lunedì 24 settembre 2012

Ateo, il tempo di un caffè

Omnem, quae nunc obducta tuenti
mortalis hebetat visus tibi et humida circum
caligat, nubem eripiam.

Ora dissolverò quella nube
che appanna come un velo
la vista dei mortali.

Virgilio, Eneide, Libro II, vv. 604-606
Quare religio pedibus subiecta vivissimo
opteritur, nos exaequat victoria caelo.

Perciò a sua volta abbattuta sotto i piedi la religione
è calpestata, mentre la vittoria ci eguaglia al cielo.


Lucrezio, De rerum natura, Libro I, vv. 78-79
Contro ogni Dio, l’ateismo asserisce e fonda la sua causa con sicurezza incrollabile e trionfale.
La sua causa è una cosa sola con la “ragione”, con la logica, sicché volerla oppugnare è semplicemente insorgere contro le fondamentali leggi logiche del pensiero. È una cosa sola con la mente sana, con la mentalità sviluppata e civile, con la capacità di ragionare correttamente, con la ragione intesa come l’opposto dell’allucinazione o dell’alienazione mentale. Negare l’ateismo è cadere nell’allucinazione, nella pazzia, nella mentalità crepuscolare dei bambini e dei selvaggi, incapaci di distinguere l’è dal non è. Giacché la causa dell’ateismo ha appunto la sua base invincibile nel concetto più elementare: quello di Essere.
Stabilito con precisione e chiarezza che cosa è Essere, resone conto a se stessi fuor degli equivoci e del vago, la questione è immediatamente risolta, e l’inconcussa validità dell’ateismo assodata con la medesima inamovibile certezza con cui lo è un teorema di geometria elementare, chi non riconosce la verità del quale è fuori dalla ragione, è pazzo.
Forse queste parole così semplici e dirette urteranno la sensibilità dei credenti di vario ordine; questo breve scritto che li relega fuori della sfera della ragione. Questo post sfida la loro indignazione col venir così a comprovare che non si può credere per ragione, ma si crede solo soffocando e negando la ragione, piegandola e deviandola di proposito e preconcetto a suffragare fallacemente quel che già si vuole credere e costringendola a sofisticare se stessa per tener fermo a ciò che si vuol credere.
Indignazione pericolosa, perché prepotente e violenta, come quelle di tutti coloro che credono alcunché non per ragione ma contro ragione, e per mero impulso della volontà cieca che esige così: al che la violenza naturalmente e necessariamente si congiunge.
In questo momento di ritorno, anche politicamente opportunistico, di tutte le vecchie menzogne, le vecchie rugiadose autosuggestioni, i vecchi patetici sdilinquimenti, occorre che qualche voce si levi a sostegno di quella semplice logica che con la sua ventata pura e fredda, spazza via implacabilmente tutta questa umida nuvolaglia e rifà terso e rigido il sereno del cielo intellettuale.

Eh, ma ci sarebbe altro da dire.
Sì, ma te l’ho detto. Il tempo di prendere un caffè. Il resto la prossima volta.

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