sabato 29 marzo 2014

Il convito di Gozzano


Devo dire che sì, ogni tanto capita pure a me di pensare alle donne della mia vita.
Seduto in poltrona, o disteso sul letto, ricordo le storie, i fallimenti, le occasioni mancate, le risate, i baci, i litigi…
Devo anche aggiungere, però, che in realtà il materiale da riportare alla memoria è tremendamente scarso.
Cioè storie d’amore importanti: una. Storia di pura passione e coinvolgimento: una.
Tutto il resto è finito semplicemente in merda, perché non credo di essere portato per l’Amore.
Ho tutti i difetti possibili che mi rendono impossibile l’Amore più qualcosa che potrei definire “predisposizione di fondo”.
Sono timido, sono imbranato, sono stronzo, sono ritardato…questo giusto per fare un breve elenco.
La predisposizione di fondo riguarda il fatto che per me l’Amore, avere un amore una compagna, non ha mai rappresentato una priorità o un’ossessione.
Lo vedevo pure quando mi confrontavo con gli amici ai tempi dell’adolescenza.
Non lo so…stavano sempre a parlare e a pensare alle ragazze. Pure io ne parlavo o ci pensavo, ma per me non erano la cosa più importante. Una partita a pallone, un libro, un bel film..era la stessa cosa.
Poi, crescendo, sono peggiorato. Crescendo, il rapporto con le donne si è fatto ancora più complicato. I miei amici, la maggioranza, si sono sposati e hanno anche avuto dei bambini. Gli altri hanno comunque una compagna, una fidanzata, ed entrano ed escono da una storia d’amore all’altra. Io sono rimasto da solo o, come si dice, single.
Il fatto è che dopo una certa età, con le donne sono presenti alcuni discorsi che a me non interessano e che non sono in grado di fare: “sistemarsi” e “avere una posizione/tranquillità economico-sociale”.
Io sono una testa di cazzo, figurati che me frega di instaurare un rapporto duraturo, di porre le basi per una convivenza, mettere su famiglia e altre menate del genere. Poi non lavoro, non ho entrate fisse, del lavoro poi me ne strafotte davvero.
E allora, resterò single, del resto il mio amore sono i libri. L’ho sempre detto.
Ora vi saluto, vado a pensare a Valeria, Alessandra e a Lei, Lei che è l’unico dolore della mia vita e, chissà, forse avere un unico grande dolore può essere anche una fortuna…

Convito

I.

M’è dolce cosa nel tramonto, chino
sopra gli alari delle braci roche,
m’è dolce cosa convitar le poche
donne che mi sorrisero in cammino.

II.

Trasumanate già, senza persone,
sorgono tutte… E quelle più lontane,
e le compagne di speranze buone
e le piccole, ancora, e le più vane:
mime crestaie fanti cortigiane
argute come in un decamerone…

Tra le faville e il crepitio dei ceppi
sorgono tutte, pallida falange…
Amore no! Amore no! Non seppi
il vero Amor per cui si ride e piange:
Amore non mi tanse e non mi tange;
invan m’offersi alle catene e ai ceppi.

O non amate che mi amaste, a Lui
invan proffersi il cuor che non s’appaga.
Amor non mi piagò di quella piaga
che mi parve dolcissima in altrui…
A quale gelo condannato fui?
Non varrà succo d’erbe o l’arte maga?

III.

- Un maleficio fu dalla tua culla,
né varrà l’arte maga, o sognatore!
Fino alla tomba il tuo gelido cuore
porterai con la tua sete fanciulla,
fanciullo triste che sapesti nulla,
ché ben sa nulla chi non sa l’Amore.

Una ti bacierà con la sua bocca,
sforzando il chiuso cuore che resiste;
e quell’una verrà, fratello triste,
forse l’uscio picchiò con la sua nocca,
forse alle spalle già ti sta, ti tocca;
già ti cinge di sue chiome non viste…

Si dilegua con occhi di sorella
indi ciascuna. E si riprende il cuore.

“Fratello triste, cui mentì l’Amore,
che non ti menta l’altra cosa bella!”

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