domenica 29 novembre 2015

Adorno e la brutalità interpersonale

(mio piccolo studio monocromatico all'acquerello)


Minima moralia. Meditazioni sulla vita offesa è un'opera estremamente interessante e ne consiglio vivamente la lettura e (appunto) la meditazione.
Siccome oggi è domenica, ve ne regalo un pezzettino che mi è parecchio piaciuto.

Hume, cercando di difendere contro i suoi compatrioti, tutti rivolti alle cose del mondo, la contemplazione teoretica, la “pura filosofia” (che non ha mai avuto buona fama tra i gentlemen), si servì di questo argomento: “L’esattezza torna sempre di vantaggio alla bellezza, e il retto pensiero alla delicatezza del sentire”.
L’argomento, pur essendo a sua volta pragmatico, contiene implicitamente e negativamente tutta la verità sullo spirito della prassi. Gli ordinamenti pratici della vita, che pretendono di giovare agli uomini, determinano, nell’economia del profitto, l’atrofia di tutto ciò che è umano, e via via che si estendono eliminano sempre più ogni delicatezza.
Poiché la delicatezza tra gli uomini non è che la coscienza della possibilità di rapporti liberi da ogni scopo, che sfiora tuttora - consolante - gli uomini avvinti agli scopi: eredità di antichi privilegi che è la promessa di un mondo senza privilegi. La liquidazione del privilegio ad opera della ratio borghese finisce per liquidare anche questa promessa. Quando il tempo è denaro, sembra morale risparmiare tempo, soprattutto il proprio, e si legittima questa parsimonia col riguardo per l’altro. Non si fanno più cerimonie. Ogni velo che si frappone nel commercio tra gli uomini è avvertito come una perturbazione nel funzionamento della macchina in cui non solo sono oggettivamente incorporati, ma con cui s’identificano con orgoglio. Che, anziché levarsi il cappello, si salutino con l’allò di una familiare indifferenza, o che, invece di lettere, si scambino “inter office communications” senza indirizzo e senza firma, sono sintomi, scelti a caso, di una paralisi del contatto.
Paradossalmente, l’estraneazione si manifesta negli uomini come caduta delle distanze. Poiché solo in quanto non sono sempre a ridosso gli uni agli altri nel ritmo di dare e prendere, discussione ed esecuzione, direzione e funzione, resta sufficiente spazio tra di loro per il tessuto sottile che li collega gli uni agli altri e nella cui esteriorità soltanto si cristallizza l’interiorità. Certi reazionari, come i seguaci di Jung, hanno osservato questo fatto.
“E’ un’abitudine caratteristica delle persone che non sono ancora completamente foggiate alla civiltà, quella di non affrontare direttamente un argomento, e di non nominarlo troppo presto; il colloquio deve dirigersi quasi da sé, a spirali, verso il suo vero oggetto” (G. R. Heyer, in un saggio su “Eranos”).
Oggi, invece, il collegamento più breve fra due persone è, come tra due punti, la retta. Come accade per le pareti delle case che sono gettate in un pezzo solo, il cemento tra gli uomini è sostituito dalla pressione che li tiene insieme. Tutto ciò che si scosta da questo modello, non è più compreso, ed appare, se non come specialità viennese e cortesia da maitre d’hotel, come confidenza infantile e illecito approccio. Nelle due o tre fasi sullo status di salute della consorte che precedono il colloquio d’affari al lunch, anche l’antitesi all’ordinamento degli scopi è stata afferrata e incorporata in quest’ultimo. Il tabù contro i discorsi professionali e l’incapacità di discorrere insieme sono, in realtà, la stessa cosa. Poiché tutto è affari, il loro nome non può essere fatto, come non si può parlare della corda in casa dell’impiccato.
Dietro la demolizione pseudodemocratica delle formalità, della cortesia vecchio stile e della conversazione ormai inutile e sospetta - non del tutto a torto - di non essere che pettegolezzo, dietro l’apparente chiarezza e trasparenza dei rapporti umani, che non tollera più nulla di indefinito, si annuncia la pura brutalità. La parola diretta, che senza dilungarsi, senza esitare, senza riflessione, ti dice in faccia come stanno le cose, ha già la forma e il tono del comando che, sotto il fascismo, i muti trasmettono ai muti.
La semplicità e oggettività dei rapporti, che elimina ogni orpello ideologico tra gli uomini, è già diventata un’ideologia in funzione della prassi di trattare gli uomini come cose.

