Potrebbe capitarvi di andare a cena da un’amica conosciuta da poco e, mentre vi guardate in giro per la casa, fissare incuriositi e ammirati una lampada. “Ti piace?” vi chiederebbe l’amica, “è una lampada Nabis”.
“Nabis? Che minchia è?” Vi chiedereste fra voi con la paura di fare la figura degli ignoranti.
Vediamolo brevemente insieme.
Il nome ebraico Nabis (che significa “profeti”, “illuminati”) fu dato dal pittore Paul Sérusier ad un gruppo di artisti che si proclamavano allievi di Gauguin e che organizzarono un gruppo di mostre fra il 1891 e il 1899. Sérusier, che aveva frequentato Gauguin a Pont-Aven realizzandovi nel 1888 un’opera intitolata Il Talismano, fu insieme a Maurice Denis uno dei principali animatori e teorici del gruppo.
Presto si unirono al gruppo dei Nabis anche Pierre Bonnard, Èdouard Vuillard, Felix Vallotton, Paul Ranson, nel cui atelier – detto le temple – avevano l’abitudine di riunirsi insieme allo scultore Aristide Maillol, che, influenzato da Gauguin, era arrivato a costruire solide figure femminili, che traducevano una concezione quasi architettonica della forma plastica.
(Aristide Maillol, Il Mediterraneo, 1902-1905)
I Nabis si posero a metà strada fra il Postimpressionismo e il Simbolismo. Molti di loro si erano conosciuti presso l’Accademia Julian; alcuni, come Bonnard, Vuillard, Vallotton, collaborarono alla “Revue Blanche”, fondata dai fratelli Natanson e destinata a diventare il principale organo del Decadentismo letterario francese. Alcuni come Denis, hanno avuto forti interessi religiosi; del resto, lo stesso nome Nabis alludeva alla “seconda vista” dei mistici romantici. Praticarono anche le arti applicate: manifesti, vetrate, carte da gioco, francobolli, paraventi, arazzi, arrivando a rinnovare perfino la scenografia, grazie ai rapporti con il fondatore del Teatro dell’Opera, Lugné-Poe.
(Félix Vallotton, Il pallone. Angolo di parco con una bambina che gioca a pallone 1899)
La loro formula pittorica, basata su colori piatti e per lo più arbitrari, sulla presenza forte della linea in funzione sia costruttiva che decorativa, attraverso uno studiato sistema di arabeschi, sulla ricerca di effetti suggestivi attraverso la semplificazione e la deformazione, li pone all’origine di quella complessa trasformazione dell’opera d’arte che comincia ad acquistare un valore in sé, rinunciando alla funzione di quadro-finestra; un processo che condurrà all’Art Nouveau da un lato e all’arte astratta dall’altro.
(Maurice Denis, Le Muse 1893)
A questo proposito risulta quanto mai significativa una famosa frase di Maurice Denis che documenta la grande attenzione rivolta “al linguaggio pittorico in termini di valori di superficie”:
“Un quadro – prima di essere un cavallo di battaglia, una donna nuda, o un qualunque aneddoto – è essenzialmente una superficie piana ricoperta di colori accostati in un certo ordine”.Con l’inizio del Novecento il gruppo si disperse.
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