sabato 14 giugno 2014

Carla, ti ssei dimenticata i ssoldi

Introduzione.
Vi ricordate il grandissimo film “Al bar dello sport”? C’è la scena di quando Lino fa 13 e corre al bar perché vorrebbe dirlo a tutti gli amici. Quando entra nel bar trova gli altri che stanno vedendo la tv dove c’è un napoletano che ha fatto 13 ed è circondato da ogni sorta di parente e parassita che in pratica gli toglieranno tutti i soldi. Lino cambia idea, ma la battuta che m’interessa è quella di Gaetano che dice: “Chill non può essere napoletano, chill è tropp è strunz”.

Qualche giorno fa, navigando nel mare infinito del web, mi sono imbattuto in Carla Attianese.
E, precisamente, in questo tweet:
Ora, il buon Riccardo Puglisi, ricercatore universitario, uno che di economia ne mastica le ha fatto giustamente notare che quel giorno il “merito” dell’abbassamento dello spread era della manovra e delle decisioni di Draghi non certo delle chiacchiere di Renzi.
Insomma, le faceva notare che si stava rendendo ridicola. Ovviamente non c’è stato niente da fare. Dopo uno scambio di un paio di tweet in cui Puglisi cercava solamente di essere tecnico e logico, Carletta lo ha bloccato per “stalking”. Cioè non contenta di essere stata ridicola prima, ha voluto rendersi ridicola fino in fondo.
Incuriosito da questa grande mente e onestà intellettuale di Carletta sono andato a vedere la sua pagina facebook, dove ho trovato questo commovente post:
Dopo averlo letto, qualche perplessità lo ha avuta; lo confesso. Cioè già l'uso del termine "outing" non l'ho capito. Outing vuol dire "confessare" o prendere una posizione nuova, inedita, rispetto a posizioni o idee precedenti. Cioè se io voto PD da vent'anni, quando poi per l'ennesima volta voto PD quale sarebbe l'outing? E' come se io tifassi per l'Inter da vent'anni e il giorno prima della finale di coppa Italia tra Inter e Roma dicessi: ho deciso di fare outing e di tifare per l'Inter. Poi Carletta si profonde in spiegazioni tra l'aulico e il delicato. Insomma le classiche strunzat piddine di gente serva della troika e leccapalle di Monti che prima approva tutto e poi vuole rovesciare il tavolo. Tavolo da loro stesso creato. E, comunque, manca qualsiasi accenno ai ssoldi.
Stavo per intervenire, giusto per discutere, quando ho letto questo nel profilo di Carla:
Una napoletana tra Roma e Bruxelles. Di lavoro press officer Pd al Parlamento europeo.
E allora mi sono fermato. Quando mi accorgo o leggo che ho a che fare con uno/a che la pagnotta a casa, lo stipendio se lo insacca, insomma campa grazie a un partito e alla politica non vale la pena di discutere. Ti troverai davanti un semplice clientelizzato che se Renzi dirà che il sole è verde, troverà il modo di giustificare la frase "il sole è verde".
Vi posto l'altra parte del profilo, giusto per farsi una risata:
Opinioni e RT solo farina del mio sacco.
Uhaz uhaz uhaz. Una farina che dà sempre ragione a Renzi, al PD e che dice che Grillo è una merda, il M5S fa schifo ecc. Insomma, una farina molto monotona. Oppure, ipotizzo, Carla è talmente indipendente che tutti i tweet e i post su facebook pro PD siano una semplice coincidenza.
A dire il vero, già mi è capitato con un'altra donna del PD*, che porta i ssoldi a casa grazie a esso, di "discutere". Non ci concludi nulla, lei si rende ridicola e basta. A 'sto punto o lascio perdere o, quando sto in vena, li prendo per il culo alla grande.

