giovedì 31 marzo 2011

Alcatraz Connection

Io sono bello e caro, anzi non bello e manco tanto caro però mi sforzo di essere decente e di non rompere i coglioni al prossimo. A questo prossimo io chiedo pochissimo, ma è basilare che gli altri con me abbiano un comportamento leale e che non mi frantumino troppo le palle. Non è difficile a capirsi.
Sono tornato a scuola, pare che abbiano ottenuto di nuovo la parità e pare che ci diano i punti per la graduatoria anche per i mesi passati. Speriamo, almeno non sarà tutto lavoro buttato.
Quand'ero alunno ho assaporato più volte la folle e felice esperienza del filone. E ora da professore l'ho provata di nuovo; non è stata bella come allora ma è stata comunque interessante. Secondo loro io gli andavo a fare il doposcuola gratis senza neanche che mi venisse chiesto. Ma sti gran cazzi. Li ho mollati e vaffanculo. Stamattina poi mi hanno detto che è tutto sistemato; vedremo. Se sarà così bene, altrimenti un bel rivaffanculo glielo do volentieri.
Ho passato un'ora con un ragazzo matto che m'ha parlato dei segreti di Alcatraz, dei sotterranei di Alcatraz dove la mafia le guadie e il direttore avevano costruito un paradiso, dell'affondamento del Titanic, del lingotto d'oro (finto) che la CIA e la mafia avrebbero seppellito a sei mila metri di profondità nell'oceano, delle camicie a righe, delle camice con il colletto alto e basso, delle cravatte, dei papillon, di Lupin III, di George Washington, di Benedict Arnold, dei due Bush, di Nixon, di Reagan, dell'eleganza di Berlusconi, dei gemelli d'oro, di Schwarzenegger, di Stallone, di dove hanno la casa De Sica Boldi Biagio Izzo ed Enzo Salvi, delle biciclette bianche, delle promesse dei genitori, della zia avvocato che lavora di più per recuperare le ore passate all'ospedale ad accudire la madre, dell'omicidio di Kennedy di cui lui ha le prove, dell'assassinio del fratello Robert, di Mediaset Extra, delle bretelle che non si portano più, del perchè la gente veste tutta di nero, del viola come foulard, dei professori che sono stronzi, dei ragazzi che sono cattivi, delle bionde che sono impiccione; il tutto collegato da non so bene quale affascinante filo logico.
In pratica m'ha fatto una testa così e non c'ho capito nulla, proprio come mi accade con il 90% delle persone.

mercoledì 30 marzo 2011

Odio puro

A Napoli c'è ancora la munnezza per le strade. Ma che cazzo, ma come si deve fare? Io ormai son peggio dei leghisti, spero proprio nel Vesuvio! Che ci sommerga tutti quel monte fottuto! Prego tutti i giorni in un'invasione americana, altro che Gheddafi! Invadeteci, sterminateci! Non abbiamo il petrolio, ma potreste guadagnare una colonia col buon clima, gli alberghi e se lo pulite pure il mare. Ma non è tanto questo che mi fa incazzare oggi, almeno non solo.
A me sta sul cazzo il cardinale Sepe.
Ha una faccia orribile e porta un crocifisso d'oro al collo. Ora, la faccia che uno ha secondo di me dipende da quel che fa e da quel che ha dentro e non dev'esserci proprio nulla di buono. E poi un uomo di chiesa con l'oro al collo e che viaggia sui macchinoni ha una credibilità zero ed è pure alquanto ridicolo.
Ma non è tanto questo che mi fa incazzare oggi.
Quello che mi manda in bestia è che sto tizio oltre a dire le solite menate baggianate sui santi, dio e la madonna che non mi toccano perchè son questioni per me fuori portata, sta sempre a parlare del Napoli. Fa il tifoso, fa il simpatico, sa che alla gente solo il Napoli interessa e lui ne approfitta.
Stiamo con la spazzatura per le strade, con la merda che ci arriva al collo e quello che dice? Pregherò per lo scudetto del Napoli.
Ma stai bbuon o'frat? Pensa a pregare per la munnezza e pensa a restituire i soldi magagnone!!!

p.s. Era partita un'inchiesta giudiziaria su di lui; le solite magagne milionarie. Che fine ha fatto? Non se ne è saputo più nulla. E' vero allora quello che scriveva Flaiano, che in Italia molte inchieste, inchieste rimangono.

martedì 29 marzo 2011

Carne e vino per tutti

Telemaco nonostante lo scetticismo che lo circondava è partito; la prima tappa è la città di Pilo dove regna il vecchio Nestore.
Quando sbarca trova il re e gli abitanti che stanno sacrificando al dio Posidone, in pratica stanno facendo una festa sulla spiaggia a base di carne alla brace e vino, tanto vino. Telemaco e il fido Mentore si uniscono al banchetto e Telemaco interroga Nestore sulla sorte del padre. Nestore non sa niente, e lo esorta di andare a Sparta a chiedere a Menelao. Il vecchio re invita Telemaco a dormire da lui e gli promette carro e cavalli per compiere il viaggio. Prima di dormire però, un altro bel banchetto, ancora carne arrostita e vino.
La mattina dopo, prima della partenza, indovinate Nestore che fa? Fa ammazzare una mucca pasciuta e organizza una brace innaffiata da del buon vino. Nestore non saprà un cazzo di che fine abbia fatto Ulisse, ma sa vivere altrochè.
Telemaco, che immagino sazio e ubriaco alla stragrande, parte alla volta di Sparta accompagnato dal figlio di Nestore, Pisistrato. Prima però, visto che aveva mangiato e bevuto, completa l'opera con un'altra cosa importante e altrettanto bella...

Di Nestore intanto la figlia più giovane,
la bella Policasta, lavava Telemaco;
lavato che l'ebbe e cosparso di lucido olio,
di un bel manto l'avvolse e di tunica lunga;
e fuori dal bagno il giovane uscì:
tanto era bello che un dio somigliava nel corpo

lunedì 28 marzo 2011

11 regole semiserie dello scrittore

Visto che la scrittura è da sempre un qualcosa che mi affascina e mi interessa, inauguro una nuove sezione sul bloggherello. Credo sia una buona idea cominciare con qualcosa di leggero e successivamente ampliare e approfondire. Beccatevi ste regole di Henry Miller, non rompete i coglioni al prossimo e buona giornata.

1. Lavora a una cosa per volta
2. Non iniziare nuovi libri, non aggiungere altro a Primavera nera
3. Non essere nervoso. Lavora con calma, allegria e spregiudicatezza a ciò che hai per le mani
4. Lavora secondo il programma e non secondo l'umore. Fermati al momento stabilito
5. Quando non riesci a creare, non puoi lavorare
6. Concretizza qualcosa tutti i giorni, invece di aggiungere nuovi stimoli
7. Non perdere lo spirito! Vedi gente, va' in giro, bevi, se ti va di farlo
8. Non sei un cavallo da soma! Lavora solo se lo fai volentieri
9. Ignora pure il programma, se vuoi... ma torna a seguirlo il giorno dopo. Concentrati. Seleziona. Escludi
10. Dimentica i libri che vorresti scrivere. Pensa solo al libro che stai scrivendo adesso
11. Prima pensa a scrivere, sempre. La pittura, la musica, gli amici, il cinema, tutte queste cose vengono dopo

domenica 27 marzo 2011

Scontro finale

Di nuovo collegati, amiche e amici telespettatori, con il campo centrale di Stronzledon dove il campione uzbeko Andreij Comaskij e la campionessa serba Tatjana Mononeurovic stanno dando vita ad una delle finali più memorabili che la storia del tennis ricordi.
Siamo due set pari e ora i due fenomeni della racchetta si preparano a farci vivere momenti indimenticabili in questo ultimo e decisivo set.
Comaskij alla battuta.
Tatjana è una donna, aces 1 a 0.
Tatjana è una bella donna, volèe 1 a 1.
Tatjana parla troppo, rovescio imprendbile 2 a 1.
Tatjana è diretta e non ingarbuglia i pensieri, diritto lungo linea 2 a 2.
Tatjana è bionda, smash 3 a 2.
Tatjana non è una cretina, pallonetto 3 a 3.
Tatjana ama le poesie, passante a fil di rete 4 a 3.
Tatjana apprezza Bukowski, diritto potente e preciso 4 a 4.
Tatjana pensa continuamente, doppio fallo 5 a 4.
Tatjana ha un sorriso e degli occhi meravigliosi, palla oltre la linea 5 a 5.
Tatjana tende ad avere delle paranoie, palla liftata 6 a 5.
Tatjana non ha stupidi complessi, gran willy 6 a 6.

