mercoledì 3 aprile 2013

Appunti su Pirandello (1)

(Siccome sto aiutando un amico con la tesina su Pirandello, ho riassunto degli appunti sullo scrittore siciliano presi dagli scritti del grande Giovanni Macchia. Questa è la prima parte, in totale saranno sei.)


È impossibile trattare Pirandello narratore come isolato in un’attività ardente e senza margini.
Quel che colpisce nella sua opera è una sorta d’intercomunicabilità a lungo raggio tra un genere e l’altro. Poesie, traduzioni, novelle, romanzi, commedie e drammi, in lingua e in dialetto, libretti d’opera, riduzioni, sceneggiature cinematografiche, saggi: segnare divisioni nette tra un’opera e l’altra, e anche tra opere di fantasia e opere critiche, risulta impresa facile e grossolana.
È come un vasto terreno su cui scorrono continui canali d’irrigazione: le terre della fantasia vengono alimentate da battute filosofiche, pensieri polemici, temi insistenti e “concetti” che rimbalzano come palle elastiche da un’opera all’altra, a volte con le stesse parole e non sempre personali. Ciò è dovuto al carattere composito di tutta la produzione di Pirandello, fatta di pièces l’una legata all’altra in vista di un ipotetico insieme, e da una continua volontà di sperimentare forme diverse, quasi a ritrovare quella più aderente ad un’”idea della vita”, come un sarto di classe col suo modello. Egli compone e scompone: mette un tassello in un punto, e lo utilizza tale e quale in un altro. Costruisce, sembra soddisfatto, ma poi con gli stessi materiali, sbozzati diversamente e diversamente collocati, ricomincia un’altra costruzione. È come un grande cantiere dove non si ha mai riposo.
Si potrebbe dire che Pirandello è un grosso artigiano che tende al risparmio, al bricolage, a tirare sulle spese, e poco bada a rifinire i suoi prodotti. I lavori così procedono sempre in cerca di un capolavoro, che nella sua mobilità e nel concetto della fluidità senza scampo della creazione artistica, smentisca se stesso.
I personaggi, a volte gli stessi, altre volte lievemente alterati, con qualche piccolo rilievo fisionomico, vanno e vengono: escono da una novella ed entrano in un romanzo, escono da un romanzo e vanno a finire in un saggio, e, ancora scontenti, dalle silenziose pagine di un romanzo affrontano, nelle alterne vicende della loro vita di condannati, le scricchiolanti tavole di un palcoscenico. Questo procedere in un moto quasi circolare, aggirantesi su se stesso, impedisce alla produzione pirandelliana un vero e proprio regime di crisi. Il suo rifiuto della “letteratura” lo portava fuori dall’ambizione dell’opera unica.
L’imperfezione stessa di questi prodotti dà alla sua opera in progress una paradossale garanzia di continuità e di apertura.
Ogni opera si mostrava come campo fecondo per la continuità stessa della produzione, continuità e rapporto su cui l’autore stesso insisteva non senza civetteria, giovandosi egli indiscutibili vantaggi della ripetizione. Anche da questo punto di vista egli costruiva l’”isola Pirandello” con una sua monotonia nella diversità, insistendo sui luoghi fissi, su certe stramberie di un paesaggio che non ammette nella sua insularità scampo e liberazione, su temi, modi, che si trasmettono come per creare un clima ed un’ossessione.
Gli stessi titoli (e finanche le trame) vengono annunciati e ripresi da molto lontano, come il titolo di Ciascuno a suo modo che s’incontra in forma emblematica nel romanzo Suo marito, quale leggenda sull’orologio del campanile della chiesa dalla cuspide ottagonale e le finestre bifore. Gli attori dei Sei personaggi provano la commedia Il giuoco delle parti “segnata all’ordine del giorno” e gli esempi di questo tipo potrebbero essere tantissimi.
In Pirandello c’era, nella concezione dell’opera d’arte, un movimento di affettuosa partecipazione, quasi di sfogo personale, e un’applicazione industriosa di buona cucina. L’opera poteva cioè essere staccata, divisa negli elementi che la formavano: non richiedeva, per così dire, la sua forma insostituibile, incancellabile. Il problema della disposizione di un materiale umano e di un’idea poteva avere varie applicazioni. Quel senso artigianale, che diventerà, in teatro, alta tecnica, lo conduceva a trattare l’”oggetto” con passione e con distacco. Pirandello dà importanza alla trama, ma sa anche benissimo che lo stesso “argomento”, trattato in maniera diversa, può dar vita a una novella modesta e ad una vera commedia quasi perfetta.
È tutto un lavoro fatto con pazienza, con lentezza. Tanti riavvicinamenti per restituire ai personaggi il senso della vita, per avvertire il divenire dell’oggetto nella continuità dello spazio. Niente in questi oggetti fa pensare al “senso del compiuto”. Tutti lasciano un’apertura: una possibilità di sviluppo. Il discorso continua.

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