*Alle politiche del 2013, dopo che il "suo" Bersani aveva passato più di un anno a leccare le palle di Monti uomo della Goldman Sachs ebbe il coraggio di dire che Grillo era pericoloso perché una sua elezione avrebbe fatto felice quelli della Goldman Sachs...ahahahhahaahhhahahhahahahahhahahahhahahahahhahahahhahahahhahahahahahhahahahahahahhahahahahahahhahahahahah!!!

domenica 8 giugno 2014

La crisi in Grecia. Storia e luoghi comuni


Chi non porta un amore infinito, filiale, struggente per la Grecia e per i Greci non è amico mio.
Chi non prova un immenso senso di gratitudine per tutto quello che la Grecia ci ha donato non è amico mio.
Chi non legge, non studia, non apprende, non venera i poeti, i filosofi, i tragici, i letterati, gli scienziati Greci non è amico mio. Chi, in poche parole, non attinge costantemente alla Cultura e alla Storia Greca non è amico mio. Può essere un conoscente, una simpatica persona ma non è Amico mio.
Chi non ha avuto la sensibilità di cercare di capire cos’è questa “crisi” che ci attornia non è amico mio. Chi, a vedere quello che succedeva in Grecia e ai Greci, non ha sentito l’obbligo di studiare e di capire cosa stesse accadendo non è amico mio. Chi ha girato la faccia infastidito, chi si è limitato al tg1 o a un articolo di Repubblica non è amico mio. Chi, non sapendo veramente un cazzo, ha osato parlare della situazione Greca non solo non è amico mio, ma lo considero un vero e proprio nemico.
Stasera, con l’aiuto di Vladimiro Giacchè autore di Titanic Europa, voglio portare due piccoli contributi. Uno dedicato alla storia della crisi in Grecia, un altro che affronta i luoghi comuni fioriti sui Greci.
Un po’ di storia
La crisi europea inizia in Grecia nell’ottobre 2009, quando i socialisti di Papandreu, appena vinte le elezioni, decidono di rendere note le condizioni dei conti pubblici, molto più drammatiche di quanto si pensasse: di fatto, i conservatori di Karamanlis (membri del partito Popolare Europeo al pari della Cdu tedesca della Merkel e del partito di Berlusconi) avevano truccato i conti per anni, nascondendo il sistematico sforamento dei parametri di Maastricht (rapporto deficit/pil al 3% e debito/pil al 60%). Appare evidente che la situazione reale dei conti pubblici è insostenibile. In Europa iniziano mesi di tira e molla sugli aiuti da dare alla Grecia e sulle condizioni cui subordinarli. Nel frattempo la speculazione brucia il valore dei titoli di Stato ellenici, facendo precipitare la situazione.
Ma c’è un motivo di fondo per cui la Grecia non può essere lasciata sola: questo motivo è rappresentato dagli ingenti prestiti che banche tedesche e francesi avevano concesso (e che servivano allo Stato e ai cittadini greci per comprare prodotti tedeschi e francesi). La situazione sembra precipitare a maggio 2010, con la Grecia impossibilitata a onorare alcuni debiti in scadenza. Il problema viene “risolto” con un “salvataggio” che è in realtà un salvataggio delle banche tedesche e francesi e non della Grecia. In cambio di nuovi prestiti alla Grecia vengono imposte manovre di austerità durissime, che deprimono l’economia e fanno precipitare consumi e investimenti. Con il risultato di far balzare il rapporto debito/pil dal 129,3% del 2009 al 144,9% del 2010. Nel frattempo quello che era un problema molto circoscritto (anche perché relativo a un Paese che esprime appena il 2,5% del pil dell’area valutaria) si allarga. Altri Paesi sono colpiti. Anche la situazione in Grecia continua a peggiorare. Questo richiede ulteriori interventi, anch’essi non risolutivi: nell’estate del 2011 le autorità europee prendono finalmente atto dell’inevitabilità di una ristrutturazione almeno parziale del debito pubblico greco.
I luoghi comuni
In questo lungo periodo di tempo gli organi di informazione, non soltanto in Germania ma in tutta Europa, alimentano il luogo comune di una Grecia dove nessuno lavora, tutti vivono alle spalle dell’Europa e passano il loro tempo a escogitare trucchi contabili e i modi più ingegnosi per non pagare i creditori. Se il quotidiano scandalistico tedesco “Bild” titola Vendete le vostre isole, greci bancarottieri!, il governo finlandese propone di chiedere in pegno il Partenone come garanzia per i nuovi prestiti da erogare alla Grecia. E il nostro Paese non è da meno: il quotidiano “la Repubblica” in un titolo parla della Grecia come di un Bengodi all’ombra del Partenone. [qui l’articolo originale]
L’ondata di luoghi comuni, conditi con veri e propri pregiudizi razzistici sui Greci, è stata così pervasiva che un istituto di ricerca tedesco ha ritenuto opportuno passare in rassegna i cliché più diffusi, dimostrandone l’assoluta falsità. Ecco i principali risultati dell’indagine:
I Greci lavorano troppo poco. FALSO: prima della crisi i Greci lavoravano in media 44,3 ore alla settimana. La media dell’Unione Europea è di 41,7 ore, quella tedesca è di 41 ore.
I Greci sono sempre in vacanza. FALSO: i lavoratori Greci godono di 23 giorni di vacanza all’anno. Il record europeo è dei Tedeschi: 30 giorni.
I Greci hanno stipendi troppo elevati. FALSO: il livello salariale medio in Grecia è pari al 73% della zona euro (e un quarto dei lavoratori greci guadagna meno di 750 euro al mese). Anche lo stipendio degli impiegati pubblici è inferiore a quello dei loro colleghi europei: già prima della crisi gli insegnanti, ad esempio, dopo quindici anni di servizio guadagnavano in media il 40% in meno che in Germania.
I Greci hanno delle pensioni d’oro, e sono tutti pensionati-baby. FALSO due volte: i lavoratori maschi vanno in pensione in media all’età di 61,9 anni. In Germania a 61,5 anni. La presunte “pensioni d’oro”, poi, sono queste: una media di 617 euro al mese, pari al 55% della media zona euro (con i due terzi dei pensionati che devono tirare avanti con meno di 600 euro al mese).
In Grecia c’è un’eccessiva presenza dello Stato nell’economia. FALSO: prima della crisi, tra il 2000 e il 2006, il rapporto tra spesa pubblica e prodotto interno lordo era sceso dal 47% al 43% e si era sempre mantenuto al di sotto del livello tedesco.