Incredibile amici! Questa partita non smette di emozionarci! Un match indimenticabile, possiamo ben dire il match del secolo! Ora i due tennisti dovranno battersi in un tie break che si preannuncia infuocato. Chi vincerà?
Ora il segnale diventa criptato e solo chi ha pagato l'abbonamento potrà continuare a seguirci. Ci vediamo sul satellite.

sabato 26 marzo 2011

Come fare il Presidente della Repubblica

Non voglio incorrere nel rimprovero di occuparmi solo di cose teoriche, senza mai essere pratico. Quindi ecco a voi un piccolo vademecum su come svolgere la funzione di Presidente della Repubblica. Analizzeremo vari casi e daremo le direttive su come comportarsi.

Legge porcata - Firmala, e alle proteste dell'opinione pubblica di' che tanto se non la firmi te la rimandano indietro.
Morti sul lavoro - Esprimi profondo cordoglio.
Guerra - Dichiara che è fondamentale la convergenza in Parlamento.
Crisi politiche - Appellati al senso di responsabilità.
Federalismo - Sei d'accordo purchè sia un federalismo solidale.
Sovraffollamento delle carceri - Dichiara: servono risultati concreti contro le carenze di organico e l'aumento dei detenuti.
Terremoti e sciagure - Sei vicino alle popolazioni colpite.
Riforma della Giustizia - Auspica interventi non disorganici nè settoriali, ma di ampio respiro.
Polemiche maggioranza e opposizione - Invita ad un confronto anche serrato, ma scevro da sterili contrapposizioni e non influenzato dalle contingenze, che potrà condurre alla stabilità di cui il Paese ha bisogno.
In caso di polemica di scarsa rilevanza - Prendi atto.
Alle feste delle forza armate - Elogia il lavoro, il sacrificio e l'abnegazione degli eroici servitori dello Stato. Non dimenticare di dire che ti auguri che il Governo destini più fondi alle forze dell'ordine.
Crisi del Mezzogiorno - Qui è facile: "I risultati complessivamente insufficienti delle politiche seguite in passato e la presenza di significative inefficienze rendono necessario un ripensamento e possono anche spingere ad una profonda modifica delle modalità e dello stesso impianto strategico degli interventi di sviluppo". Un classico, non puoi sbagliare.
Su Napoli - Bisogna aiutare Napoli.
Cultura, beni culturali - Alzi la voce, perchè la cultura è importante e ha bisogno di fondi.
Quando arriva il 25 aprile: Il 25 aprile è non solo Festa della Liberazione: è Festa della riunificazione d’Italia.
Sulle parole del Papa (qualunque esse siano) - Elogi il discorso del Santo Padre che invita ad una seria e attenta meditazione.
Sulla figura del Papa - Sono certo che nella discrezione e nel rispetto con cui seguiamo il quotidiano svolgersi della sua alta missione, ella possa ben cogliere la intensa, affettuosa vicinanza nostra e del popolo italiano.
Sulla mafia - Lancia l'allarme sulla possibilità che la mafia approfitti della crisi e invita la polizia a tenere alto il livello di attenzione in quanto esiste il rischio che le organizzazioni di stampo mafioso possano approfittare dell'attuale crisi per acquisire il controllo di aziende in difficoltà, con una invasiva presenza in tutte le regioni del paese.
Sugli anni di piombo - Pensi che ci siano segni positivi per il superamento di una stagione lacerante e distruttiva iniziata sulla fine degli anni '60 e culminata negli anni del terrorismo delle Brigate Rosse e del rapimento dell'onorevole Moro.
Sulle stronzate della Lega Nord - Ci deve essere più consapevolezza e il tentativo di ricostruire una storia comune.
Immigrati - Gli immigrati sono forza e freschezza per il Paese.
Sulle paure e i pregiudizi della gente in merito agli immigrati - Occorre incrementare politiche volte a stabilire regole e a rendere possibile non solo la più feconda e pacifica convivenza con gli stranieri, ma anche l'accoglimento di un numero crescente di nuovi cittadini.
Sulla Costituzione - Qui scatta il monito. Un monito ogni tanto è obbligatorio. Il monito sulla Costituzione può essere di questo tipo: Si può modificare, non è un residuato.
Pacs - Resta flessibile e dichiara: Troveremo una sintesi anche con le preoccupazioni del Papa.

Bene mi fermo qui. Dagli esempi proposti mi sembra chiaro che se vorrete riuscire dovrete essere equidistanti, imparziali e responsabili. Lanciate allarmi, proponete riflessioni e soprattutto non scordatevi il monito. Se non moniti non sei degno di fare il Presidente. Ovviamente non cacare il cazzo al Papa, sarebbe un errore imperdonabile.
In bocca al lupo a tutty gli aspiranti.

venerdì 25 marzo 2011

Hegel e il sistema

Fichte concepiva la filosofia come ricostruzione della storia dello spirito. Una concezione del genere è presente anche in Hegel, poiché egli pure ritiene che solo la ricostruzione storica ci faccia cogliere le forme essenziali in cui si estrinseca l'assoluto. Fra i due vi è però una differenza fondamentale: mentre la storia, che Fichte voleva ricostruire, era quella del soggetto (sia pure inteso come soggetto universale), la storia che Hegel si propone di ricostruire è invece quella della realtà, che è insieme soggettiva e oggettiva.
La filosofia deve sforzarsi di determinare il sistema vivente dei principi su cui effettivamente si reggono sia il mondo della natura sia quello dello spirito.
Proprio perciò non ha punto da fare con mere astrazioni, o con pensieri formali, ma solamente con pensieri concreti. La concatenazione dialettica di questi pensieri concreti rivelerà l'esistenza di un'unica struttura razionale di tutto l'universo.
E' evidente qui, l'ipotesi metafisica che l'essenza della realtà sia costituita dal pensiero. Questa ipotesi, di marca prettamente idealistica, non è così centrale da imprimere un senso univoco a tutta la filosofia di Hegel. Essa non gli impedì, per esempio, di riconoscere con franchezza il grande valore della concezione materialistica, sostenuta nel Settecento da Holbach e da altri illuministi francesi; e soprattutto non impedirà ad alcuni valenti hegeliani di sviluppare in senso materialistico l'eredità filosofica del loro maestro.
Ciò che invece caratterizza tutta la filosofia di Hegel, è l'ipotesi che l'essenza della realtà sia eminentemente dialettica, e cioè si sviluppi attraverso determinazioni collegate fra loro dal tipico nesso triadico. Secondo Hegel questo nesso si concretizzerebbe in triadi, costituite da una tesi, un'antitesi e una sintesi. L'approfondimento della tesi porterebbe alla sua contraddizione, cioè all'antitesi; da esse scaturirebbe poi la sintesi, in cui tesi e antitesi vengono conservate e superate.
La ricostruzione hegeliana della storia dell'assoluto, attraverso una serie di triadi diramantesi dialetticamente una dall'altra, presenta alcuni caratteri di grandiosità; presenta anche, tuttavia, un carattere di estrema artificiosità che svuota l'intero edificio di ogni autentico valore scientifico. Il più delle volte infatti, i nessi che stanno alla base di tale ricostruzione si rivelano, ad un esame un po' rigoroso, come null'altro che vaghe analogie, associazioni imprecise, pure e semplici fantasie: il contrario insomma di ciò che siamo soliti intendere come effettiva razionalità.
Ma nonostante questa grave carenza di fondo, il piano generale perseguito da Hegel conserva un grandissimo interesse, se non altro perchè ci indica una via che abbiamo il dovere di abbandonare, malgrado il suo incontestabile fascino.
La triade fondamentale, lungo la quale si attuerebbe, secondo Hegel, il ciclo dialettico dell'assoluto, è costituita da tre momenti: nel primo l'assoluto si presenta come idea preesistente al sorgere della materia e dello spirito; nel secondo si presenta come natura; nel terzo come spirito. Questo terzo momento conclude l'intero processo con una sintesi in cui l'idea, dopo essersi estrinsecata nello spazio e nel tempo, ritrova la sua più alta e concreta espressione.
In corrispondenza ai tre momenti testè accennati, Hegel suddivise il proprio sistema in tre parti: logica, filosofia della natura, filosofia dello spirito.

