domenica 13 novembre 2011

Il cuore del pendaglio da forca


Francois Villon lo incontrate nei bassifondi, nelle sordide bettole, nei bar della malavita. Ubriaco, rissoso e sempre desideroso di sfidare qualcuno col coltello.
Un sadico venditore di parole, più magro di una chimera, nè del tutto folle nè del tutto savio che inventò un timbro completamente nuovo di poesia: il demoniaco spirito della parodia; il feroce sarcasmo; la volgarità più tragica e nera; un'oscenità sistematica come soltanto il grande Aristofane ha conosciuto; un senso intensissimo della grandezza e della miseria del corpo; l'angoscia e il vanto del peccato; la formicolante vita quotidiana degli uomini; la forza del tempo che ci consuma e cancella ogni bellezza; e la morte e una vaga speranza e un vago rimpianto e un vago sogno...
Godetevi Villon, brutti bastardi che non siete altro.

DIBATTITO DI VILLON CON IL SUO CUORE

Cosa succede? – Sono io. – Io chi? – Il tuo cuore
Che tiene ormai solo a un filo sottile.
Non ho più forze, materia né umore,
Quando ti vedo rintanarti solo solo,
Come un povero cane in un cantone.
- Perché è successo? – Per la tua folle compiacenza.
- E che t’importa? – Ne provo amarezza.
- Lasciami in pace! – Perché? – Ho da pensarci.
- Quando? – Quando sarò uscito dall’infanzia.
- Non dico altro. – E io me ne accontento.

- Che pensi? – Di essere un uomo di valore.
- Hai già trent’anni! - È l’età buona per i muli.
- È infanzia? – No certo. – Dunque è follia
Che ti riprende. – Per dove? Per il collo?
- Non sai niente. – Sì invece. – Cosa? – Mosca nel latte:
Uno è bianco, l’altra nera, c’è una bella differenza.
- E questo è tutto? – Che vuoi che discutiamo?
Se non ti basta, potrei ricominciare.
- Sei finito! – Continuerò a resistere.
- Non dico altro. – E io me ne accontento.

- Io ho le lacrime, tu il male e il dolore.
Se tu fossi un povero scemo senza senno,
Avrei qualche motivo per scusarti;
Non te ne importa, ti sta bene tutto, bello o brutto.
O hai la testa più dura di un sasso,
O preferisci all’onore questa decadenza:
Che hai da dire a questa deduzione?

- Ne uscirò quando sarò defunto.
- Dio! Che sollievo! Che saggia eloquenza!
- Non dico altro. – E io me ne accontento.

- Da dove viene tutto questo? – Dalla mia mala sorte:
Quando Saturno fece il mio fardello,
Ci mise queste condizioni, credo. – Che follia:
Sei suo padrone e ti ritieni un servo!
Vedi un po’ cosa scrive Salomone nel suo libro:
“L’uomo saggio, così dice, ha ogni potere
Si pianeti e sulla loro influenza”.

- Io non ci credo: come mi hanno fatto così sono.
- Cosa diavolo dici? – Certo, è quel che penso.
- Non dico altro. – E io me ne accontento.

- Vuoi campare? – Che Dio me lo consenta!
- Ti serve… - Cosa? – Rimorso di coscienza,
Leggere senza fine.
– E cosa? – Leggere cose serie,
E lasciar perdere i folli.
– Ci farò un pensierino.
- Ricordalo! – Me ne ricordo molto bene.
- Non aspettare troppo, per dar retta ai tuoi comodi!
Non dico altro.
– E io me ne accontento.

1 commento:

  1. Volevi scrivere "tragica"? O la volgarità più tagica è un concetto filosofico che non conosco? ;)
    Vabbè era solo per dirti che ti leggo sempre (anche se non commento).
    Un bacione.

    PS
    Mi piace essere inclusa tra i brutti bastardi che non siamo altro!:)

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