Ma che bella vita fanno Martin Luther Pompa e Mr. Sticazzi. Mentre il Paese va a rotoli ed è gestito dal fascismo finanziario, loro si divertono con le primarie.
Oggi però è domenica e non voglio incazzarmi.
Che già stamattina mi sono girate. Ho dovuto accompagnare il Grave al centro commerciale e il centro commerciale è un luogo che mi disgusta. Troppa folla e troppa economia.
Cito un attimo Marx e domani prometto un post marxiano serio:
L'infelicità della società è lo scopo dell'economia politica.Per quanto riguarda il resto stavo pensando che ci sono due modi principali di operare col pensiero. Perché col pensiero “si fa”, o forse voi state ancora all’acqua santa pensando che col pensiero si pensi?
Dicevo.
O partite dall’essere per arrivare al non essere, o partite dal non essere per svelare l’essere.
In pratica: o partite dall’esistente, dal dato certo, per far vedere ciò che in esso è nascosto; o partite dal retro del palcoscenico e portate in scena il fantasma che si celava dietro il sipario.
Fateci caso. Ogni autore scrive sul non essere di un altro autore per dire il suo essere, o scrive sull’essere per mostrare il non essere di un altro autore.
Poi bisognerebbe pure pensare un attimo a forma e contenuto.
Cioè a noi piace la forma e trascuriamo il contenuto o il contenuto è ciò che ci preme di più e affanculo la forma?
E i grandi del pensiero sono quelli che riescono a dare una bella forma a un grande contenuto? Dostoevskij, per esempio, è grande proprio per questa fusione che lui sa rendere in maniera magistrale? E i poeti? Non hanno una forma così concisa e splendida che reca in sé un grandissimo contenuto? Ora, però, mentre il contenuto mi pare abbia una parentela stretta col senso e col significato, a chi dobbiamo affratellare la forma? E quelli che non hanno né forma né conenuto, ma solo albe in cui tutto svanisce mentre era proprio lì a portata di mano?
Se l’importante è il contenuto, perché anche la forma? Esiste la forma dell’invisibile? Esiste la formosità? Certo che esiste, Valeria Marini ai bei tempi, per esempio. Anche se poi in realtà Valeria in quanto a contenuti, vabbè.
Che poi in realtà se l’essere è, perché è, anche il non essere è perché, appunto, è non essere. Cioè esiste in quanto negativo. L’esistenza del negativo. Platone era ossessionato dal negativo perché una volta scoperte le Idee rimane un problema: se l’Idea è il “perfetto” com’è possibile la scaturigine dell’imperfetto? Esiste, allora, l’Idea di ogni imperfezione. Per esempio esiste la merda perché evidentemente esiste la “Merda”. Allo stesso modo, ipotizzata l’Idea dell’Idea, cioè l’Idea più perfetta e ideale possibile che potremmo chiamare Dio, dovrebbe esistere anche l’Idea della Non Idea, cioè l’idea più imperfetta possibile, l’Anti-Idea. Come la potremmo chiamare? Barbara D’Urso? Sì, possibile. Collegato a questo c’è il problema di Cioran, cioè il Dio buono, impotente e disinteressato e il Dio cattivo, potente e dispettoso. Secondo lui il Dio buono si fa le pippe beatamente, mentre il Funesto Demiurgo pensa a noi 24 ore su 24. Uno se ne fotte, l’altro opera incessantemente. È così che si diventa buddisti, presumo.
Chiudo con un piccolo diverbio su Cechov.
Una signorina diceva: “Questa farsa che poi in realtà è un dramma…”
No, non è così; è: “Questo dramma che poi in realtà è una farsa”.
Saluti.
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