giovedì 24 marzo 2011

Nube al pube

Che risate al bar ieri sera.
Un tizio commentava preoccupato la notizia che in sti giorni arriva in Italia la nube radioattiva giapponese.
Peppino, il garzone, è intervenuto dopo aver ricevuto l'autorizzazione da Massimo, il proprietario. "Ma che ce ne fotte e noi?", ha esclamato Peppino, "in Campania tra rifiuti tossici seppelliti in terra, il percolato a mare e l'arsenico negli acquedotti, sta nube tossica ce fa nu sinacchio". Applausi a scena aperta. E alcuni, manco sapevano cos'era sto percolato, in fondo l'importante è che il Napoli sia terzo in classifica a 3 punti dai biretrocessi zozzoneri. Già, poi ne riparleremo di questi nuovi fondamentalisti; sono interessanti.
Stamattina ho da fare, rimando ai prossimi giorni la pubblicazione di post più interessanti.
Solo una piccola postilla.
Prendiamo la frase: "viviamo inconsapevoli delle vibrazioni oniriche". A prima vista non si vede bene cosa cazzo possa mai significare, ma la presenza di inconsapevoli vibrazioni e oniriche la rende meritevole di un apprezzamento a prescindere. Così come altri ingredienti come tragedia, morti e malati rendono il racconto profondo ed emozionante. E' proprio vero, quando si scrive devi prescindere dai lettori - altrimenti ti passa la voglia.

mercoledì 23 marzo 2011

Il tasto replay è più originale

Dove eravamo nel 1941? E chissà, sicuro nella II Guerra Mondiale. Forse nel Sahara a goderci le imprese della Volpe (ahahahahahah) del deserto.
E nel 1951? Oh, in quell'anno c'era la Guerra di Corea. C'erano gli americani, non so se vinsero fatto sta che la Corea sta ancora là a rompere i coglioni.
Che mi dici del 1961? Bè nel '61 ci fu la Guerra nel Laòs e la crisi di Cuba, ma del Laòs non se ne fotte nulla nessuno e a Cuba poi non successe nulla - purtroppo.
Arrivamo al 1971. Ah, la Guerra tra India e Pakistan. Non so chi riuscì a prevalere, ma i soldati di entrambi gli schieramenti avevano ottime droghe.
Trent'anni fa, nel 1981? La madre URSS invade l'Afghanistan. I soldati sovietici morirono più per l'eroina che per le pallottole nemiche.
Anni Novanata, il 1991. Guerra del Golfo. Quello stronzo di Emilio Fede si vanta ancora di essere stato il primo ad annunciarla col suo tg (?).
Nel 2001 è facile, dài. Bè sì, Torri Gemelle, Bin Laden, Saddam, le armi di distruzione di massa non trovate e cazzi vari.
Arriviamo al 2011 che è storia di questi giorni. Già, stanno rompendo il deretano a Gheddafi, dopo che Silvio gli aveva fatto il baciamano. E a quelli (soprattutto meridionali che stanno più vicini) che son preoccupati per le eventuali risposte militari libiche, che diciamo? Diciamo che non lo so, molto dipenderà dalle armi che noi stessi gli abbiamo venduto.

martedì 22 marzo 2011

o'mellone

Mi sono rapato a zero perchè ogni tanto faccio qualche piccola follia.
Mica si può campare essendo sempre prigionieri della regolarità. Ogni tanto una piccola follia, fa bene; in attesa poi di qualche follia in grande stile.
Stanotte ho fatto un sogno insolito.
Mi avevano assunto alla Perugina perchè c'era bisogno di un addetto ai bigliettini dei Baci. Io ero seduto ad una scrivania, l'ambiente era pieno di fumo di sigarette.
Ero concentratissimo, ma non mi veniva mezza idea. Intanto un uomo enorme, che doveva essere il capo, sbatteva il piede per terra in segno d'impazienza. Avevo un'ansia addosso folle. Alla fine impugnavo la biro nera e scrivevo: Chi non c'è, non c'è mai stato. Poi ci ripensavo e cancellavo freneticamente riscrivendo: CHI NON C'E' E' PERCHE' T'HA MANDATO AFFANCULO.

lunedì 21 marzo 2011

Una testa che crolla nel vagone

Andrèèèèèèèèèè!!! Che sorpresa! Sono così contenta di trovarti per caso qui! Un po' me lo sentivo, ho un sesto senso per certe cose; sapessi. Non abbiamo mai tempo di parlare, vero? La vita, il tempo sembrano che si divertano a sfuggirci. Di qua di là, ma alla fine poi che cosa resta? Abbiamo davvero quello che vogliamo? Io ne dubito. Tu poi lo sai, sono una ragazza che fa tanti progetti che ha mille idee, non riesco a realizzare tutto ma l'impegno non manca di certo. Ho imparato tanto, ho fatto tonnellate d'esperienza. Non sorridere, ma mi ritengo una donna di mondo. Ho la mentalità aperta e non è una cosa banale, scontata. Sembra che nel 2011 sia ovvio che una persona sia di larghe vedute, ma non è così te lo assicuro. Ci sono ancora tante persone dalla mente ottusa, bigotta, degli incredibili creduloni.
Io no. Sarà perchè ne ho viste tante, sarà perchè non ho mai avuto paura di guardare la vita in faccia. Io la vita l'ho sempre guardata in faccia! E ci vuole coraggio e io sono coraggiosa! Leggo anche molto, lo sai. Romanzi, saggi e molta molta poesia. Sottolineo tutti i versi che mi sembrano significativi, quelli che mi piacciono di più insomma. La poesia mi fa vibrare il cuore, è come se toccasse le corde più intime della mia anima. Perchè io so vibrare, so elevarmi al di sopra dell'umana sporcizia, l'ho sempre voluto. Non amo lo shopping, non amo i vestiti firmati, non ci tengo ad avere le mutande di pizzo. Ti dico queste cose perchè so che tu le sai apprezzare nel modo giusto, sai darle il giusto peso d'esistenza. Anche quando la vita è stata dura, da impazzire non ho mai ceduto nè al pianto nè alla follia. Non è strano sentirlo dire da una donna? Eppure è così, te lo giuro. Non ho mai ceduto nè mi sono mai arresa. Sono sempre andata avanti con le mie sole forze. E poi la musica, quando sono sola nella mia stanza mi dà pensieri meravigliosi, mi rinnova tutti i neuroni e io mi sento sempre pronta a ricominciare. Amo pensare, ma so fermarmi quando sento il campanello d'allarme che m'avverte dell'inutile speculazione. Sono sensibile, delicata, ma al tempo stesso anche molto molto decisa. Caro Andrè, scusa, t'ho sommerso con il mio impeto; sono un torrente in piena a volte. Parlami un po' di te...... Andrè? Andrè!!!
Oddio, s'è addormentato.

domenica 20 marzo 2011

Non è stato infruttuoso fare un bisognino sabato sera

Come secondo la leggenda andò a Parmenisco, che nell'antro di Trofonio perse la capacità di ridere, ma la riebbe a Delo alla vista di un tronco informe che veniva presentato come l'immagine della dea Leto, così è andata a me. Giovanissimo dimenticai il riso nell'antro di Trofonio; più innanzi negli anni, quando aprii gli occhi e considerai la realtà, mi misi a ridere, e da allora non ho più smesso. Vidi che il senso della vita era l'avere un impiego, il suo fine diventare consigliere della corte di cassazione; che la fertile passione dell'amore era trovare una fanciulla benestante; che il bene supremo dell'amicizia era l'aiutarsi a vicenda negli imbarazzi finanziari; che la saggezza era quello che pensavano i più; che l'estro era tenere un discorso; che il coraggio era rischiare una multa di dieci ristalleri; che la cordialità era chiedere "pranzato bene"? lasciando la tavola; che il timor di Dio era fare la comunione una volta l'anno. Questo io vidi, e risi.

sabato 19 marzo 2011

19 marzo don Giuseppe Diana

Levata da mezzo sta stronzata della festa del papà, oggi in Campania si commemora don Peppino Diana parroco di Casal di Principe, ucciso da delle bestie di merda (o dalla camorra se preferite, tanto è uguale) il 19 marzo 1994. Non mi va di scrivere molto, la rabbia ce l'ho dentro e non riesco ad esternarla. Voglio solo dire che i vermi hanno ben fatto la loro rivoluzione, hanno imposto le loro teorie, le loro pratiche, il loro sistema; che è vincente. Chi non ci vive a contatto non può capire, come io non posso capire gli slum indiani o le favelas brasiliane.
Peppì, eri un grande, un libero, un coraggioso, un uomo d'amore. E' per questo che t'hanno ucciso. Posto un breve ritratto per cominciare a conoscerlo, nel corso del tempo continuerò a ricordarlo.