(Adorno, 1944)

martedì 10 novembre 2015

Una regola d'oro del giornalismo


buonasera a tutti.
io sono nato nel mondo del giornalismo. mio padre lo è (da circa 50 anni, credo) e anch'io lo sono (cioè, ho scritto degli articoli in passato e ho il tesserino, ma non esercito).
stasera voglio enunciare una regola d'oro del giornalismo che è la seguente:

UNA NOTIZIA PRIMA SI VERIFICA, SI ACCERTA, SI APPURA E SOLO DOPO SI PUBBLICA.

mi potreste dire che non c'era bisogno di scrivere una cosa così ovvia.
e invece sì. primo perché per l'uomo proprio l'ovvio è il più difficile così come proprio quello che è più vicino è più difficile da vedere e secondo perché proprio in questi giorni mi è capitata la seguente storia.

una "giornalista"(?)"professionista"(?) pubblica una notizia pesantissima con un'accusa gravissima riguardante un famoso scrittore.
io, che conosco bene la storia perché sono uno che legge e studia proprio quello scrittore, le dico che quella notizia è falsa. assolutamente falsa e diffamatoria.
sapete la "giornalista"(?)"professionista"(?) cosa mi risponde? che per lei la notizia è vera e che comunque la verificherà. cosa???????
sì, avete letto bene. questa qua prima pubblica una notizia riportante un'accusa gravissima e solo DOPO la verifica. sì, lo so, sembra una barzelletta. ma è una storia verissima.
ora, premesso che dovete sempre tenere gli occhi aperti e il senso critico acceso perché il mondo è pieno di piatti vacanti e fulminati vi dico 3 motivi per cui è obbligatorio, per un giornalista, verificare PRIMA di pubblicare.
1. se pubblici una notizia prima di verificarla questa notizia può essere falsa e un giornalista NON può scrivere e diffondere il falso. giusto? sì.
2. se la notizia, che non hai verificato prima, contiene una diffamazione rischi una denuncia e una condanna per un reato penale. è bello essere denunciati e condannati per un reato penale? certamente no.
3. se poi la notizia che hai pubblicato è falsa sei costretto a smentire, perdi di credibilità e fai una bella figura di merda. sono piacevoli le figure di merda e la perdita di credibilità? certamente no.

spero di aver fatto capire ai giovani giornalisti e agli aspiranti tali perché una notizia prima va verificata appurata accertata e solo dopo pubblicata.

p.s. cercate sempre più fonti; lo so che non è sempre possibile ma sforzatevi perché al 99,9% una sola non basta.
p.s. ovviamente avevo ragione io. la notizia pubblicata da lei era falsa. (e la tizia ha pure avuto il coraggio che il sottoscritto diceva stupidaggini ahahahhahahahahahhahaha)

lunedì 9 novembre 2015

Seconda e definitiva vittoria contro una diffamazione su Pasolini

Oggi è uno dei giorni più belli della mia vita.
Sono riuscito da solo, io, un signor nessuno, a sconfessare e a costringere un giornalista professionista e scrittore a modificare una frase che conteneva falsità e diffamazioni su Pier Paolo Pasolini.
Ho difeso la reputazione di Pasolini con la conoscenza, con la verità, con la storia e l'onestà intellettuale.
Riporto lo screenshot che mostra l'evolversi della frase. La prima frase è quella originale, poi c'è una correzione che non mi soddisfaceva manco per il cazzo e infine c'è la frase come è ora.
Notate bene i cambiamenti della frase.
Mi sono impegnato, ho lottato, ho scritto e insistito e alla fine ce l'ho fatta. Ora il web è un posto più pulito e almeno una munnezza su Pasolini è stata eliminata.
S'imporrebbero altre considerazioni, ma ora sono troppo stanco ed eccitato insieme per continuare.

Ecco lo screenshot.

domenica 8 novembre 2015

Prima vittoria contro una diffamazione su Pasolini

(screen della prima vittoria, della frase che ho fatto cambiare. ma non è finita qui)

ho vinto la prima battaglia: quella stronzata diffamante su Pasolini è stata cancellata.
però non credo di aver finito il mio compito. l'autore dell'articolo ha lasciato dentro la parola "pedofilia" nei riguardi di Pasolini e voglio lottare per farla sparire.
come fa Pasolini a rischiare un'imputazione per pedofilia se si parla di ragazzi di 15 o 16 anni? è questo che l'autore dovrà spiegarmi. e non lo mollerò finché non me ne renderà conto.
tra l'altro l'ha cambiata senza dare nessun riscontro a me che ero l'unico a protestare...cos'è? s'è vergognato o è l'orgoglio? vabbè, non mi interessa. mi interessa essere riuscito a cancellare quella infamia sul conto di Pasolini.
in realtà non sono completamente soddisfatto.
primo perché la battaglia non è finita, secondo perché sono stato molto deluso da un amico che conosco e che mi conosce da anni.
e vorrei dirgli: è possibile che in tutti questi anni tu non abbia capito che io so leggere, ci tengo alla verità e alla correttezza delle parole e dell'informazione? che se mi impegno in una battaglia è perché quella battaglia è giusta e l'ho studiata coi controcazzi? non sai quanto sia importante per me Pier Paolo Pasolini?
evidentemente frequentandoci abbiamo perso tempo perché tu di me in tanti anni non hai capito un cazzo. tra l'altro ormai abbiamo passato i 30 e ho provato pure a spiegarti la questione, ma tu niente. e non hai più alibi.
il rapporto ormai è troncato perché si è rilevato un amico scadente e debole di mente schiavo di pregiudizi e pieno di stronzate inculcate da santoni e gruppetti vari. mi spiace, ma non posso fare altro. la prossima volta, quando parlo di cose serie ti mando a comprare zeppole e panzarotti e una birra perché tu con le cose serie non c'azzecchi. ah, e pigliami pure un pacchetto di sigarette. ovviamente, siccome l'uomo è orgoglio e autoconservazione, lo stronzo sarò sempre io e lui il grand'uomo che ha ragione. e me ne frego. io mi tengo la realtà e dei pareri dei fulminati non so che farmene. tu tieni proprio i fili appicciati in capa ex amico mio.

