche la mortifera mancanza dei Socrate e l'assenza quasi totale di un Platone.

lunedì 17 dicembre 2012

La sconosciuta


Dall’esperienza della lettura delle poesie di Aleksandr Blok ho deciso di condividere quella che più ha incatenato la mia anima.
L’incatenamento di una poesia consiste nel fatto che la leggi e la rileggi e la rileggi e la rileggi ancora provando ogni volta lo stesso piacere.
La dedico a tutti gli amici che si sentono nuvole azzurre e che amano i prati di fuoco.

Nelle serate sopra i ristoranti
l’aria infocata è selvatica e sorda,
e governa i clamori degli ubriachi
lo spirito pernicioso della primavera.

Lontano, sulla polvere dei vicoli,
sul tedio delle ville suburbane,
s’indora la ciambella d’un fornaio,
ed echeggia un pianto di bambini.

Ed ogni sera, dietro le barriere,
con il tubino sulle ventitré,
passeggiano tra i borri con le dame
esperti bontemponi.

Sopra il lago scricchiano gli scalmi,
ed echeggia uno strillo femminile,
mentre, abituato ad ogni cosa, in cielo
stupidamente il disco si corruga.

Ed ogni sera l’unico mio amico
si riverbera nel mio bicchiere
e dall’acerbo e misterioso liquido
è, come me, sottomesso e stordito,

mentre daccanto, ai tavoli vicini
sonnacchiosi lacchè stanno impalati,
e gli ubriachi dagli occhi di conigli
si affannano a gridare “In vino veritas!”.

Ed ogni sera, all’ora stabilita
(oppure è questo solamente un sogno?),
una fanciulla inguainata di seta
nella finestra nebbiosa si muove.

Lentamente, passando fra gli ubriachi,
sempre senza compagni, sempre sola,
esalando caligine e profumi,
si va a sedere presso la finestra.

Ed effondono antiche credenze
le sue elastiche vesti di seta,
e il cappello con piume di lutto,
e la stretta mano inanellata.

Avvinto dalla vicinanza strana,
guardo di là dalla scura veletta,
e vedo una riva incantata
ed un’incantata lontananza.

Cupi arcani mi sono confidati,
un estraneo sole mi è commesso,
ed il vino acerbo ha penetrato
tutti i meandri dell’anima mia.

E le piume di struzzo inclinate
vacillano nel mio cervello,
e gli occhi azzurri senza fondo
fioriscono su una riva lontana.

Nella mia anima giace un tesoro,
la cui chiave è affidata solo a me!
Hai tutte le ragioni, mostro ubriaco!
Lo so bene: la verità è nel vino.

venerdì 14 dicembre 2012

Manifesto del futurismo


Sto leggendo il piccolo volume della collana Le domande della filosofia dedicato alla Violenza (La violenza è inevitabile?) e nell'apparato antologico che completa il libriccino c'è, tra gli altri, il Manifesto del futurismo di Marinetti.
Marinetti m'interessa, così come m'interessa il futurismo, ed è il motivo per cui lo pubblico nel blog.
Il tono è improntato all'esaltazione della violenza, della tecnologia, della guerra (definita la sola igiene del mondo), della velocità e dell'opera plasmatrice e dominatrice dell'uomo.
C'è, però, un punto oscuro che non riesco a derubricare come provocazione o come mero fatto estetico da studiare. Al punto 9 Marinetti, dopo aver celebrato le belle idee per cui si muore, scrive "disprezzo della donna".
Perché? Perché il fondatore del futurismo ha scritto una cosa simile? Uno potrebbe rispondermi che vabbè, ha scritto tante cazzate in questo manifesto, una più una meno, che cambia.
Sì, forse è vero, ma voglio cercare una risposta un po' più articolata. Cioè capisco che gli stessero sulle palle le femministe (come scrive al punto 10) perché quelle stanno sulle palle pure a me, ma scrivere "disprezzo della donna" è una cosa molto diversa.
Nel frattempo che cerco una risposta erudita e completa a questo quesito, godetevi il Manifesto del futurismo.

1. Noi vogliamo cantare l’amore del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerarietà.

2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.

4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello dalla Vittoria di Samotracia.