...don Peppino aveva studiato a Roma e lì doveva rimanere a fare carriera lontano dal paese, lontano dalla terra di provincia, lontano dagli affari sporchi. Una carriera clericale, da buon figlio borghese. Ma aveva d'improvviso deciso di tornare a Casal di Principe come chi non riesce a togliersi di dosso un ricordo, un'abitudine, un odore. Forse come chi ha perennemente la sensazione smaniosa di dover fare qualcosa e di non riuscire a trovare pace fin quando non la realizza o almeno tenta di farlo. Don Peppino divenne giovanissimo sacerdote della chiesa di San Nicola di Bari, una chiesa dalla struttura moderna che sembrava, anche nell'estetica, perfetta per la sua idea di impegno. Girava per il paese in jeans e non in tonaca come era accaduto sino ad allora ai preti che si portavano addosso un'autorità cupa come l'abito talare. Don Peppino non orecchiava le beghe delle famiglie, non disciplinava le scappatelle dei maschi, nè andava confortando donne cornute, aveva cambiato con naturalezza il ruolo del prete di provincia. Aveva deciso di interessarsi delle dinamiche di potere: non solo dei corollari della miseria, non voleva soltanto nettare la ferita, ma comprendere i meccanismi della metastasi, bloccare la cancrena, fermare l'origine di ciò che rendeva la sua terra una miniera di capitali e un tracciato di cadaveri. Fumava anche il sigaro ogni tanto in pubblico, altrove poteva sembrare un gesto innocuo. Da queste parti i preti tendevano ad avere atteggiamenti di finta privazione del superfluo e nelle loro stanze davano sfogo alle pigre debolezze. Don Peppino aveva deciso di lasciare somigliare la sua faccia sempre più a se stesso, come una garanzia di trasparenza in una terra dove i volti invece devono orientarsi in smorfie pronte a mimare ciò che si rappresenta, aiutati dai soprannomi che caricano il proprio corpo del potere che si vuole suturare alla propria epidermide...

venerdì 18 marzo 2011

Andrea perdonami

Non posso farlo pubblicamente, ma nel blog almeno posso sfogare questa mia impellente necessità di chiederti scusa, caro Andrea.
Scusa per averti offeso, per aver avuto voglia di picchiarti. Perdonami, ora so che avevi ragione e ti sento come se fossi mio fratello.
Devi aver sofferto, so ora che sei stato tanto male (almeno presumo). Sappi che ho capito le tue intenzioni, facciamo pace e non ne parliamo più.
Tu lo sai, sono sanguigno ma non cattivo. E non sono neanche testardo, so riconoscere i mieri errori e so pure riconoscere che tu eri nel giusto e io un mulo che ragliava nel suo torto marcio. La tua pazienza e il tuo grado di sopportazione resteranno scolpite a lungo nella mia memoria.
Guardiamo avanti, ora.
La vita continua per tutti e due.

giovedì 17 marzo 2011

L'Olanda è un grande Paese

Stamattina volevo parlare del vecchio che ho mandato affanculo per telefono, ma siccome oggi è il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, non posso ignorarlo.
Non mi va di scrivere nulla di particolare perchè ogni pensiero avrebbe il sapore della retorica. Quindi posterò qualcosa che m'è caro e che è italiano. Solo un grido prima di cominciare: LEGHISTI SUKATE!!!

PRINCIPI FONDAMENTALI

ART. 1
L'Italia è una Repubblicamdemocratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

ART. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

ART. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

ART. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

ART. 5
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

ART. 6
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

ART. 7
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.

I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

ART. 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.

Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.

I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

ART. 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

ART. 10
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.

ART. 11
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

ART. 12
La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

mercoledì 16 marzo 2011

Moltitudine imbelle

Telemaco raduna il popolo, si sfoga e ingiuria i Proci che gli stanno consumando tutte le sostanze (e non fa una bella figura perchè butta lo scettro a terra e piange come un bambinone). Chiede una nave per cercare notizie del padre.
I Proci lo irridono e gli dicono che continueranno a mandarlo in rovina finchè quella zoccola di Penelope non si deciderà a scegliere uno di loro.
Hanno scoperto (dopo quattro anni, quei genialoidi) l'inganno della tela.
Telemaco non può scacciare la madre dalla casa paterna nè può rimandarla dal padre di lei.
Alla fine i Proci continuano a sbafare a casa di Telemaco, mentre lui parte con alcuni compagni alla volta di Sparta su una nave veloce spinto dal soffio di Zefiro, non prima però, di aver brindato con ottimo vino alla salute degli dèi e al viaggio.

Mentore allora si alzò, l'amico fedele
di Ulisse, che a lui aveva partendo
tutta affidata in custodia la casa e su tutto,
al vecchio Laerte obbedendo, vegliasse.
Egli, assennato e prudente, levò la sua voce:
"Ascoltate, Itacesi, quello ch'io dico:
nessuno mai più dei sovrani scettrati
sia con voi generoso e clemente e mite
nè più la giustizia conosca nel cuore,
ma sempre feroce e iniquo si mostri
: giacchè
nessuno di Ulisse divino più si rammenta
fra il popolo, di cui era paterno signore.
Io non rimprovero certo i Proci superbi,
la cui mente offuscata medita il male:
arroganti i beni di Ulisse divorano, e mettono
a rischio la vita dicendo che più non ritorna;
adirato son io con il resto del popolo:
voi muti sedete, nessuna parola
osate dir loro di biasimo; e i Proci
son così pochi, e voi siete molti
."
A lui rispose Leocrito, figlio di Evenore:
"Mentore, confusa o audace hai la mente;
tu parli istigando costoro a frenarci.
E' arduo, anche per gran moltitudine d'uomini,
opporsi a chi lotta in difesa ostinata
dei piaceri goduti a spese di altri
.
Nemmeno se Ulisse itacese volesse,
qui giunto, scacciar di sua casa lontano
i Proci che stanno a banchetto, la sposa
che tanto il ritorno desidera, poca gioia ne avrebbe:
d'indegna morte cadrebbe egli stesso
contro molti lottando. Tu non parli da senno.
Ma suvvia, o gente, scioglietevi; vada
ciascuno all'opere sue; preparino Mentore
e Aliterse il viaggio a costui; da tempo
amici del padre essi sono. Ma penso
che in Itaca a lungo ancora restando
attenderà notizie, nè mai farà questo viaggio".

martedì 15 marzo 2011

I componenti (non quelli lanciati da Jeeg robot d'acciaio)

LA TESTA

Testa: E' la centralina dell'attività sensoriale nonchè area di stoccaggio per le preferenze e i comportamenti sessuali. Questa componente potrebbe anche ospitare nevrosi che rischiano di minare l'interfaccia e l'attrazione sessuale.

Capelli: Non presenti in tutti i modelli. Possono variare per colore e quantità. Poichè nel corso dell'attività sessuale può succedere che subiscano una certa trazione, consigliamo a quanti indossano il parrucchino o altri accessori di questo genere di verificare che siano fissati saldamente al cranio prima di dare i via alle manovre.

Occhi: Disponibili in vari colori: marrone, grigio, verde, blu e in un'infinita gamma di sfumature intermedie. Lievi alterazioni nello sguardo del partner sono spesso indizi rivelatori del grado di interesse e coinvolgimento sessuale raggiunto. Se in un determinato momento i suoi occhi diventassero vitrei, verificate i segni vitali e praticate subito la rianimazione.

Orecchie: Componenti importanti e spesso poco utilizzate. Le orecchie ricevono raramente l'attenzione che meritano, nonostante siano spesso preziose alleate nel segnalare i mutamenti nello stato fisico e psicologico del partner.

Naso: Un insostituibile rilevatore di segnali odorosi di attrazione e desiderio sessuale.

Bocca e lingua: Forse le più importanti e versatili componenti sessuali (dopo i genitali). La bocca gioca un ruolo chiave nel processo di seduzione e può essere utilizzata in moltissimi modi in ogni fase delle attività.

Collo: Una potente zona erogena spesso trascurata.

IL CORPO

Pelle: Ricopre quasi interamente il corpo e funge da recettore di ogni genere di piacere sensuale.

Spalle: Vera chiave di volta della postura, forniscono indizi non verbali sulla sicurezza sessuale e lo stato fisico del soggetto.

Seno: La componente hardware più sensibile (dopo i genitali) ed elemento chiave per l'attrazione sessuale.

Addome: Mantiene il corpo in posizione nel corso delle spesso impegnative attività sessuali.

Braccia
: Essenziali per abbracciare e mantenere la posizione durante l'amplesso.

Mani: Fondamentali in tutte le fasi del rapporto.

Dita: Insieme alla lingua, le più abili e versatili dispensatrici di piacere.

Genitali: L'epicentro del piacere nonchè vero e proprio fulcro dell'intimità e dell'attività sessuale.

Gambe
: Per molte persone rappresentano un elemento di grande attrazione sessuale e sono fondamentali nella maggior parte delle posizioni.