per concludere, invito chi vuole salvare Pasolini dalla diffamazione (dopo che è stato calunniato e ingiuriato in vita) a recarsi nel blog di Federico Tulli e farsi spiegare perché non toglie la parola pedofilia da quella frase.
non ci andrà nessuno, già lo so, ma io ci provo.

venerdì 6 novembre 2015

Pasolini e l'imbecille


io sono un grande imbecille.

scrivo qualcosa per spiegare il senso di questa frase così lapidaria.

sono un imbecille perché credo che chi faccia il giornalista debba (non possa, debba) avere un'etica, una deontologia e un sacro rispetto per le parole e il significato di esse.
inoltre deve (deve; senza condizionali vari) tenere rigorosamente separati i fatti dalle opinioni.
e sono un imbecille perché tutte queste cose non hanno valore. oggi qualsiasi caprone fa il giornalista e se ne sbatte le palle di etica, deontologia, parole, fatti e opinioni. vale tutto; soprattutto vale lo scrivere a cazzo di cane senza un briciolo di onestà intellettuale e comprendonio.
sono un imbecille perché, appena posso, compro dei libri. faccio dei sacrifici, delle rinunce. vesto male, ho scarpe vecchie, non ho la macchina, non vado in vacanza e me ne frego. sopporto qualsiasi privazione perché per me i libri sono un grandissimo amore. e sono un imbecille perché leggere non serve a niente. oggi il massimo della lettura sono i cinque minuti di settimana enigmistica sul cesso prima di cacare e mezzo articolo di repubblica in metro. del resto leggere non serve a niente. oggi si può parlare di tutto, pur non sapendo un emerito cazzo, perché tanto basta dire la prima cosa che ci viene in mente.
sono un imbecille perché ogni giorno, vorrei dire quasi ogni ora, sono assillato dal voler imparare, dal voler apprendere, dal migliorarmi; ho voglia di sperimentare nuovi pensieri nuove ipotesi nuove visioni e di rigettare le vecchie se necessario. sono assillato dalla conoscenza e dalla varietà di essa. e sono un imbecille perché non serve a un cazzo. oggi la gente impara una filastrocca (seppur la impara) e la ripete come le pecore di Orwell. non riflette, non cambia, non allarga, non compara...niente di niente. il massimo della gente è la filastrocca; guai a volerli smuovere e spingerli verso il PENSIERO...te li farai nemici per sempre. ormai hanno trovato il santone, hanno imparato tre scemenze e per loro il lavoro è finito. hanno fatto già tanto del resto!
sono un imbecille perché consulto spessissimo il dizionario. qui è inutile commentare; uno che usa il dizionario per conoscere con precisione la grammatica, l'etimologia e il significato delle parole è proprio stronzo senza discussioni. nel 2015 il vocabolario? ma non farmi ridere, per cortesia.

che c'entra Pasolini in tutto ciò?
già.
ieri sera, una sottospecie di giornalista, in una sottospecie di blog, scrive una sottospecie di post su Pasolini e leggo questa frase:
"Pasolini nel 1949 fu condannato per pedofilia".
insomma, il tizio ci sta dicendo un fatto. non un'opinione. fatti e opinioni sono cose diverse. completamente diversi tra loro. proprio diverse dimensioni.
su facebook, scherzando, ho scritto che sono 2500 anni che l'umanità non afferra questa differenza e che ce ne vorranno altri 17500 di anni per capirla. sono stato ottimista; in realtà non la impareranno mai.
ora, siccome quella frase ci dice un fatto, possiamo appurare e verificare se quel fatto è vero o falso.
il fatto è che è falso. il "giornalista" ha scritto una infamante stronzata.
il fatto è che non esiste l'anno, non esiste la condanna, non esiste il reato.
sembrerebbe semplice. la frase è semplice, il fatto è semplice, appurarlo è semplice, la spiegazione è semplice.
eppure.
eppure non sono riuscito a farmi capire, anzi, sono stato accusato di dire stupidaggini.
uhm.
in realtà la stupidaggine c'è. anzi, l'imbecillità.
sono imbecille perché perdo tempo con l'umanità (eppure Nietzsche mi aveva avvisato...!), sono capace di infiammarmi e indignarmi di fronte alla falsità, all'ignoranza, alla malafede e alla presunzione.
ma chi me lo fa fare?
ecco, devo migliorarmi anche in questo, sti qui non son fatti per seguire virtute e canoscenza, ma son bruti di semenza...devo passare, guardare un secondo e proseguire.
vado a leggere Artisti in bottega di Ettore Camesasca.
alla prossima.