5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.

7. Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.

8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.

9. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.

11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e di cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

È dall’Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari. Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.

(F.T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, in “Le Figaro”, 20 febbraio 1909)

giovedì 13 dicembre 2012

Amélie Nothomb e gli organi che deve possedere uno scrittore


Partiamo dal presupposto che non basta avere una buona penna per essere scrittori.
Cosa ci vuole, allora? Vediamo.
Innanzitutto ci vogliono i coglioni. E i coglioni di cui parlo non c’entrano col sesso. La prova è che anche certe scrittrici li hanno. Patricia Highsmith, per esempio.
I coglioni sono l’organo più importante dello scrittore. Senza coglioni, uno scrittore mette la sua penna al servizio della malafede. Per fare un esempio, prendiamo uno scrittore che abbia una buona penna, forniamogli di che scrivere. Se ha dei bei coglioni, ne verrà fuori Morte a credito. Senza coglioni, ne verrà fuori La nausea.
Volendo dare una schematica semplificazione possiamo dire che i coglioni sono la capacità di resistenza di un individuo alla malafede ambientale.
Come dire che quasi nessuno ha quel genere di coglioni. Quanto al numero di persone che hanno una buona penna e insieme quel tipo di coglioni, è infinitesimale. Per questo ci sono così pochi scrittori al mondo.
Oltre ai coglioni, allo scrittore serve un cazzo.
Il cazzo è la capacità di creazione. Rare sono le persone capaci di creare davvero. La maggior parte si accontenta di copiare i predecessori con talento variabile, predecessori che sono molto spesso a loro volta copiatori. Può succedere che una buona penna sia dotata di cazzo ma non di coglioni: Victor Hugo, per esempio. Mentre Céline aveva tutto: penna di genio, grossi coglioni, grosso cazzo e il resto.
Uno scrittore deve avere anche le labbra. Labbra che servono a chiudere la bocca. Le labbra hanno due ruoli. In primo luogo, fanno della parola un atto sensuale. Avete mai pensato a cosa sarebbe la parola senza le labbra? Sarebbe qualcosa di orribilmente freddo, di un’aridità senza sfumature, come i discorsi di un ufficiale giudiziario. Ma il secondo ruolo è ancora più importante: le labbra servono a chiudere la bocca su quanto non deve essere detto. Anche la mano ha le sue labbra, che impediscono di scrivere ciò che non si deve. È assolutamente indispensabile. Scrittori pieni di talento, di coglioni e di cazzo hanno guastato la loro opera per aver detto cose che non dovevano dire.
Bisogna chiarire che non si tratta di autocensura. Le cose da non dire non sono necessariamente le cose sporche, al contrario. Bisogna sempre raccontare le sporcizie che uno ha dentro: è sano, è allegro, è tonico. No, le cose da non dire sono di un altro ordine.
Ad uno scrittore occorrono anche l’orecchio e la mano.
L’orecchio è la cassa di risonanza delle labbra. È l’urlatoio interiore. Flaubert andava molto fiero del suo urlatoio, ma pensava davvero di essere creduto? Lo sapeva bene che è inutile urlare le parole: le parole urlano da sole. Basta ascoltarle dentro di sé.
La mano è per godere. È terribilmente importante. Se uno scrittore non gode, allora deve smettere subito. Scrivere senza godere è immorale. La scrittura porta in sé tutti i germi dell’immoralità. L’unica scusa dello scrittore è il suo godimento. Uno scrittore che non goda sarebbe indecente quanto uno stronzo che stuprasse una ragazza senza neanche godere, che stuprasse per stuprare, per fare un male gratuito.

martedì 11 dicembre 2012

La demoniaca ossessione di Vrubel'