Piedi: Una zona dalla forte carica erotica e molto amata da alcuni feticisti.

lunedì 14 marzo 2011

Hegel e la dialettica [3]

Verificata così l'impossibilità di trovare la verità nel lato dell'oggetto, la coscienza della certezza sensibile passa al suo opposto: non nel qui e nell'ora è la verità, ma nell'io che li vede, li sente, ecc. Ma anche in questa nuova posizione, che risulta dalla negazione della prima, opera di nuovo la negatività.
Infatti ciò che è vero per un io che vede, ad esempio, una casa a mezzogiorno, è del tutto diverso da ciò che è vero per un io che vede un albero a mezzanotte.
Tutti e due gli io pretendono evidentemente di affermare la verità, ma in realtà ognuno dei due mette in crisi la certezza dell'altro, e risulta manifesto che entrambi sono schiavi dell'immediatezza del loro sentire e del loro vedere sensibili e particolari.
La certezza sensibile esprime dunque che la propria essenza non sta né nell'oggetto né nell'io. Occorrerà dunque superare questi due opposti, negando sia la certezza sensibile che trovava la verità nel qui e nell'ora del mondo esterno, sia quella che, derivando dalla negazione della prima, trovava la verità nell'io che vede e sente i qui e gli ora. La certezza sensibile diviene quindi un intero, che comprende sia il lato oggettivo sia quello soggettivo delle precedenti: è la sintesi delle due precedenti unilateralità.
A sua volta poi, in ogni parte della filosofia hegeliana che preceda lo spirito assoluto (punto terminale e sintesi finale di ogni processo logico, storico e naturale), la sintesi diviene tesi di un nuovo processo dialettico.
Vediamo ad esempio il caso della citata certezza sensibile come intero di lato oggettivo e di lato soggettivo: in esso la negatività si manifesta con il fatto che la coscienza della certezza sensibile deve rinunciare a parlare, deve cadere nell'ineffabilità: se infatti dicesse “questo è”, ricadrebbe nelle unilateralità precedenti, e dovrebbe ricercare la verità delle sue parole o nell'io che parla o nella cosa di cui parla.
Deve dunque limitarsi ad indicare il questo cui si riferisce, preservando in tal modo l'interezza dell'io che indica e la cosa indicata. Questo processo dell'indicare è una sintesi positiva delle due precedenti unilateralità, in quanto non è vincolante a nessun ora e nessun qui particolari; l'indicare ha dunque l'aspetto positivo di preservare l'unità dei due lati ed è un modo di sperimentare il fatto che nessun ora e nessun qui particolari esauriscono la ricchezza dei molteplici qui ed ora. L'indicare è dunque esso stesso il movimento esprimente ciò che l'ora è in verità, ossia un risultato o una molteplicità di ora nel suo insieme raccolta; e l'indicare è imparare per esperienza che ora è un universale. Lo stesso vale per il qui.
Ecco dunque che Hegel analizzando la negatività del qui e dell'ora particolari (tesi) e dell'io particolare che sente e vede i qui e gli ora (antitesi) è giunto a definire una sintesi che rappresenta il superamento delle opposte unilateralità.
Che questa sintesi sia a sua volta la tesi di un ulteriore processo dialettico è evidente. La negatività di questa sintesi consiste proprio nel non poter parlare, nel non poter profferire, nell'essere inattingibile al linguaggio. Nel reale tentativo di pronunziare la cosa, essa si disintegrerebbe. Come evadere dalla negatività del non poter parlare? La coscienza non può rinunciare alla parola senza ricadere in uno stato ferino, e quindi la usa e si aiuta indicando l'oggetto di cui parla. Così facendo, la coscienza evade dalla certezza sensibile e giunge ad una forma superiore, quella della percezione: parlando di un qui, indicando nel contempo un qui concreto particolare, mostro d'intendere che esso non esaurisce l'universalità del qui, ma è un universale che da un lato si esprime con la parola, e dall'altro si concretizza come uno degli infiniti qui mediante l'indicazione concreta che ne faccio. Sono così giunto ad intendere la percezione come determinazione di un universale che supera la certezza sensibile immediata.
A sua volta la percezione diviene tesi di una nuova triadicità dialettica, che passa attraverso varie fasi, sempre sotto l'influsso della negatività. Anche nella percezione, cioè, la coscienza è spinta prima ad affermare la verità dell'essere universale, poi la verità della percezione umana dell'essere, infine ad unificare percepiente e percepito. Solo nel sapere dello spirito assoluto si ha la sintesi finale.
Poiché il compito essenziale della filosofia consiste soprattutto nel raggiungimento di una visione unitaria della realtà, lo strumento fondamentale di cui essa dovrà servirsi non potrà essere altro che la mediazione dialettica; strumento che Hegel può ritenere razionale in base alla riforma da lui compiuta della logica.
Esso ci condurrà a trattare i concetti come esseri viventi, la cui essenza è l'assoluta inquietudine di non essere quello che sono. E così la filosofia risulterà, in ultima istanza, la forma dialettica della conoscenza pensante.

domenica 13 marzo 2011

Niente guanti per i somari

L'intelligenza non mi appartiene; i commercialisti o gli avvocati sono intelligenti.
Io non sono nè avvocato nè commercialista.
Tu dici hai aspettative.
Io ti rispondo che non m'aspetto mai niente da nessuno, ma da nessuno sul serio figurati da un'estranea. Sarei illogico se m'aspettassi qualcosa da un'estranea, ma io non sono illogico. Son troppo scemo per esserlo.
Però è strano che qualcuno quando fa i cazzi suoi stia bene, quando fa qualcos'altro stia bene e quando deve comportarsi con un minimo di decenza stia male.
Che cazzo, si sta male a comando? Non credo.
E allora basta palle, si è semplicemente egoisti e a cazzi propri perchè non si fa pace col cervello. Basta alibi.
Si può sparire e si può cancellare, chi se ne fotte ma non mi piace essere preso per il culo.
Sono ingestibile, mica fesso.

sabato 12 marzo 2011

Dicono no, ma vogliono il sì

I Proci hanno invaso la grande casa.
Gozzovigliano, fanno confusione; approfittano dell'assenza del padrone, del re.
Il dramma vero è che non si sa se il re sia morto oppure no, l'incertezza è sempre nefasta.
Telemaco assiste impotente, finchè non gli viene in mente un'idea divina; un aiuto dalla teà glaukopis. Il frammento che segue m'è sempre piaciuto. Telemaco si scuote e comincia a prendere in mano le redini della sua vita. (Questa scena ne ha poi ispirata un'altra nel film Casablanca)

Udiva il canto divino dalle stanze superne
la saggia figlia d'Icario, Penelope,
e l'alte scale discese, non sola:
con lei due ancelle venivano. Appena la donna
sublime fu giunta al cospetto dei Proci,
alla porta sostò della sala, tirando
il nitido velo sul viso; le stava
da un fianco e dall'altro un'ancella solerte.
Allora si volse piangendo al cantore divino:
"Femio, altri canti conosci che allietano gli uomini,
molti fatti d'eroi e di numi che vanno i poeti
cantando; e tu canta a costoro sedendo
uno di quelli, ed essi bevano pure in silenzio
il vino; ma questo tralascia così doloroso
canto, che sempre il mio cuore consuma
nel petto da quando una pena mi colse
infinita: quell'uomo sempre rimpiango,
sempre quell'uomo ricordo di cui per la Grecia
e in Argo risuona grande la fama".
A lei rispondeva Telemaco saggio: "Madre,
perchè vuoi impedire che il dolce cantore
ci allieti secondo che l'estro lo guida?
Colpa non è del cantore se il canto
è triste, ma forse di Zeus che la sorte
come vuole a ciascuno dona degli uomini.
Se Femio canta dei Danai l'ultimo fato
non merita biasimo: amano molto i mortali
il canto che suona più nuovo alle orecchie.
Abbi di udire anche tu forza nell'animo,
giacchè non fu tolto soltanto ad Ulisse il ritorno:
tanti altri guerrieri son morti sui campi di Troia.
Ma tu nelle stanze rientra, all'opere tue
del telaio e del fuso; e cura che attendano
le ancelle ai lavori; parlare e decidere
è cosa di uomini, e mia più che d'altri,
perchè mio è qui nella casa il potere".
Stupita la madre rientrò nelle stanze; del figlio
accolse nell'animo le sagge parole: di sopra
salì con le ancelle, e pianse di Ulisse,
del caro suo sposo, finchè Atena, dal fulgido sguardo,
un dolce sonno a lei sulle palpebre infuse.

venerdì 11 marzo 2011

Hegel e la dialettica [2]

