Chi non porta un amore infinito, filiale, struggente per la Grecia e per i Greci non è amico mio.
Chi non prova un immenso senso di gratitudine per tutto quello che la Grecia ci ha donato non è amico mio.
Chi non legge, non studia, non apprende, non venera i poeti, i filosofi, i tragici, i letterati, gli scienziati Greci non è amico mio. Chi, in poche parole, non attinge costantemente alla Cultura e alla Storia Greca non è amico mio. Può essere un conoscente, una simpatica persona ma non è Amico mio.
Chi non ha avuto la sensibilità di cercare di capire cos’è questa “crisi” che ci attornia non è amico mio. Chi, a vedere quello che succedeva in Grecia e ai Greci, non ha sentito l’obbligo di studiare e di capire cosa stesse accadendo non è amico mio. Chi ha girato la faccia infastidito, chi si è limitato al tg1 o a un articolo di Repubblica non è amico mio. Chi, non sapendo veramente un cazzo, ha osato parlare della situazione Greca non solo non è amico mio, ma lo considero un vero e proprio nemico.
Stasera, con l’aiuto di Vladimiro Giacchè autore di Titanic Europa, voglio portare due piccoli contributi. Uno dedicato alla storia della crisi in Grecia, un altro che affronta i luoghi comuni fioriti sui Greci.
Un po’ di storia
La crisi europea inizia in Grecia nell’ottobre 2009, quando i socialisti di Papandreu, appena vinte le elezioni, decidono di rendere note le condizioni dei conti pubblici, molto più drammatiche di quanto si pensasse: di fatto, i conservatori di Karamanlis (membri del partito Popolare Europeo al pari della Cdu tedesca della Merkel e del partito di Berlusconi) avevano truccato i conti per anni, nascondendo il sistematico sforamento dei parametri di Maastricht (rapporto deficit/pil al 3% e debito/pil al 60%). Appare evidente che la situazione reale dei conti pubblici è insostenibile. In Europa iniziano mesi di tira e molla sugli aiuti da dare alla Grecia e sulle condizioni cui subordinarli. Nel frattempo la speculazione brucia il valore dei titoli di Stato ellenici, facendo precipitare la situazione.
Ma c’è un motivo di fondo per cui la Grecia non può essere lasciata sola: questo motivo è rappresentato dagli ingenti prestiti che banche tedesche e francesi avevano concesso (e che servivano allo Stato e ai cittadini greci per comprare prodotti tedeschi e francesi). La situazione sembra precipitare a maggio 2010, con la Grecia impossibilitata a onorare alcuni debiti in scadenza. Il problema viene “risolto” con un “salvataggio” che è in realtà un salvataggio delle banche tedesche e francesi e non della Grecia. In cambio di nuovi prestiti alla Grecia vengono imposte manovre di austerità durissime, che deprimono l’economia e fanno precipitare consumi e investimenti. Con il risultato di far balzare il rapporto debito/pil dal 129,3% del 2009 al 144,9% del 2010. Nel frattempo quello che era un problema molto circoscritto (anche perché relativo a un Paese che esprime appena il 2,5% del pil dell’area valutaria) si allarga. Altri Paesi sono colpiti. Anche la situazione in Grecia continua a peggiorare. Questo richiede ulteriori interventi, anch’essi non risolutivi: nell’estate del 2011 le autorità europee prendono finalmente atto dell’inevitabilità di una ristrutturazione almeno parziale del debito pubblico greco.
I luoghi comuni
In questo lungo periodo di tempo gli organi di informazione, non soltanto in Germania ma in tutta Europa, alimentano il luogo comune di una Grecia dove nessuno lavora, tutti vivono alle spalle dell’Europa e passano il loro tempo a escogitare trucchi contabili e i modi più ingegnosi per non pagare i creditori. Se il quotidiano scandalistico tedesco “Bild” titola Vendete le vostre isole, greci bancarottieri!, il governo finlandese propone di chiedere in pegno il Partenone come garanzia per i nuovi prestiti da erogare alla Grecia. E il nostro Paese non è da meno: il quotidiano “la Repubblica” in un titolo parla della Grecia come di un Bengodi all’ombra del Partenone. [qui l’articolo originale]
L’ondata di luoghi comuni, conditi con veri e propri pregiudizi razzistici sui Greci, è stata così pervasiva che un istituto di ricerca tedesco ha ritenuto opportuno passare in rassegna i cliché più diffusi, dimostrandone l’assoluta falsità. Ecco i principali risultati dell’indagine:
I Greci lavorano troppo poco. FALSO: prima della crisi i Greci lavoravano in media 44,3 ore alla settimana. La media dell’Unione Europea è di 41,7 ore, quella tedesca è di 41 ore.
I Greci sono sempre in vacanza. FALSO: i lavoratori Greci godono di 23 giorni di vacanza all’anno. Il record europeo è dei Tedeschi: 30 giorni.
I Greci hanno stipendi troppo elevati. FALSO: il livello salariale medio in Grecia è pari al 73% della zona euro (e un quarto dei lavoratori greci guadagna meno di 750 euro al mese). Anche lo stipendio degli impiegati pubblici è inferiore a quello dei loro colleghi europei: già prima della crisi gli insegnanti, ad esempio, dopo quindici anni di servizio guadagnavano in media il 40% in meno che in Germania.
I Greci hanno delle pensioni d’oro, e sono tutti pensionati-baby. FALSO due volte: i lavoratori maschi vanno in pensione in media all’età di 61,9 anni. In Germania a 61,5 anni. La presunte “pensioni d’oro”, poi, sono queste: una media di 617 euro al mese, pari al 55% della media zona euro (con i due terzi dei pensionati che devono tirare avanti con meno di 600 euro al mese).
In Grecia c’è un’eccessiva presenza dello Stato nell’economia. FALSO: prima della crisi, tra il 2000 e il 2006, il rapporto tra spesa pubblica e prodotto interno lordo era sceso dal 47% al 43% e si era sempre mantenuto al di sotto del livello tedesco.
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