Michail Aleksandrovic Vrubel’ esercitò un forte influsso sul poeta Aleksandr Blok e su altri simbolisti russi.
Bramoso di immagini mitiche e leggendarie da contrapporre al grigiore della realtà russa, sin dalla giovinezza Vrubel’ s’era invaghito del personaggio d’un poema di Lermontov, il Demone, e tutta la vita si tormentò a ritrarne l’effige in una serie di tele, acquerelli, bozzetti, con insistenza ossessiva. Questa ricerca affannosa ebbe culmine in due grandi quadri che affascinarono la fantasia dei simbolisti: Il Demone seduto del 1890, in cui il titano ribelle (estrema variante di eroi byroniani), corroso da una indomabile angoscia, affisa con occhi lucenti lo spazio, stagliandosi su uno scenario di rocce simili a gemme e di fiori fantastici, che compongono come un mosaico, e Il Demone precipitato del 1902, in cui giace scontorto ed arcigno fra le piume smaglianti delle ali schiantate e con un’ala confitta in un ghiacciaio, sullo sfondo dei picchi nevosi del Caucaso, immersi in un crepuscolo lilla. Vrubel’ espose questo quadro alla mostra del gruppo “Il mondo dell’arte”. Ma, perseguitato dalla parvenza del Demone, tornava a ritoccarla ogni giorno con crescente insoddisfazione, sempre più deformandone il corpo malconcio e il volto livido di rancore.
La sua ragione cominciò a ottenebrarsi.
Trascorse gli ultimi anni, cieco e demente, in un ospedale psichiatrico. La morte di Vrubel’, il 1° aprile 1910, fu per i simbolisti un oscuro indizio di rovina. Come la loro poesia, la creazione di questo pittore, tramata anch’essa di emblemi, di enigmi, di miti e visioni spettrali, esprimeva con allucinato fervore i dubbi, la ambasce, la torbida trepidezza dell’epoca.
Incantati dall’arte di Vrubel’, che sembra innestare l’austerità bizantina con gli ornamenti floreali dello “Jugendstil”, essi trasferirono nei propri versi, non solo il tema del Demone (che riappare d’altronde persino in Pasternak), ma anche la gelida gamma dei suoi colori, dominata dai toni violacei.

lunedì 10 dicembre 2012

Le cose che non ricordo mai


Non ricordo mai se i Promessi sposi sono una rottura di coglioni o se sono una rottura di coglioni tutti ‘sti sposi promessi.
Non ricordo mai se la sega è un modo per evitare i fastidi del sesso o se il sesso sia solo una fastidiosa sega a due.
Non ricordo mai se Gesù Cristo è stato crocifisso o se crocifissa è stata tutta l’umanità.
Non ricordo mai se sei stata una rompicoglioni e ora sei un’amica o se non sei un’amica ma solo una rompicoglioni.
Non ricordo mai se la Storia è maestra di vita o se i maestri di vita non servono a un cazzo.
Non ricordo mai se l’uomo è un re quando sogna e un mendicante quando pensa o se l’uomo è uno stronzo quando si pensa e non sogna.
Non ricordo mai se il cavallo ha paura della sua ombra o se la psicoanalisi è una truffa.
Non ricordo mai se non credevi nell’amore e negli uomini o se scopavi col primo che capitava.
Non ricordo mai se il lavoro nobilita l’uomo o se la vaselina è il prodotto più venduto al mondo.
Non ricordo mai se l’uomo è nato libero e ovunque è in catene o se le catene sono ovunque tranne che per i ricchi.
Non ricordo mai se il tramonto è qualcosa di romantico o se qualcosa di romantico tramonta presto.
Non ricordo mai se bisognerebbe cominciare ogni giornata leggendo poesie o se leggendo poesie si fa subito sera.
Non ricordo mai se mi piace viaggiare o se Fuga da Alcatraz mi ha bruciato il cervello.
Non ricordo mai se parlare con te mi fa stare bene o se sto bene perché hai smesso di parlarmi.
Non ricordo mai se mi piacciono le rivoluzioni e quindi sono un rivoluzionario o se sono un rivoluzionario perché non faccio un cazzo.
Non ricordo mai se predico bene e razzolo male o se razzolo male senza rompere i coglioni agli altri con le prediche.
Non ricordo mai se ho smesso di sognare o sognavo che finalmente avevo smesso.
Non ricordo mai se sei una cretina o se non ti piace Amici miei.
Non ricordo mai se l’amore è una cosa meravigliosa o se la solitudine è un fardello troppo pesante.
Non ricordo mai se la Rivoluzione francese è stata un grande evento o se abbiamo sostituito una casta odiosa con una casta davvero di merda.
Non ricordo mai se volevo diventare buddista per raggiungere il nirvana o se il culo della buddista era un qualcosa da raggiungere.
Non ricordo mai se sei una persona inutile o se è inutile avere a che fare con le persone.
Non ricordo mai se bisogna fare tanti soldi o se siete già morti e non ve ne siete accorti.
Non ricordo mai se il comunismo è fallito o se l’uomo quando inventò il primo utensile pensò a venderlo.
Non ricordo mai se sei del segno dei pesci ascendente cancro o semplicemente una zoccola.
Non ricordo mai se mi piace leggere Dostoevskij o se sia umanamente impossibile ubriacarsi tutti i giorni.
Non ricordo mai se eri una sognatrice, un’artista e una donna intelligente o se volevi solo sapere che lavoro facevo e che stipendio portavo a casa.
Non ricordo mai se capivi le mie parole, comprendevi i miei discorsi, condividevi la mia visione della vita e ti piaceva la mia ironia o se t’intrattenevo cinque minuti sulla panchina mentre aspettavi il tipo col suv.
Non ricordo mai se voi avete ragione e io torto o se voi siete nel giusto ma io me ne strafotto.
Non ricordo mai se è stato bello incontrarti o se con quei soldi mi potevo comprare un giaccone della madonna.
Non ricordo mai se eravamo insieme e tutto il resto del tempo l'ho scordato o se ho scordato solo il tempo che eravamo insieme.
Non ricordo mai se prima di fucilarti ti chiedono di esprimere l’ultimo desiderio o se il desiderio è proprio quello di essere fucilato.
Non ricordo mai se l’uomo è un figlio ribelle della Natura o se la Natura è una figlia di puttana contro cui è inutile ribellarsi.
Non ricordo mai se a volte ho una gran voglia di paternità o se il centro assistenza tarda a riparare la mia Playstation 3.
Non ricordo mai se voglio imparare la meditazione per scoprire un nuovo me stesso e rinnovare il mio sguardo sul mondo o se per mandarvi tutti affanculo non ho abbastanza soldi.