mercoledì 4 giugno 2014

Anche il manifesto con la porcata del 1977


Ci risiamo. A neanche due mesi dalla figura di merda del Corriere della sera, stavolta tocca a il manifesto quotidiano comunista (e Marx ogni giorno si rivolta nella tomba). Per farvi un’idea veloce leggete questo post di dagospia.


Ovviamente se il Corriere della sera è ignorante con questa storia della disoccupazione più alta dal 1977 il manifesto, venendo dopo, non solo è ignorante ma è pure ritardato.
Uso “ignorante” giusto per dire, ma io non credo che questo fatto della disoccupazione del 1977, di questo titolone fasullo sia ignoranza. Il termine giusto è collaborazionismo.
C’è una strategia ben precisa che porta a scrivere questo DATO FALSO, e chi collabora a questa strategia non è né più né meno che un collaborazionista. Uno sporco collaborazionista.
Vi linko l’articolo di Alberto Bagnai che spero vorrete leggere sia per capire come stanno veramente le cose con la disoccupazione, sia per farvi due risate alla faccia di questi sedicenti giornali (in realtà eredi del MinCulPop) e di questi sedicenti giornalisti (servi del padrone).
E ora, servi ottusi, ripetete col prof. Bagnai:
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959
la disoccupazione è ai massimi dal 1959

lunedì 2 giugno 2014

Montesquieu, due pensieri su Hobbes


Mia sorella mi ha regalato una piccola libreria Ikea. Ne avevo proprio bisogno perché alcuni libri non entravano più davvero nelle librerie che già possedevo e caos e confusione regnavano sovrani.
Mettendo a posto e spolverando mi sono imbattuto in un volumetto di Montesquieu intitolato Pensieri.