E' per l'appunto il riconoscimento di questo legame fra una qualsiasi determinazione e la sua negazione, ossia il comprendere l'opposto nella sua unità, il negativo nel positivo ciò che costituisce il nucleo del rinnovamento della logica proposta da Hegel. La vecchia logica, rigida e astratta, non riusciva a cogliere tale legame, ed anzi lo escludeva dogmaticamente dal campo della razionalità in nome del valore assoluto attribuito ai due principi di identità e di non-contraddizione. La nuova logica capovolge la situazione ereditata dal passato, sostituendo – per una specie di paradosso – ai due principi anzidetti il principio di contraddizione.
Questa sostituzione è ciò che le permette di cogliere la profonda razionalità del nesso “dialettico” tra l'uno e il molteplice, tra l'assoluto e l'empirico.
Per comprendere esattamente il significato e la funzione attribuiti da Hegel al principio di contraddizione, occorre far presente che la semplice affermazione di due concetti contraddittori non basta, secondo lui, a generare un vero e proprio rapporto dialettico.
A tale fine occorre qualcosa di più: e cioè che i due concetti contraddittori non vengano contrapposti uno all'altro in forma intellettualistica, ma vengano mediati fra loro. Occorre cioè che sia l'analisi stessa dell'uno a condurci verso l'altro. Mediare due concetti significa, per Hegel, farli uscire dal proprio isolamento, collegarli intimamente uno all'altro, scoprire – attraverso una seria e meditata riflessione su di essi – la loro profonda unità.
Facciamo un esempio, trattato sia nella Fenomenologia sia nella Logica, del modo in cui Hegel applica questa mediazione fra gli opposti per giungere a una sintesi unitaria: il passaggio dalla certezza sensibile della coscienza alla percezione.
Bisogna prestare attenzione su come Hegel riesca a far scaturire dall'interno stesso di una proposizione la “immane forza del negativo” che spinge alla posizione opposta (cioè dalla tesi all'antitesi), e poi di nuovo da questa alla sintesi.
A prima vista, la forma più ricca e più vera di conoscenza pare quella della certezza sensibile, che si esprime così: “Vero è ciò che io posso indicare qui, davanti a me, ora, in questo istante”.
In questa forma elementare e primaria del sapere, la certezza del qui e dell'ora coincide, per la coscienza, con la verità della cosa. Ma ecco che immediatamente comincia ad operare la negatività.
Domandiamoci ad esempio: “cosa è l'ora”, e mettiamo che la risposta suoni: “In questo istante l'ora (nel senso di adesso) è mezzanotte”. Scriviamola su di un foglio di carta. Rileggendolo all'indomani vedremo che l'ora (l'adesso) è diventato, poniamo, mezzogiorno. Ecco quindi che il primo ora non è più vero, mentre d'altra parte il nuovo ora continua ad essere un ora, proprio come il primo. In tal modo la certezza sensibile non è più, per la coscienza, la verità: l'ora non è più qualcosa di assolutamente certo e vero, bensì qualcosa di assolutamente indeterminato.
Lo stesso processo di negazione intrinseca si può constatare per il qui: la coscienza sensibile fa consistere la verità nella certezza sensibile del dire, ad esempio, “questo albero qui”. Ma basta volgere le spalle all'albero e vedere, poniamo, una casa, ed il qui è già cambiato, pur restando sempre un qui.

giovedì 10 marzo 2011

Esercizio n.2

Quando Aldo tirò fuori il calzino dal cassetto, osservò per un istante il buco. Poi si girò e uscì dalla stanza col pedalino ben stretto in mano.
Marta! Marta! gridò in direzione del salotto dove presumeva che la moglie stesse guardando alla tv le sue solite, stupidissime telenovelas; ma, come risposta, Aldo ottenne un perfetto silenzio.
Continuò, allora, a camminare verso il salotto che però trovò vuoto con il televisore spento.
Marta? chiamò con più calma, placato da quella inaspettata assenza. Anche stavolta la moglie non rispose, eppure Aldo era sicuro che fosse in casa e decise di andare vedere in camera da letto dove finalmente la scorse. Non si rasserenò del ritrovamento perché Marta, come una trottola impazzita, correva dall'armadio al letto e dal letto ai cassetti buttando con furia tutto quello che trovava in una valigia.
Marta..ma che stai facendo? esclamò Aldo alla vista di quello spettacolo imprevisto.
Lei non rispose continuando a fare quello che stava facendo, senza prestargli la minima attenzione. Finalmente si fermò e smise di agguantare vesti e mutande. Chiuse la valigia con forza e afferrò con decisione la maniglia sollevando quella valigia strapiena senza alcuno sforzo. Oltrepassò Aldo non degnandolo di uno sguardo e si avviò alla porta d'ingresso.
Marta, dove diavolo vai?? urlò Aldo ormai in preda al panico.
La donna non rispose neanche questa volta ed era già quasi del tutto fuori dall'appartamento.
Marta!!! ancora Aldo, ormai implorante.
Torno da mia madre, soffiò rabbiosamente lei. Poi guardandolo con un'espressione furiosa che lui non le conosceva aggiunse: Rammendatelo da solo quel calzino e se non ci riesci usalo come scalda pisello! Addio! e sbatté la porta così forte che il rumore dovette sentirsi a kilometri di distanza.
Per qualche minuto, impietrito, Aldo rimase nei pressi dell'ingresso con quel calzino in mano con il buco fatto dal suo alluce sinistro.
Quando si riscosse girò per tutte le stanze della casa senza sapere il perché fino a chiudersi in bagno. Si sedette sulla tazza ancora vestito e cominciò a piangere, in preda ad una crisi isterica. Reagiva sempre così quando non capiva le cose e spesso la realtà sentiva come se gli arrivasse da dietro per giocargli qualche brutto tiro.
Come al solito, quando gli capitava qualche brutta cosa. chiamò Antonio che era il suo migliore amico.
Tra frasi sconnesse, singhiozzi e parolacce Aldo riuscì a malapena a spiegare all'amico cos'era successo. Antonio, che gli voleva davvero bene, alla fine di quello che gli sembrava un delirio disse Va bene Aldù, calmati. Tra un'ora sarò lì da te e vedrai che riusciremo a trovare una soluzione. Ma tu? che hai combinato?
Niente, te lo giuro!
Sicuro? magari lei ha scoperto qualcosa, che so...una scappatella...
No Antò, nessuna scappatella. Da quando siamo sposati non ho pensato ad altre che a lei, solo a lei.
Va bene, ci vediamo dopo.
Dopo circa un'ora e mezza Antonio entrava in casa di Aldo che appariva abbastanza scosso. Lo abbracciò dandogli forte pacche sulle spalle come se volesse fargli coraggio. Notò che aveva ancora il calzino in mano e gli disse Ancora con quel calzino? Dài qua che ti faccio vedere come si rammenda. E dopo essersi fatto dare ago e cucito, inumidì il filo e con un colpo secco centrò la cruna.
Aldo lo guardava ammirato mentre Antonio con una tecnica tutta sua, ma efficace, riparava quel maledetto buco.
Finito quel rattoppo, andarono in camera da letto dove Antonio vide la confusione che ivi regnava e sopratutto il disordine di Aldo che da persona sciatta (come era sempre stato) non piegava i suoi pantaloni né i maglioni, e pure il pigiama se ne stava tutto sgualcito sul letto.
Anche lo studio dove Aldo si rintanava per leggere era nel caos più totale. Misero in ordine insieme, riponendo i libri sulle mensole, radunando le penne e ordinando i fogli sulla scrivania.
Passarono poi in cucina e anche lì c'era un bel disastro da sistemare. Antonio chiese ad Aldo dove fossero i detersivi, ma Aldo fece una strana smorfia come se sentisse quella parola per la prima volta.
Antonio sbuffò un poco, ma restò calmo. Aprì il frigorifero, diede una birra ad Aldo e gli disse Siediti in poltrona, io pulisco qui e poi cucino qualcosa (Aldo ne fu sollevato perchè ai fornelli era una schiappa); stasera ceneremo insieme. E da domani oltre a cercare di far pace con Marta devi imparare ad essere autonomo e più ordinato, intesi? E gli fece l'occhiolino per mitigare quella piccola ramanzina.
Aldo fece di sì con la testa e andò a sedersi. Sorseggiava la birra e guardando come Antonio si dava da fare per lui gli venne da sorridere perché la gratitudine gli riempiva il cuore.
Cominciò a pensare (era già brillo) che forse aveva sbagliato a sposare Marta e che avrebbe dovuto mettersi con Antonio. Affettuoso, fedele, simpatico, sapeva fare i lavori di casa ed era pure un bravo cuoco. L'unico problema era che con lui certe cose non le poteva fare, ma che importava! Antonio aveva una bella macchina e insieme sarebbero andati da quelle signorine che fanno i focolari con i copertoni.