domenica 9 dicembre 2012

Non posseggo opere di Galimberti, non seguo Galimberti, ma oggi elogio Galimberti


Non ho libri di Umberto Galimberti, non mi sono mai occupato molto di lui ma ora questo non interessa.
Intendo invece parlare di una risposta data ieri da Galimberti a un lettore nella rubrica che il Nostro tiene sull’inserto di Repubblica, D. Ne parlo sempre con lo spirito di diffondere il più possibile la bellezza e la qualità che mi capita di trovare in giro.
A un lettore che ragionava sull’origine, lo sviluppo e l’evoluzione della mafia in Italia e che si chiedeva se fosse presente e potente al Nord come lo è (notoriamente) al Sud, Galimberti risponde con parole davvero belle e importanti concludendo, poi, con una riflessione su Roberto Saviano che ancora è attaccato da troppi figli di puttana ignoranti.
“Non so che importanza abbia stabilire se oggi c’è più mafia al Sud o al Nord”, scrive Galimberti.
“A mio parere la mafia è solo la punta dell’iceberg di una cultura tutta italiana, dove la struttura della parentela ancora prevale su quella della cittadinanza. Se per trovare un lavoro è necessaria una raccomandazione, se per un avanzamento in carriera bisogna dare qualcosa in cambio, magari anche solo la sottomissione e l’acquiescenza, se per vincere un concorso universitario o un primariato in un ospedale occorre avere un padrino, se un politico che vince le elezioni comunali, provinciali, regionali, sceglie gli uomini a cui affidare gli incarichi in base alla loro appartenenza, se la meritocrazia in Italia è una parola vuota, per cui i migliori sono costretti ad andare all’estero, se questo è il tessuto sociale di noi italiani, la mafia è tanto al Sud quanto al Nord, e pensare di estirparla senza aver prima modificato questo tessuto sociale che ci caratterizza è un’impresa impossibile.
La parola “famiglia”, come suole chiamarsi l’associazione mafiosa, riproduce esattamente quella struttura della parentela dove si privilegiano i figli, i nipoti e i conoscenti ai meritevoli. E così il Paese degrada non solo perché la mafia in senso proprio crea un’economia illegale e violenta che fa concorrenza a quella legale, ma perché, e forse soprattutto, non sono le persone più meritevoli e capaci quelle che ricoprono posizioni di potere, ma amici, parenti e conoscenti.”
Ben detto, mi pare un’analisi molto lucida al di là delle minchiate a sfondo razzista e ignoranti che leggo di solito. Concludo con le parole su Saviano.
“A proposito di Roberto Saviano si possono fare tutte le puntualizzazioni che si ritengono opportune, ma la cosa più importante è chiedersi se dobbiamo considerare “civile” un Paese che costringe un giovane scrittore a vivere segregato e scortato e quindi privato della sua libertà. E poi ci scandalizziamo se i musulmani hanno emesso una fatwa che prevede la condanna a morte del romanziere Salman Rushdie. La condizione di Saviano non è molto differente e questo va ricordato a quanti storcono il naso quando sentono i suoi discorsi. Così facendo concorrono a diradare il consenso intorno alla sua figura, che è poi la condizione più favorevole perché la mafia possa mandare a segno i suoi propositi.”

