martedì 28 agosto 2012

Il ragionamento nettaspeculativo di Gargantua sulla maniera ottimale di pulirsi il culo


Alla tenera età di cinque anni, Gargantua strabiliò suo padre Grangola perché, dopo lunghe ricerche e faticosi esperimenti, era riuscito a trovare la maniera migliore per nettarsi il culo.
Ovviamente, il padre orgoglioso di quel figlio così intelligente gli chiese maggiori delucidazione su quella scoperta.
E Gargantua, senza farselo dire due volte, così raccontò:
“Provai a pulirmi una volta con la mascherina di velluto di una damigella, e trovai che andava bene, perché la soavità della seta mi procurava davvero un gran piacere al fondamento;
un’altra volta, con un cappuccio della medesima, e col medesimo risultato;
un’altra volta, con una sciarpa da collo;
un’altra volta, con una cuffietta di raso cremisi; ma la doratura di tutte quella sferette di merda che c’erano su mi scorticarono tutto il didetro: che il fuoco di Sant’Antonio arda il budello culare dell’orefice che le ha fatte e della damigella che le portò!
Guarii quel male, pulendomi con il berretto di un paggio, con su un bel piumetto della Svizzera.
Quindi, cacando dietro una siepe, e trovandoci un gatto marzolino, provai a pulirmi con lui, ma le sue grinfie mi ulcerarono tutto il perineo.
Della qual cosa guarii l’indomani, nettandomi coi guanti di mia mamma, ben profumati di ficarella.
Poi mi pulii con la salvia, il finocchio, l’aneto, la maggiorana, le rose, le foglie di zucca, di bietola, di cavolo, di vite, di malva, di verbena (che è come il rossetto del culo), di lattuga, e con foglie di spinaci – tutte cose che mi fecero un gran bene ai calli! – e poi con l’erba macorella, la persichella, le ortiche e la consolida; ma me ne venne il cacasangue dei Lombardi, da cui fui guarito nettandomi con la braghetta.
Quindi mi pulii con le lenzuola, con la coperta del letto, con le tendine, con un cuscino, con uno scendiletto, con un tappeto da tavola, una tovaglia, una salvietta, un moccichino, un accappatoio. E sempre vi trovai maggior piacere che non un rognoso quando gli grattan la schiena”.
“Bene – disse Grangola; - ma qual è il nettaculo che ti sembrò migliore?”
“Stavo per arrivarci, - rispose Gargantua, - e presto ne saprete il tu autem. Mi pulii col fieno, con la paglia, la stoppa, la borra, la lana, e la carta. Ma
sempre lascia ai coglion qualche cosa
chi con la carta il seder si cosa.
“Come! – disse Grangola, - coglioncino mio, hai già imparato a baciar la bottiglia, che sai fare le rime baciate?”
“E come no? mio re, - rispose Gargantua. – Rimo così e anche meglio; e adopero le rime come le rame. Sentite questa prosopopea del cesso ai cacatori:
Cacone,
Puzzone,
Pettone,
Merdoso,
La pappa,
Che ti scappa,
Si spappa,
Su me,
Cacone,
Stronzone,
Merdone,
Che ti venga una brutta malattia,
Se i tuoi
Sporchi
Buchi
Non ti pulisci prima di andar via!
Ne volete ancora?”
“Sì perbacco! – rispose Grangola”.
“Allora, - disse Gargantua:
RONDÒ
Cacando l’altro giorno ebbi a sentire
Quella gabella che al mio cul dovevo:
Ma l’odore non fu quel che credevo,
Ché dal puzzo credetti di morire.
Oh! se qualcun m’avesse in tal martire
Portata quella che sempre attendevo,
Cacando!
Io certo avrei saputo a lei coprire
Il suo buco davanti, come devo.
E lei col suo ditino, in gran sollievo,
Il mio buco di dietro garantire,
Cacando.
E adesso andate a dire che non so nulla! Per la Merdonna! Ma non li ho fatti mica io: li ho sentiti recitare qui dalla signora direttrice, e li ho conservati nel saccoccino della memoria”.
“Sì, - disse Grangola, - ma ora torniamo alla faccenda”.
“Quale? – disse Gargantua, - cacare?”
“No, - disse Grangola, - pulirsi il culo”.
“Bene, - rispose Gargantua, - ma paghereste una mezza brenta di vin di Brettagna, se io vi mettessi con le spalle al muro sull’argomento?”
“Sì, e volentieri, - rispose Grangola”.
Non ci sarà mai bisogno, - riprese Gargantua, - di nettarsi il culo, a meno che quello sia sporco; e sporco non può essere se uno non ha cacato: ergo se ne deduce, che sempre bisognerà cacare prima di nettarsi il sedere”.
“Oh! – esclamò Grangola, - come sei fino, ragazzo mio! Uno di questi giorni ti farò laureare in Sorbona, perdio, perché hai proprio più cervello che anni. Ma continua un po’ questo discorso nettaspeculativo, ti prego, per la mia barba; e invece di mezza brenta te ne darò sessanta barili, dico di quel buon vin di Brettagna, che poi non si fa per nulla in Brettagna ma qui nel nostro bel paese di Verron”.
“Provai a nettarmi in seguito, - riprese Gargantua, - con un copricapo, con un passamontagna, con una pantofola, con un carniere, con un paniere, ma quello era proprio un gran brutto nettaculo! Poi con un cappello di panno; e notate che di questi cappelli certi son di panno rasato, altri di feltro, altri uso velluto, altri uso seta, ed altri satinati; ma il migliore fra tutti è sempre quello di feltro, perché fa ottima abstersione della materia fecale.
Poi mi nettai con una gallina, un gallo, un pollastro; con la pelle di un vitello, d’una lepre, d’un piccione, d’un cormorano; con la servietta di un avvocato, con una barbuta, con una cuffia, con un cappuccio da falchi.
Ma, in conclusione, affermo e sostengo, che non v’è miglior nettaculo d’un papero ben piumato: purché si abbia l’avvertenza di tenergli la testa in mezzo alle zampe. E potete credermi sulla parola. Perché sentirete al buco del culo una mirifica voluttà: sia per la soavità di quel suo piumetto, che per il temperato calor naturale del papero, il quale facilmente si comunica al budello culare, e quindi agli altri intestini, risalendo così fino alla regione del cuore e del cervello. E vorrei credeste che la beatitudine degli eroi e semidei, che stanno nei Campi Elisi non è già nel loro asfodelo, o nell’ambrosia o nel néttare, come raccontano queste vecchiette; ma bensì, secondo il parer mio, nel fatto che si nettano sempre il culo con un papero, e tale è altresì l’opinione del nostro maestro Duns Scoto”.

4 commenti:

  1. Uh mamma. Io ero rimasta all'irriverenza de "Ed elli avea del cul fatto trombetta" di Dante.

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    1. bè, si può dire che Gargantua e Pantagruele di Rabelais sia un'enorme irriverenza verso tutta la filosofia medioevale.
      una vera goduria :-)

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  2. Incredibile. Non sapevo che "L'Inno del Corpo Sciolto" di Benigni fosse una dotta citazione di Rabelais! Grazie per la condivisione!

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