Adoro questo tipo di libriccini, agili snelli ma dal contenuto poderoso. Poter ritrarsi per un’oretta dalle miserie dalle meschinità dalla violenza e dalla banalità quotidiane per poter assaporare e godersi i pensieri di una grande mente del passato è uno dei miei piaceri preferiti.
Non siamo di fronte alla lettura impegnativa e faticosa dello Spirito delle leggi, ma possiamo rilassarci e ascoltare Montesquieu, sentire quello che pensa su vari argomenti: Amore, Amicizia, Amor proprio, Religione, Filosofia ed altri ancora.
Proprio sull’amor proprio ho letto delle cose molto interessanti, ma stasera ho deciso di condividere due pensieri su Hobbes. Soprattutto il secondo, almeno secondo me, dovrebbe essere scolpito nella mente di tutti gli uomini e di tutte le donne.
Un’ultima cosa. Non fate i fanelli, per favore. Dopo aver letto questi due pensieri su Hobbes non andate sul web a scrivere porcherie sul filosofo del Leviatano. Si chiamano pensieri proprio perché rappresentano attimi di riflessione che Montesquieu DOPO AVER LETTO Hobbes mette su carta; pensieri che vanno sì meditati ma soprattutto approfonditi. Limitiamoci a questo: leggiamoli, ruminiamoli, godiamoceli. Ma se poi vorremo parlare di Hobbes non c’è via di scampo: dovremo LEGGERE Hobbes per conto nostro e trarre da noi stessi pensieri e riflessioni su Hobbes. Fate come Montesquieu, insomma, non andate fuori giri come un fanelli qualunque.
È un principio completamente falso quello di Hobbes secondo cui, avendo il popolo conferito l’autorità al principe, le azioni di quest’ultimo sono le azioni del popolo, e di conseguenza il popolo non può lagnarsi del principe, né chiedergli conto in alcun modo delle sue azioni, perché il popolo non può lagnarsi di se stesso. Così, Hobbes ha trascurato il suo principio di diritto naturale, secondo il quale Pacta esse servanda*. Il popolo ha autorizzato il principe sotto condizione, l’ha nominato sulla base di una convenzione. Il principe deve tenervi fede, e rappresenta il popolo solo come il popolo ha voluto (o si presume aver voluto) che lo rappresentasse. Per di più, è falso che chi viene delegato abbia lo stesso potere di chi delega, e non dipenda più da questi.

Hobbes dice che, essendo il diritto naturale null'altro che la libertà di fare quanto serve alla nostra conservazione, la condizione naturale dell'uomo è la guerra di tutti contro tutti. Ma, oltre a esser falso che la difesa implichi inevitabilmente la necessità dell'attacco, non bisogna supporre, come fa lui, gli uomini caduti dal cielo, o usciti dalla terra armati di tutto punto, quasi come i soldati di Cadmo, per distruggersi a vicenda: non è questa la condizione degli uomini.

*Pacta sunt servanda ovvero i patti vanno rispettati.
È questa una norma famosa, che forse deriva da Ulpiano, il quale all’inizio del capitolo intitolato De pactis (Digesto, 2, 14) si chiede: Quid enim tam congruum fidei humanae quam ea, quae inter eos placuerunt, servare? “che cosa v’è di più consono alla umana lealtà del rispettare i patti stabiliti consenzientemente?”. Il concetto ritorna ancora nel medesimo capitolo (2, 14, 7, 7); ora esso tecnicamente riguarda il diritto internazionale, del quale anzi costituisce un fondamento, in quanto – assicurando l’obbligatorietà dei trattati – assume l’accordo a fonte di norma giuridica internazionale. In questo senso, si è discusso sulla sua natura e origine: per la scuola neogiusnaturalista si tratta in primo luogo di un principio etico, per altri, proprio perché sta alla base dell’ordinamento giuridico, è un postulato del quale, ovviamente, non si possono dimostrare l’obbligatorietà e la giuridicità; altri partono dalla definizione della consuetudine come tacito patto e ne fanno la base anche del diritto “consuetudinario”; per altri ancora si tratta infine di una regola consuetudinaria su cui si basa il diritto convenzionale. Il principio è poi a volte invocato nel linguaggio comune sia come richiamo alla lealtà sia come giustificazione per spartizioni di tipo “mafioso” (si dimentica cioè spesso l’altra norma del diritto romano, secondo cui un contratto o un patto non è valido se va contro leggi, costituzioni e buoni costumi [Digesto, 6, 2, 3; 27, 4]).