sabato 8 dicembre 2012

Nicla Vassallo ovvero scrivere cazzate su anobii

(sticazzi se metto una foto di Nicla Vassallo; meglio questa)

Su Venerdì di Repubblica di ieri c’è un articolo di Nicla Vassallo dedicato al sito di libri e lettori anobii.
È talmente pieno di scemenze, inesattezze, presunzione, snobismo e saccenteria che non so da dove cominciare.
Forse è una buona idea cominciare dall’inizio.
Già l’incipit dedicato ad una cosa che diceva la sua bisnonna altera, progressista e ottocentesca non lascia presagire nulla di buono: “Dei libri che leggerai, dovrai conservarne grande parte nella biblioteca privata, da non sfoggiare agli ospiti. Per evitare loro ogni imbarazzo”.
Eh? Sfoggiare? Che c’entra sfoggiare? io i libri penso solo a sistemarli come meglio posso, a spolverarli e a prendermene cura. Poi i posti quelli sono. Chi viene a casa mia se li vede: bene, se gli interessa commentare qualche libro o sfogliarlo per me va bene. Va pure bene se non gliene frega un cazzo a nessuno dei miei libri. Perché dovrei nasconderne qualcuno? E quali dovrei nascondere? E se poi nascondo un libro che poteva far nascere una bella discussione o stimolare la curiosità dell’ospite? Diciamolo, è un’idea che non sta né in cielo né in terra.
Di seguito Nicla ci tiene a far sapere che è assente dai social network. Non è presente né su Facebook né su Twitter. E allora? C’è ancora chi crede che stare sui social network sia da bimbominchia e, invece, il non starci sia sinonimo di intelligenza? Chi sta sui social network non è per forza un ritardato e chi non ci sta non vuol dire che sia un fine intellettuale. Dai, su, alziamo un po’ il livello della discussione per favore. Siamo nel terzo millennio, eh.
Poi Nicla fa notare che La Repubblica di Platone su anobii riceve un 3 su 5. Sì, ed è “normale”.
Un testo come La Repubblica di Platone non è fatto per essere né popolare né “ben voluto”. Da sempre la vera filosofia è così. La filosofia è spesso complessa e prende spesso posizioni impopolari, astruse al grande pubblico. Platone non è mica Kinsella, professoressa Vassallo.
Quando una filosofia diventa popolare, di moda, è sempre una cazzata. Almeno questa è la mia esperienza.
“Incerta la competenza degli Anobianii”, scrive Nicla. Incerta è una parola errata. Gli Anobianii sono lettori e quindi di sicuro parlando di libri, parlano di una cosa che conoscono bene o almeno sufficientemente bene. Ma poi scusate, dove e in che modo si prende questa certificazione di competenza? C’è qualche scuola che rilascia un certificato di “lettore competente”?
La competenza degli Anobianii è quella media che ci vuole per parlare di libri, ovvero diploma, laurea e grande esperienza in fatto di libri. E amore per la lettura, soprattutto.
O forse possono commentare i libri solo i professori universitari? Forse solo i professoroni hanno il diritto di esprimersi sui libri? E la libertà di espressione dove la mettiamo?
“Si narra che gli Anobianii si calino nel ruolo del bellimbusto letterario e “cucchino” esibendo numero di volumi: volumi letti, volumi non ancora iniziati, volumi in lettura, volumi in consultazione… Si classificano in maschi e femmine, dichiarando età e luogo di residenza: coordinate minimali, utili per rimorchiare nel mondo reale?”
Ma chi la narra ‘sta cazzata? Ma chi lo dice che chi sta su anobii lo fa per rimorchiare? È possibile che succeda e che ci sarebbe di male? E siamo sicuri che non siano semplicemente una minoranza?
Non mi pare un discorso né intelligente né, soprattutto, fondato su basi valide.
Ci sono, è vero, alcuni utenti che giocano a fare i superman della recensione e fanno i buffoni, ma sono sempre una minoranza. In generale, il servizio reso dagli Anobianii al mondo dei libri e della lettura è davvero molto buono.
Ho l’impressione che la Vassallo rimpianga i bei tempi dove di libri si parlava solo nei salotti dei borghesi radical chic. Forse le dà fastidio il fatto che grazie a internet la cultura possa diventare davvero popolare e non solo appannaggio dei cattedratici e dei loro lacchè.
Forse alla Vassallo dà fastidio che su anobii non se la fili nessuno, chi può dirlo?
Anobii è un bel sito. Dà la possibilità di scoprire tanti libri, di leggere magnifiche recensioni e perché no? anche di divertirsi e cazzeggiare.
Io devo ad Anobii la scoperta di libri che forse mai avrei conosciuto da solo: La scheggia di Zazubrin, Appunti di un guardiano notturno di Zinov’ev e molti moltissimi altri ancora.
Ho avuto, altresì, l’occasione di conoscere virtualmente molti lettori appassionati che mi hanno regalato emozioni e utili informazioni parlandomi della cosa che amiamo di più al mondo: i libri.
Torni nel suo mummifico mondo universitario, cara Vassallo, noi stiamo benissimo senza di lei.

