Filosofia, Letteratura, Poesia, Storia, Arte, Capitalismo, Politica, Sesso... [Blog delle ossessioni, non delle idee. Le idee non mi piacciono perché con le idee non è mai sprofondato nessuno]
domenica 12 febbraio 2012
Le malattie e le fisime di Proust
Sto leggendo il bel saggio di Alan De Botton, Come Proust può cambiarvi la vita, e tra le tante cose interessanti che vi ho trovato quella che finora mi ha divertito di più è la lista delle malattie che tormentavano la vita del grande Marcel.
La condivido con voi e conto, entro quest'anno, di cominciare a leggere À la recherche du temps perdu...
- Asma
Gli attacchi iniziano quando Proust ha dieci anni e continuano per tutta la vita. Sono particolarmente violenti, durano più di un’ora, e sono almeno dieci in un giorno. Poiché capitano più frequentemente di giorno, Proust vive di notte; va a dormire alle sette del mattino e si sveglia alle quattro o alle cinque del pomeriggio. Spesso gli è impossibile uscire, soprattutto d’estate, e quando deve farlo, è solo dentro un taxi sigillato. Le finestre e le tende del suo appartamento sono perennemente chiuse: non vede mai il sole, non respira mai aria fresca, non fa moto.
- La sua dieta
A poco a poco si trova costretto a fare un solo, inutile, pesante pasto al giorno, che gli deve essere servito almeno otto ore prima di quando va a letto. Descrivendo una sua cena standard a un medico, Proust racconta minuziosamente di due uova con salsa alla panna, un’ala di pollo arrosto, tre croissant, un piatto di patatine fritte, un po’ d’uva, del caffè e una bottiglia di birra.
- Problemi intestinali
“Vado spesso – e male – al gabinetto”, dice allo stesso dottore: e non c’è da stupirsene. Soffre di una stitichezza quasi permanente, che può alleviare solo ogni due settimane con un forte lassativo che di solito provoca dei crampi allo stomaco. Neanche urinare gli è facile, e quando riesce, ha forti bruciori; le analisi mostrano un eccesso di urea e di acido urico: “Chiedere pietà al nostro corpo è come parlare a una piovra, per la quale le nostre parole non possono avere più significato del suono delle maree”.
- Mutande
Bisogna che queste siano ben strette attorno allo stomaco perché Proust si possa addormentare; e devono essere fermate da una spilla particolare; una mattina lo scrittore la perse nel bagno e rimase sveglio tutto il giorno.
- Pelle ipersensibile
Non può usare saponi, creme o colonia. Deve lavarsi con asciugamani fini inumiditi, poi asciugarsi dandosi dei colpetti con del lino fresco (un bagno richiede in media venti asciugamani che, Proust precisa, devono essere portati all’unica lavanderia dove si usa il detersivo giusto: è la blanchisserie Lavigne, che fa anche il bucato a Jean Cocteau). Trova che i vestiti vecchi siano per lui meglio di quelli nuovi, e sviluppa un profondo attaccamento per le vecchie scarpe e i vecchi fazzoletti.
- I topi
Proust ne ha il terrore e, quando Parigi viene bombardata nel 1918, confessa di essere più spaventato dai topi che dai cannoni.
- Il freddo
Lo sente sempre. Anche in piena estate indossa un cappotto e quattro maglioni se è costretto a uscire di casa. Alle cene, di solito, tiene il cappotto. Tuttavia, le persone che lo salutano si sorprendono di sentire quanto siano fredde le sue mani. Temendo gli effetti del fumo, non permette che la sua stanza sia riscaldata adeguatamente, e si scalda per lo più con boule e golfini. Perciò ha spesso dei raffreddori e, in particolare, il naso che cola. Alla fine di una lettera a Reynaldo Hahn, dice di essersi pulito il naso ottantatre volte dall’inizio della lettera. La lettera è lunga tre pagine.
- Sensibilità all’altitudine
Tornando a Parigi dopo aver fatto visita a suo zio a Versailles, Proust prova un malessere e non riesce a salire le scale che portano al suo appartamento. In una lettera a suo zio, egli poi attribuisce il problema al cambiamento di altitudine. Versailles è a ottantatre metri sopra il livello di Parigi.
- Tosse
Tossisce molto forte. Parlando di un attacco di cui fu vittima nel 1917 Proust racconta: “I vicini avranno pensato che stesse tuonando o che avessi comprato un organo da chiesa o un cane, oppure che in seguito a qualche legame immorale (e puramente immaginario) con una signora, avessi generato un bambino con la pertosse, tanto spasmodico era il mio abbaiare”.
- I viaggi
Sensibile a ogni cambiamento delle sue abitudini quotidiane, Proust soffre di nostalgia e teme che ogni viaggio lo uccida. Quando, di rado, si trova lontano da casa, per i primi giorni si sente triste come certi animali quando viene la notte (non è chiaro quali animali abbia in mente). Vorrebbe vivere su uno yacht per potersi spostare senza dover uscire dal letto. Una volta, osò fare a Madame Straus, felicemente sposata, una proposta di questo genere: “Le piacerebbe se affittassimo una barca su cui non ci fosse il minimo rumore, per vedere tutte le più belle città dell’universo sfilarci davanti lungo la costa senza dover lasciare il nostro letto (i nostri letti)?”. La proposta non venne accolta.
- I letti
Proust ama il suo, ci passa la maggior parte del tempo e lo usa come scrivania e ufficio. Il letto fornisce una difesa dal crudele mondo esterno? “Quando si è tristi, è piacevole giacere al caldo nel proprio letto, e lì, alla fine di tutte le fatiche e gli sforzi, magari anche con la testa sotto le coperte, abbandonarsi ai lamenti, come rami al vento autunnale”.
- Vicini rumorosi
Proust ne era ossessionato. La vita in un condominio parigino è infernale, soprattutto quando qualcuno al piano di sopra sta facendo un po’ di esercizi musicali: “C’è qualcosa la cui capacità di esasperarci non sarà mai uguagliata da nessun essere umano: ed è un pianoforte”. L’esasperazione per poco non lo uccide quando, nell’aprile del 1907, incominciano a ristrutturare l’appartamento accanto al suo. Finisce col chiamare mucca la sua vicina, e quando gli operai modificano le dimensioni del suo gabinetto per ben tre volte, egli insinua che è per adattarlo al suo enorme didietro.
- Altre indisposizioni di vario genere
“Si pensa che le persone che sono sempre malate non abbiano mai anche le malattie più comuni”, dice Proust a Lucien Daudet, “e invece sì”. In questa categoria Proust include l’influenza, il raffreddore, la vista cattiva, difficoltà a deglutire, il mal di denti, i gomiti doloranti e le vertigini.
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Un elenco di disturbi psicosomatici insomma!
RispondiEliminami stupisco del fatto che non soffrisse di emicrania..
Forse ne soffriva, ma era talmente impegnato con gli altri malori che manco se ne accorgeva...
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