mercoledì 9 marzo 2011

Hegel e la dialettica

L'UNO E IL MOLTEPLICE

Nei primi anni del periodo jenese, Hegel fu in larga misura influenzato da Schelling e anzi dedicò le sue prime pubblicazioni a dimostrare la superiorità di Schelling su Fichte. Dai due maestri dell'idealismo egli accettava la concezione della filosofia come riflessione sulle forme essenziali in cui si estrinseca la realtà e quindi come ricostruzione della realtà stessa. In particolare accettava da Schelling, in opposizione a Fichte, l'affermazione della realtà della natura.
Fin dagli scritti di quell'epoca si può tuttavia intravvedere ciò che distinguerà nettamente la filosofia di Hegel da quella dei due autori testé menzionati: tale differenza concerne il rapporto tra l'uno e il molteplice. Tanto per Fichte quanto per Schelling esiste un'inconciliabile antitesi fra unità e molteplicità; ne è una conferma, tra l'altro, la stessa conclusione mistico-religiosa dei loro sistemi filosofici. Per Hegel, al contrario, ogni dualismo del genere va recisamente respinto: solo l'unità astratta è, secondo lui, opposta al molteplice; l'unità concreta si realizza, invece, tutta intera in esso.
L'intimo nesso fra uno e molteplice sta al centro di tutta la filosofia hegeliana.
Dal punto di vista propriamente metafisico, l'unità è l'assoluto mentre la molteplicità è il complesso dei momenti empirici; il loro richiamarsi reciproco è l'affermazione che l'assoluto non trascende l'empirico, ma si rivela in esso, conciliando – senza annullare – le differenze riscontrabili nell'esperienza.
Secondo Hegel, solo attraverso queste differenze e attraverso i loro conflitti, l'unità raggiunge la sua piena realizzazione.
Ma su quale base potremo sostenere che l'assoluto (unitario) si realizza nel molteplice dell'esperienza?
Per Hegel la base, cui fare appello per sostenere l'affermazione ora riferita, deve essere prettamente razionale; deve essere la ragione stessa a farci comprendere senza ombra di dubbio che il molteplice, pur con i suoi conflitti, anzi proprio attraverso di essi, costituisce una sostanziale unità.
Qui Hegel si richiama ad Eraclito: per l'uno come per l'altro l'unità del molteplice scaturisce logicamente proprio dalla guerra intestina, da cui il molteplice è ininterrottamente agitato.
La logica, di cui qui si fa parola, non può essere quella aristotelica; secondo Aristotele, infatti, l'uno e il molteplice sono, nella loro rigidità, concetti contrapposti che si escludono a vicenda. Per comprendere come l'uno possa scaturire dal molteplice, occorre rinnovare la logica in senso dialettico.
Bisogna sottolineare che, secondo Hegel, la logica non concerne il solo processo discorsivo ma il processo stesso della realtà.
La distinzione fra realtà e idea era cara all'intelletto astratto, organo della vecchia logica; non è invece sostenibile da un punto di vista autenticamente razionale. Essa era stata fatta propria dal dualismo kantiano, che contrapponeva il conoscere alla cosa in sé; ma è l'impostazione stessa del kantismo a rivelarsi priva di fondamento, malgrado l'istanza critica da cui prende le mosse (o forse proprio per il carattere artificioso di tale istanza). Uno dei punti di vista capitali della filosofia critica è che prima di procedere a conoscere dio, l'essenza delle cose, ecc., bisogna indagare la facoltà del conoscere per vedere se sia capace di adempiere quel compito: si dovrebbe apprendere a conoscere l'istrumento prima di intraprendere il lavoro che per mezzo di esso deve essere portato a termine... ma l'indagine del conoscere non può accadere altrimenti che conoscendo; dacchè indagare questo questo cosiddetto istrumento non è altro che conoscerlo. Voler conoscere dunque prima che si conosca è assurdo, non meno del saggio proposito di quel tale scolastico di imparare a nuotare prima di arrischiarsi nell'acqua.
Già Kant aveva parlato di dialettica e aveva a tal proposito sottolineato il carattere contraddittorio delle idee costruite dalla ragione; a suo giudizio, però, questo carattere contraddittorio costituiva un motivo sufficiente a farcele ritenere illusorie, a farci ritenere cioè che esista una frattura incolmabile fra la ragione e il mondo della realtà. Per Hegel, invece, tale contraddittorietà è una proprietà essenziale di ogni determinazione, sia dell'essere sia del pensiero.
Riflettendo con rigorosa coerenza su qualunque determinazione, noi giungeremo a coglierne il legame necessario con la sua stessa negazione.

martedì 8 marzo 2011

Un flusso dalle mille uova impazzite

Al limitare di una curva, in uno spiazzo ampio (ma col cemento a terra), c'è una fontanella un po' stramba.
Stramba perchè caccia acqua quando pare a lei. Una volta c'è un'altra no. Una cosa assolutamente incomprensibile. Fosse una fonte di montagna (tipo quella dove Messner è stato sodomizzato da uno Yeti) si direbbe vabbè s'è seccata, è colpa di madre natura. Hanno controllato i tubi e non c'è nessun intoppo, nessun guasto. La camorra stavolta non centra, non ha deviato o rubato le condutture.
Fatto sta che la fontanella butta acqua quando le pare a lei e come vuole lei.
A volte è acqua fresca e pura altre volte è un'acquaccia torbida.
Nessuno riesce a risolvere il caso; in pratica sta fontana va a cazzi suoi.
Io scommetto che ci sarà un tripudio ove mai sta fontanella cominciasse a zampillare vino.

lunedì 7 marzo 2011

Ti spalmo un ideogramma sul culo

Siccome lo zen, ultimamente, è piacuto a gente che mi sta sul cazzo per ora ne farò a meno. E visto che la filosofia occidentale non "serve", figuriamoci quanto può essere "inutile" quella orientale.
Preferisco mettere due pezzetti trovati in rete dei quali mi sono compiaciuto.

Vedere il mondo con occhi nuovi:
occhi di gomma, per l'elasticità
occhi di vetro, lente ingrandente rimpicciolente
occhi di piuma, leggeri come carta velina
occhi di specchio, per ribaltare ogni convenzione-convinzione
e vedere dentro la natura umana.


Daltonici, presbiti, mendicanti di vista
il mercante di luce, il vostro oculista,
ora vuole soltanto clienti speciali
che non sanno che farne di occhi normali...

domenica 6 marzo 2011

Hai capito sto russo? (ahuahuahuahuahau)

“Ed ecco il motivo di quei maledetti jerseys, di quegli abiti attillati, scollacciati, di quella braccia nude, di quei seni mostrati. Le donne, specie quelle che hanno già esperienze degli uomini, sanno bene che conversare su alti argomenti approda a ben poco, all'uomo non preme altro che il corpo, quanto può farlo risaltare, sia pure con mezzi artificiosi, e a ciò s'adoprano le donne.
Anche a prestare un po' di indulgenza, considerando il fatto che l'abitudine a tali sconcezze è diventata in noi una seconda natura, osservando tuttavia la maniera di vivere delle classi più elevate, finirem per dire che ci troviamo davanti a un grandissimo e frequentatissimo bordello. Ne siete persuaso? Permettete che ve lo dimostri” disse prima che gli rispondessi. “Voi dite che le donne della nostra società hanno ben altri interessi nella vita che conducono di quelli delle donne che vivono nelle case di tolleranza; e io dico di no, e sono pronto a dimostrarvelo. Se delle persone si propongono scopi diversi nella vita, se diverso è l'intimo contenuto del loro vivere, non c'è alcun dubbio che anche nell'aspetto esteriore presenteranno qualche diversità ma osservate un po' quelle disgraziate, quelle creature, oggetto del comune disprezzo, e poi le signore del gran mondo: hanno in comune le stesse acconciature, le stesse mode, gli stessi profumi; tanto le une come le altre vanno con le braccia nude, e nude mostran le spalle, nudi i seni, e ci tengono a mostrare anche il didietro nelle loro vesti che tanto lo mettono in rilievo; e hanno la stessa passione per i gioielli di gran prezzo e luccicanti, e gli stessi divertimenti, le stesse danze e le stesse canzoni. Tanto le une come le altre usan le stesse arti per attirare gli uomini. Se vogliamo esser giusti nella nostra definizione, dovremo dire che le donne che fanno le prostitute per breve tempo incorrono nella generale riprovazione, ma tutti rispettano quelle donne che la tirano a lungo in quel mestiere".