venerdì 7 dicembre 2012

Mi piace entrare dal tabaccaio squillando un gioioso Buongiorno al cazz

E non finisce qui diceva un noto presentatore tv. E aveva ragione, purtroppo la merda che presentava durava ancora molte ore. E noi lì, ipnotizzati, incolpevoli, costretti dalle circostanze e dalla morte al gusto dei genitori.
Ho cominciato tre frasi con la congiunzione E, non si fa; è scorretto. Ma che volete, noi napoletani cominciamo spesso le frasi con la congiunzione. Congiungiamo le frasi come fossero la continuazione di discorsi sparsi al vento tra il mare e...e poi non mi ricordo più. Ricordo solo che la e è come un nodo che i pescatori fanno alle funi.
Domani smetto di fumare. Anzi, no.
Domani vado a correre. Anzi, no.
Domani mi cerco un lavoro. Anzi, no.
Questo è lo stile di Proust. Una sega continua un biscotto pucciato fatto cadere mamma puttana.
Starò lontano da Proust il più a lungo possibile, ma poi lo leggerò.
Io non sono come la maggioranza che ama le cazzate piccole e quotidiane, purché non siano impegnative. Io la cazzata la voglio insormontabile e tragica.
Oggi mi è capitato di pensare agli abbracci. Cioè di pensare all'abbraccio dal punto di vista teoretico perché in realtà l'abbraccio è bello e raro, se ti capita abbracci come ti viene non è che ti fermi a pensare e a considerare.
Nella rappresentazione grafica dell'abbraccio spesso si vede un solo volto. Non va bene. Spesso si vede lui che sormonta lei, mancanza di equilibrio. Non va bene.
Spesso c'è prevaricazione da parte di uno sull'altro, o si vede qualcuno che si abbandona mentre l'altro resta più razionale. Non va bene. Spesso vengono usati colori caldi...il color oro...che orrore. Per l'abbraccio ci vogliono colori di una lieta mestizia.
L'abbraccio dovrebbe essere fusione? No.
L'abbraccio dovrebbe essere incastro perfetto? No.
L'abbraccio dovrebbe essere intreccio? Forse sì.
Ho trovato una lunga frase su un vecchio block notes che mi sembra senza senso e non c'è scritto da dov'è presa. Non mi pare di averla scritta io. Purtroppo ora non trovo il block notes.
La donna è un fastidio necessario. Sicuro? No. Ma sei insicuro sul fastidio o sul necessario? Che ne so, però l'ho scampata bella amico mio.
Poi volevo fare una domanda a Lei: senta, Lei, ma se dicessi il cinema è merda non direi una cazzata? Secondo me sì. Perché se penso al cinepattone, il cinema è merda, ma se penso a Kubrick il cinema è arte. Ergo, bisogna sempre specificare, indicare luoghi e persone. Fare una mappa dettagliata e non una mappina di scemenze.
Lo so che Lei ha un pubblico che non pone domande che è lì unicamente per mostrare i meriti della pasta del Capitano e a imitare gli oranghi festosi, ma a tutto c'è un limite.
Concludo con un consiglio per i più giovani:

