sabato 18 febbraio 2012

La cesura poetica di Paul Celan


Innanzitutto non fate i fighi dicendo Pol Selàn, come dei frosclen parigini, perché Paul Celan è nato in una città rumena che oggi appartiene all’Ucraina, ha studiato lingua e letteratura tedesca e quindi con la Francia Celan c’entra poco o nulla.
Nel 1948, Celan fa stampare il suo primo libro di poesie intitolato La sabbia delle urne. Poco tempo dopo, però, decide di ritirare il testo e di mandarlo al macero.
Questo fatto mi ha incuriosito, un piccolo giallo poetico che m’è piaciuto approfondire.
Approfondimento che ho potuto fare grazie al volume Poesie sparse pubblicate in vita edito da Nottetempo.
Celan, sul finire degli anni ‘40 del Novecento, sente che la sua poesia, così vicina all’avanguardismo (in particolare il surrealismo di Paul Èluard), è troppo artificiosa.
Il non volere che i propri versi siano un puro gioco artistico, un divertimento che puzza di art pour l’art, il rischio che la sua poesia possa essere identificata con il modernismo, la logica movimentista e altri movimenti che lui riteneva ormai superati o scaduti in uno sterile manierismo, sono i motivi principali di una vera e propria cesura poetica. D’altronde Celan vive in un’epoca che, per la sua inaudita ferocia, non ha più bisogno di essere straniata o resa ulteriormente surreale attraverso una poeticità guidata da manifesti e gruppi.
Io sto rileggendo alcune poesie cercando di carpire il cambiamento di stile e di argomenti della poetica celaniana.
Uno cambiamento che mi pare che vada dalla classica Gedichte degli anni della Seconda guerra mondiale alla libera sperimentazione linguistica del Verse negli anni ’60.
Quindi, appurato che il 1948 può essere considerato l’anno della svolta e del ripensamento di Celan della propria arte, vi posto un assaggio di questa cesura con Il tempo entra ferreo scritta nel 1944 (dove troviamo sequenze lussureggianti ed esotiche) e Come il tempo si dirami del 1949 (in cui la poesia sembra volgersi verso un’etica della parola e al verso 11 fa capolino uno stilema talmudico).

IL TEMPO ENTRA FERREO nella sua ultima era.
Soltanto tu sei qui d’argento.
E piangi a sera la farfalla purpurea.
E ti lamenti della nube con la fiera.

Non che il tuo cuore mai abbia visto tramonto
e mai tenebra comandato all’occhio tuo…
Della luna però la tua mano reca ancor traccia.
E nelle acque resiste ancora un raggio.

Come farà chi su celeste ghiaia
danzò con le ninfe, lieve,
a non pensare che una freccia di Artemide
nel bosco ancora vaga e infine lo raggiungerà?
COME IL TEMPO SI DIRAMI,
il mondo più non sa.
Dove intona l’estate,
un mare ghiaccia.

Donde vengano i cuori,
sa l’oblio.
In cassa, armadio e scrigno
Il tempo cresce vero.

Forma una bella frase
Di grande dispiacere.
In quel determinato posto
Sarà certo per te.

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