lunedì 10 febbraio 2014

Fusaro su Zizek ovvero la tripartizione filosofica eterna


Conoscete Diego Fusaro? No? Secondo me è da conoscere. Un giovane (classe ’83) filosofo italiano che scrive ottimi articoli e fa video molto interessanti. Per cominciare a conoscerlo potreste scegliere qualche video di 5 o 6 minuti, almeno vi farete una prima idea. Son sicuro che poi continuerete a seguire altri video e a leggere altri articoli (magari deciderete pure di comprare un suo libro, ma sta a voi).
Comunque, giorni fa chiesi un parere su Zizek a Fusaro. Siccome sto leggendo il buon vecchio Slavoj, cerco di raccogliere più opinioni e commenti possibili.
Il buon Diego mi ha linkato questo articolo che io ora passo a chi lo vorrà leggere.
Tralasciando, per il momento, le opinioni sul programma di Fazio che condivido in pieno (La trasmissione di Fazio è, in estrema sintesi, l’equivalente televisivo del quotidiano “La Repubblica”, il luogo della riproduzione del politicamente corretto e dell’ideologia di legittimazione dell’esistente); quello che ha attirato la mia attenzione è stato altro.
In pratica nell’articolo di Fusaro possiamo vedere chiaramente qualcosa che nella filosofia esiste da sempre. La lotta, che deriva dallo spirito agonistico greco, a chi è il vero filosofo, il vero amico della saggezza, il vero creatore dei concetti e interprete dell’esistente.
Per farvi un’idea di questa lotta (o amphisbetesis) potete leggere l’introduzione di quell’opera meravigliosa di Deleuze e Guattari intitolata Che cos’è la filosofia? (1991).
Abbiamo una tripartizione dei ruoli.
Il primo ruolo spetta a colui che difende e diffonde le idee e le ideologie del tempo e che Fusaro definisce così: "...pagliacci in salsa postmoderna, pensatori analitici senza senso storico, cani da guardia dell’ordine neoliberale e, ancora, quanti si sono penosamente convertiti, dopo il 1989, dalla dialettica marxiana a nuove forme di pensiero compatibile con lo Spirito del tempo".
Il secondo ruolo tocca a chi critica la realtà odierna solo a parole, ma restando organico ad essa e per Fusaro sarebbe Zizek: "...Il successo mediatico che continua ad arridere a pensatori che, come Žižek, apparentemente incarnano con le loro riflessioni l’opposizione più radicale possibile al sistema della produzione si spiega in ragione del fatto che, in verità, a un’analisi attenta e non superficiale, tali pensatori, con la loro stessa critica, rappresentano la glorificazione ideale del sistema dominante: una glorificazione ancora più efficace – perché dissimulata – rispetto a quella delle sempre in voga apologetiche dirette di chi santifica il reale presentandolo panglossianamente come il migliore dei mondi possibili".
Infine c’è il filosofo (quello vero!) che non solo critica il presente (società, politica, ecc.), ma lo critica davvero e non per finta.
Ovviamente questa tripartizione non la fa solo Fusaro, ma ogni filosofo.
Provate a leggere Zizek…troverete la stessa tripartizione. Troverete il cane da guardia del capitalismo, chi critica in maniera sbagliata il capitalismo e chi, invece, fa una critica giusta spietata e costruttiva al capitalismo (e che, ovviamente, sarebbe poi Zizek stesso).
Insomma, in filosofia, in un modo o nell'altro si è sempre dalla parte giusta ingenua e sbagliata allo stesso tempo.

1 commento:

  1. A me pare che la filosofia arrivi troppo spesso troppo tardi (non e forse la nottola di Minerva?) a dare un cappello di rispettabilità a qualcosa nato nel mondo reale della politica e dell'economia. Intendo dire: non è il ritorno del nazionalismo soprattutto una conseguenza della "globalizzazione neoliberista", con l'euro il suo frutto più avvelenato (quantomeno per noi europei)? Con questo non voglio svilire il lavoro di Fusaro, ma ecco, mi pare che oggi non sia la filosofia a stare in prima linea, ma piuttosto il dibattito economico, nel bene e soprattutto nel male. Mi viene in mente anche la forte influenza che ha una certa mentalità economica (da quattro soldi) nel plasmare la lingua ma anche, ad esempio, l'approccio alla ricerca scientifica che in tutti i campi è diventata soprattutto, almeno nelle intenzioni dei governanti, strumento dell'economia.
    Bell'articolo e bel blog, in ogni caso.

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