mercoledì 5 dicembre 2012

Tutta la roba che NON trovate in questo blog. Ripeto: NON la trovate, NON c'è.


Di seguito un breve elenco di quello che NON trovate in questo blog.
Ci siamo capiti? Sta roba che scrivo NON la trovate in questo blog.

La donna con la figa sprofondata
Scopate nel culo
Lesbiche porche
Video porno amatoriali a montale
Politici porno italiani
Wagner era superdotato?
Mi fanno schifo le lesbiche ma ho baciato la mia amica
Film hard super dotato monta le e anchrlui
Belle tette di donne zingare
Si fa mettere il pearcing alla figa
Ragazzi con pene fuori
Fantastiche lesbiche che si slinguano
Voglio baciare due ragazze sono lesbica?
Picasso porno
Uomini scopano bestie
I gay penetrati hanno gli istinti di cagare
Pisello nel culo fa troppo male
Il cazzo nel culo della femmina fa bene o no?
Donna scopata da fallo meccanico telecomandato
Dipingere con il membro
Fottere facendo il sessantanove
Vorrei sapere se ci sono video porno di ragazze lesbiche gratuiti
Video porno lesbico furioso
Chupate di minchia
Video di ragazze che mangiano cacca e poi si baciano
Pene secco

lunedì 3 dicembre 2012

Non siamo nè carne nè pesce. E che siamo? cetrioli del cazzo?


Situazione precedente: novità, brivido, curiosità, piacevolezze.

Situazione attuale: minestra riscaldata, solita solfa, nessun futuro, inutilità.

Consiglio della nonna: chiudere la porta agli zombie non serve, devi sparargli in testa.

Domanda alla nonna: e se lo zombie sei tu?

Esito: la nonna muore prima di poter rispondere.

Io penso: al cesso non si legge. chi legge al cesso si redima e si vergogni. al cesso ci si porta solo roba tipo la settimana enigmistica.

Quando uno non è prete, ovvero: è stupido non credere a quello che hai visto almeno una volta. se lo hai visto almeno una volta esiste.

Quando uno è prete: crede a dio ma non a babbo natale.

La quadriglia del filosofo: realista e pessimista vanno a braccetto così come vanno a braccetto sognatore e illuso.

Orrore in galleria: ho visto gente di una certa età, laureata, di una certa condizione economica e intellettuale, parlare della vittoria di Bersani come fosse una partita di calcio. Ho pensato: che infantilità e che miseria mentale.

Fiamme: scusa, ma che cazzo abbandoni a fare la chiesa e fai la tipa emancipata ed evoluta se poi entri nel PD e sei più oscurantista, demente e cacacazzo dei cattolici?

Peto della sera: il papa sbarca su twitter.

Chiudiamo con l'angolo Terzo Mondo: ma figurati se quel povero senegalese poteva mai dire una cosa che non fosse una stronzata.

