giovedì 6 settembre 2012

Tutto è perché Charlie e Fay non si parlano apertamente


Sto leggendo Confessioni di un artista di merda di Philip K. Dick e per ora sono rimasto molto colpito da Charley. Charley è il marito ignorante ma grande lavoratore di Fay, che è una donna colta che ascolta Bach e ha aspirazioni artistiche, e Fay è la sorella del “protagonista” del romanzo.
Gli spezzoni che ho evidenziato (fino ad ora e sono a metà libro) sono due: uno riguarda il mistero del predominio delle mezze calzette (che posterò in seguito e che riguarda sempre Charley), il secondo il rapporto tra Fay e Charlie, rapporto complesso e violento, con un terzo incomodo: lo psicoanalista. È un pezzo comico, a ben guardare, cioè in alcuni punti si ghigna. E credo anche che quello che succede a Charlie e Fay, accada in tantissime coppie: non si parla sinceramente e apertamente. Manca un vero dialogo. Per questi motivi, ma non solo, ne faccio dono a chi passa.
Ogni volta che lui usciva per andare al bar, Fay assumeva un atteggiamento metodico: lo blandiva con un rimprovero calmo e razionale. Per un certo periodo di tempo riuscì a convincerlo che in lui doveva esserci qualcosa che non andava, se continuava a uscire e a tornare a casa ubriaco e a prendersela con lei. Invece di considerarlo semplicemente come un modo per sbollire la rabbia, lei continuava a ritenerlo il sintomo di qualche diffusa e profonda deformità, magari anche pericolosa.
O forse faceva solo finta di crederlo. In ogni caso la sua linea di condotta era quella di considerarlo come un uomo fatto male, con il quale confrontarsi, e comportandosi in questo modo traeva vantaggio da ogni sua sbornia. Più lui tentava di opporsi, uscendo, ubriacandosi, tornando a casa e maltrattandola, più Fay completava quell’immagine di lui ed era un’immagine sulla quale, quando non era ubriaco, anche Charley doveva convenire. L’ambiente familiare era pervaso da questa atmosfera di una donna adulta imperturbabile e di un uomo che cedeva ai propri impulsi animali. Fay gli riferiva con dovizia di particolari quello che il suo analista, il dottor Andrews di San Francisco, diceva sulle sbornie e sull’ostilità di lui. Utilizzava il denaro di Charley per pagare il dottor Andrews perché facesse l’elenco delle anomalie del marito. E naturalmente Charley non sentiva mai niente dalla viva voce del dottore; non aveva nessun modo per impedirle di riferire solo ciò che le faceva comodo e ignorare tutto il resto. Anche il dottore, da parte sua, non aveva nessun modo per verificare la verità di ciò che lei gli raccontava; certamente Fay gli riferiva soltanto i fatti che si adattavano al suo quadro, e quindi la visione che il dottore aveva di Charley era basata su ciò che lei voleva fargli sapere. Di tutta quella sua manipolazione in entrata e in uscita c’era ben poco che non fosse sotto il suo controllo.
Come ogni sempliciotto, Charley borbottava sempre quando lei andava dal dottore ma nello stesso tempo prendeva per oro colato tutto ciò che lei gli riferiva. Chiunque si faccia pagare venti dollari l’ora deve essere una persona in gamba.

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