giovedì 23 febbraio 2012

Scusi, conosce la via della goduria? Ma certo. Deve andare al n° 51 di Walt Whitman street nel quartiere di Leaves of Grass


Avevo attraversato quattro continenti.
Percorso come in un sogno le contrade della madre, del padre, del mare e della morte – fino a quando non ho deciso di fermarmi in un vastissimo prato dove ho respirato a pieni polmoni aria fresca che ha ispirato al mio petto un canto d’amore: d’amore universale, per gli esseri umani, per la mia terra, per gli animali, per la natura e le sue parti, per i prodotti degli uomini, per le idee, per un’idea sopra ogni altra, per la democrazia.
Ho cominciato a non respingere nulla, a far sì che dentro di me tutto respirasse, tutto crescesse vigorosamente, sperando ardentemente che giungesse a maturazione, in una democratica convivenza.
Mi sentivo l’origine e il fine di ogni meravigliosa semenza umana.
Poi, a un tratto, ho cominciato a sentir dolore. Soffrivo d’amore. Mi sembrava che pian piano mi trasformassi in una macchina a vapore, una specie di locomotiva. Tutto quel vapore, quella pressione... No, no! Io non voglio tutta quella roba dentro di me, tante grazie.
E così sono ripartito, senza meta, senza ricordi.
Vagavo come un reietto per le strade di New York finché mi salvò questa poesia, e soprattutto un verso di questa poesia.
Uno dei versi più belli che siano mai stati scritti.

51.

Il passato e il presente avvizziscono – io li ho riempiti, svuotati,
E mi appresto a riempire la prossima cavità del futuro.

Tu che ascolti lassù! Che hai da confidarmi?
Guardami in faccia mentre fiuto l’avanzare furtivo della sera
(Parla sinceramente, nessun altro ti udrà, io resto solo un minuto).

Mi contraddico?
Ebbene sì, mi contraddico
(Sono spazioso, contengo moltitudini).
Mi concentro sui più vicini, resto sul limitare della porta.


Chi ha compiuto la sua giornata di lavoro? chi sarà il più veloce a finire la cena?
Chi desidera camminare con me?

Vuoi parlare prima che io sia partito? vuoi cimentarti quando è troppo tardi?

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