La sonata a Kreutzer

sabato 5 marzo 2011

Wittgenstein e la musica Classica (pensieri sparsi)

Fenomeni affini al linguaggio in musica e in architettura. L'irregolarità significativa – nel gotico, ad es. (mi vengono in mente anche i campanili della cattedrale di san Basilio). La musica di Bach è più simile al linguaggio che non quella di Mozart e di Haydn. I recitativi dei bassi nel quarto movimento della Nona Sinfonia di Beethoven. (Confronta anche l'osservazione di Schopenhauer sulla musica universale composta per un testo particolare).
Che cosa manca alla musica di Mendelssohn? Una melodia “coraggiosa”?
Bach ha detto che tutto ciò che ha fatto è frutto della sua applicazione. Ma una simile applicazione presuppone appunto umiltà e un'immensa capacità di soffrire, quindi un'immensa forza. E colui che dopo tutto questo sa esprimersi alla perfezione, ci parla appunto il linguaggio di un grande uomo.
Vi sono problemi ai quali non mi accosto mai, che non si trovano nella mia linea o nel mio mondo. Problemi dell'universo di pensiero occidentale, ai quali Beethoven (e forse in parte Goethe) si è accostato e coi quali ha lottato, ma che nessun filosofo ha affrontato davvero (forse Nietzsche è ad essi passato vicino). E forse sono problemi perduti per la filosofia occidentale, cioè non vi sarà più nessuno che sentirà e quindi potrà descrivere il procedere di questa civiltà come un'epopea. O meglio, essa non è più propriamente una epopea, oppure lo è solo per chi l'osserva dall'esterno, ed è forse questo che ha fatto Beethoven, con preveggenza (come ha accennato una volta Spengler). Si potrebbe dire che la cultura del progresso deve avere il suo poeta epico in anticipo. Così come si può solo prevedere la propria morte e descriverla contemplandola in anticipo, e non riferirne da testimoni diretti. Si potrebbe anche dire: se tu vuoi veder descritta l'epopea di tutta una civiltà, devi cercare fra le opere dei suoi esponenti più grandi, in un'epoca cioè in cui la fine di quella civiltà poteva essere solo prevista; dopo, infatti, non c'è più nessuno che la possa descrivere. E per questo non vi è affatto da meravigliarsi se l'epopea è scritta nell'oscuro linguaggio del presagio ed è comprensibile a pochissimi.
Ai tempi del film muto suonavano come accompagnamento tutti i classici, ma non Brahms e Wagner. Non Brahms, perchè è troppo astratto. Posso immaginare una scienza emozionante accompagnata da una musica di Beethoven o di Schubert e che dal film mi derivi una certa comprensione di quella musica. Ma questo non vale per la musica di Brahms. Invece Bruckner per un film va bene.
Si può dire di una sinfonia di Bruckner che ha due inizi, l'inizio del primo pensiero e quello del secondo. Questi due pensieri non si comportano fra loro come consanguinei, bensì come marito e moglie.
La Nona di Bruckner è come una protesta contro la Nona di Beethoven ed è per questo che diventa sopportabile, il che non sarebbe se intesa come una sorta di imitazione. Il suo comportamento verso la sinfonia di Beethoven è molto simile a quello del Faust di Lenau nei confronti del Faust goethiano, e cioè del Faust cattolico rispetto a quello illuminista, ecc., ecc.
L'ironia nella musica. In Wagner, ad es., nei Maestri Cantori. Incomparabilmente più profonda nel primo movimento della Nona, nel Fugato. Vi è qualcosa qui, che corrisponde nel discorso all'espressione di una felice ironia.
Avrei anche potuto dire: il deforme nella musica. Nel senso in cui si parla di lineamenti deformati dall'afflizione. Quando Grillparzer dice che Mozart ha ammesso nella musica solo “il bello”, vuol dire, credo, che egli non ha ammesso il deforme, l'orrido, che non si trova nulla nella sua musica che a esso corrisponda. Non dico che questo sia vero al cento per cento; ma, ammesso che sia così, è un pregiudizio di Grillparzer che non potesse essere che così. Se la musica, dopo Mozart (naturalmente soprattutto con Beethoven), ha ampliato la sua area linguistica, non è un fatto che si debba apprezzare o deplorare; il fatto è che si è venuta mutando così. Nell'atteggiamento di Grillparzer vi è una sorta di ingratitudine. Vorrebbe avere un altro Mozart? Potrebbe immaginarsi che cosa comporterebbe ai nostri giorni un uomo così? Avrebbe potuto immaginarsi Mozart, se non lo avesse conosciuto? Qui anche il concetto de “il bello” ha creato qualche danno.

venerdì 4 marzo 2011

Esercizio n.1

Arriva un momento nella vita di ogni uomo in cui è necessario fare una scelta, di quelle che possono cambiarne per sempre il corso. Quel giorno Pietro avrebbe dovuto farla in fretta.
Loredana, la sua ragazza, aveva deciso di lasciare Napoli e di partire alla volta di Milano in cerca di fortuna e di lavoro in quella grande e ricca città del nord.
Era da tanto che gliene parlava, ma Pietro all'inizio l'aveva ascoltata molto distrattamente presumendo che Loredana volesse solo lamentarsi un po' come spesso amano fare le donne; ma poi prese atto che lei faceva sul serio e che era davvero infelice e ben determinata a cambiare le cose.
La loro relazione viveva sul quel bizzarro equilibrio di personalità diametralmente opposte: lui amante dell'inerzia, contento di seguire senza tante domande lo status quo e lei invece perennemente inquieta e insoddisfatta sempre alla ricerca di novità.
Pietro aveva ricevuto un ultimatum che sarebbe scaduto quella sera stessa, stava insomma più inguaiato della Serbia nel luglio del 1914.
Appoggiò la fronte ai vetri della finestra, guardò fuori la strada semi deserta e cominciò a soppesare la situazione; pensare lo stancava quasi fisicamente. Mise un punto fermo: voleva davvero bene a Loredana e subito le domande si moltiplicarono dentro di lui fino a sopraffarlo.
Lei domane parte, se non vado con lei come potrò sopravvivere senza il suo affetto, il suo sorriso e il suo corpo da ballerina che tanto mi stuzzica? Ma voglio davvero trasferirmi e lasciare tutto? Milano così fredda e caotica, già la odio come potrei viverci? Lasciare il mio lavoro che fa schifo ok, ma almeno è certo per qualcosa d'incerto? Come sarebbe vivere insieme? Già perchè anche questa novità si sarebbe aggiunta con la partenza; finora avevano vissuto ognuno per conto suo.
La sera cominciava a calare sulla città e ad invadere la stanza dove Pietro rimaneva seduto sulla poltrona a meditare sul da farsi. Era arrivato il momento di rompere gli indugi e di fare quella benedetta scelta. Si alzò, prese il cellulare dalla mensola e compose il numero di Loredana.
“Pronto?” rispose una voce femminile un po' affannata come se avesse smesso di correre da poco.
“Ciao Loredana...”, cominciò lui un po' titubante.
Si fermò qualche istante, prese fiato e disse tutto in una volta: “ti auguro buon viaggio!”

martedì 1 marzo 2011

In fondo a destra

Leggo un articolo di un giornalista maturo, che scrive su un quotidiano importante.
Parte da Gladstone e i Borboni e poi non capisco come arrivi a Silvio. Lo difende dagli attacchi degli inglesi, lo chiama il nostro premier. Da vomito.
Questo è uno dei mali dell'Italia, sti borghesi del cazzo baciapile che non hanno un briciolo di dignità.
Devo andar via dalla scuola, lì ormai non c'è futuro e mi sono pure rotto il cazzo.
Sono sulla strada dell'impegno a scrivere di più. Anche cose piccole, ma ho solo voglia di scrivere raccontini; sono un ottimo sfogo e poi perchè mai non seguire sta voglia che ho? Basta solo un po' d'impegno e di passione. Voglio anche mettere qui quelli vecchi che mi piacciono di più, così per ricordo.
Ho tirato fuori dalla naftalina le quattro matite celesti, le avevo messo in punizione ma ora è giusto che risorgano. Sti cazzi se le butto, mi servono e mi piacciono.
Non intendo però fare nulla di astratto, quello semmai dopo.
Ho preso di mira un cavatappi e lo ritrarrò. Ritrarre un cavatappi? Sì.
Giovedì ho il giorno libero e quindi mercoledì sfrutterò il bonus serata che diventa nottata fino all'esplodere delle orbite.
Ho un bonus da 4 euri e 99 da spendere, non vedo l'ora.