Ciao e l'ultimo paghi da bere. A me.

domenica 2 dicembre 2012

Battiato, un irresistibile richiamo


Battiato ci ha preso un’altra volta, cazzo.
Ieri sera ho ascoltato la canzone Un irresistibile richiamo tratta dal suo ultimo album Apriti Sesamo. E sono dieci ore che l’ascolto quasi ininterrottamente.
Leggete qua che versi
Il tuo cuore è come una pietra coperta di muschio,
niente la corrompe.
Il tuo corpo è colonna di fuoco affinché
arda, e faccia ardere.
Un suono di campane
lontano, irresistibile, il richiamo
che invita alla preghiera del tramonto.
Gentile è lo specchio, guardo e vedo
che la mia anima ha un volto.
Comunque sabato su la Repubblica c’era un’intervista a Franco, riporto quello che io ho trovato interessante.
Innanzitutto i libri che il Maestro ha sulla scrivania. Li ho segnati sul quaderno sperando di riuscire a prenderli e a leggerli il prima possibile.
Urgyen Tulku, Dipinti d’arcobaleno – L’essenza del tantra
Lu-Tzu, Il mistero del fiore d’oro (definito nell’articolo “la bibbia del taoismo operativo”)
Dzogchen Ponlop, La mente oltre la morte
Willigis Jager, L’essenza della vita
Cominciamo con una definizione dell’arte e della musica.
“L’arte è cosa sublime. Non possiamo considerare la musica come una colonna sonora per amori spezzati. Un artista che si documenta e legge non fa altro che condividere le sue conoscenze. La musica è una lingua in codice che ha il potere di trasportarti in mondi che non hai mai conosciuto”.
Passiamo ora all’amore e all’innamoramento.
La prima goccia bianca che spavento
E che piacere strano
E un innamoramento senza senso
Per legge naturale a quell’età.
“Lei mi faceva tremare le gambe. Fu bello, perché finì lì. Un altro anno di quei tremblement mi avrebbero ucciso. So cosa vuol dire, ho provato quell’ebbrezza. Ma ora stiamo parlando dell’amore cosciente, quello che arriva dopo. Mai accettata l’idea dell’innamoramento come perpetuazione del malessere, quando nella coppia scattano i sadismi… È umiliante. No, no, da qui non passa”.
“La passione è una malattia, una zavorra che ci trascina verso il basso. Di amori veramente riusciti, a esser generosi, ce n’è uno su un miliardo. La cronaca ci parla quotidianamente di coglioni che credono di essere i proprietari dei genitali dell’altro. Non è questo che genera il femminicidio cui stiamo assistendo? Quanti uomini uccidono perché si sentono rifiutati? Vogliamo chiamarlo amore? Quell’uno su un miliardo si verifica quando due stature di altissimo livello si incontrano; allora non si litiga per un dentifricio, e il calo del desiderio non è la ragione sufficiente per una separazione. C’è un malinteso intorno all’amore e al sesso. Troppi credono che sia un sentimento che esplode in una forte tensione sessuale e dopo un po’ scema. Ma quella è un’infatuazione, un abbaglio. Anche l’orgasmo è un momento più complesso di una semplice eiaculazione, è la prova generale dell’abbandono del proprio ego”.
Chiudiamo con il ricordo di un momento esistenziale difficile nella vita e nella carriera di Battiato.
“Alla fine degli anni Sessanta mi mandarono al Disco per l’estate, sentii un senso di straniamento: che ci faccio qui? In mezzo alle Lise dagli occhi blu? Così cambiai direzione. Nel ’69 ero a Londra per acquistare un sintetizzatore Vcs3. Cambiai vita, abbracciai l’avanguardia. Non fu così semplice, uscivo da una profonda crisi esistenziale. Mi consigliarono uno psicoanalista. Fu la mia salvezza. Mi spiegò che non era nulla di grave, niente sedute, mi prescrisse dei farmaci. Scendendo le scale dello studio mi dissi: è quello che meriti, cretino, ti sei messo nelle mani di uno che non sa neanche chi sei. Ovviamente non comprai mai quelle pillole. Appallottolai la ricetta e la gettai nella spazzatura. E da selvaggio, in casa, mi distesi sul pavimento. Poco a poco scoprii che potevo indagare l’interiore. Quella sì fu un’esperienza fantastica”.