mercoledì 18 gennaio 2012

Foucault, un primo approccio


Da sempre mi affascina la figura di Michel Foucault, anche se non mi ero ancora dedicato compiutamente allo studio del suo pensiero cosa che intendo fare nel corso di questo 2012.
Spaventato, anni fa, dall’invadenza dei foucaultiani e dalla loro esasperata venerazione per il Maestro, me ne allontanai per non essere travolto dai devoti e dal loro fastidiosissimo ripetere come un mantra i dogmi che secondo loro rappresentavano la dottrina di Foucault.
Io li odio, i fedeli. Sia quelli religiosi che quelli filosofici. Chi glielo fa fare? Sono dei pigri, che abbracciano una sola ricetta convinti, con essa, di poter salvare il mondo.
Ora, però, ho deciso di approfondire la riflessione di Foucault, soprattutto quando essa verte su alcune caratteristiche che hanno assunto le nostre società, in particolare per quel che riguarda il controllo delle persone e dei loro corpi. Il pensiero di Foucault, esercitandosi sul potere, e sul modo in cui è stato e viene esercitato, è uno strumento assai stimolante per analizzare le modalità e i dispositivi di cui questo potere si avvale.
Una parola chiave del pensiero di Foucault è “biopolitica”, che può essere intesa ricordando quel che egli stesso ha scritto: “al vecchio diritto di far morire o di lasciar vivere si è sostituito un potere di far vivere o di respingere la morte”. In questo modo, entrando ancor più profondamente nella vita delle persone, la biopolitica si impadronisce del loro corpo.
Questa consapevolezza tutta moderna di un potere che si impadronisce della vita assume nella riflessione di Foucault una rilevanza particolare. Non indaga, infatti, la categoria della biopolitica in forme astratte, ma riportandola alla realtà degli strumenti, delle istituzioni di cui il potere concretamente si serve, dalla medicina al carcere. E così la nozione stessa di vita viene ridefinita, cogliendo uno dei caratteri delle società contemporanee al quale si riferisce un’altra parola sempre presente nella discussione attuale, “bioetica”.
Foucault cerca di rendersi consapevole dei dispositivi di cui il potere si serve.
Non è un caso che abbia scritto la prefazione a uno dei libri che hanno ricevuto, negli ultimi decenni, un’attenzione particolare, il Panopticon di Jeremy Bentham, l’illuminista inglese che ha rivolto lo sguardo proprio alla società della sorveglianza giungendo, grazie alla collaborazione del fratello architetto, a progettare una forma di prigione nella quale tutti i detenuti, rinchiusi in un edificio circolare, sono sempre visti da qualcuno, ma non vedono il loro osservatore.
L’immagine del Panopticon è forse quella più vicina alla società del controllo così come si è venuta strutturando nel mondo che viviamo: infinite telecamere ci seguono, lasciamo tracce elettroniche in ogni momento usando una carta di credito o mandando un SMS, e non sappiamo chi può usare queste informazioni, utilissime per chi intende controllarci continuamente.
Due grandi immagini continuano ad accompagnare la discussione dei nostri tempi: il Grande Fratello di George Orwell, che incarna una delle grandi utopie negative del Novecento, e appunto il Panopticon. Forse è proprio quella indicata da Bentham (l’osservatore che non è visto dalle persone osservate) che coglie meglio la situazione che abbiamo di fronte. Da queste brevi indicazioni si può cominciare ad intuire perché Foucault abbia posato il suo occhio impietoso e analitico proprio sul Panopticon. Ma Bentham non si era limitato a ipotizzare una sorveglianza soltanto delle persone devianti, che vengono rinchiuse in un carcere e devono essere osservate in ogni momento della giornata: aveva esteso questo suo modo di considerare la società a quasi tutte le attività svolte dalle persone.
Questo è il punto chiave della riflessione di Foucault: la vita che diventa oggetto del potere, un potere difficile da controllare, che si serve di dispositivi molteplici, di molti modi per realizzare l’obiettivo di piegare non solo la persona ma la sua intera vita ai bisogni del potere medesimo.

8 commenti:

  1. Ah cosa vedono le mie fosche pupille! Biopolitica, bioetica.. i miei temi preferiti! Dovevi venire al festival della filosofia tema "natura" che si è svolto a Settembre a Modena-Carpi-Sassuolo.. è stato bellissimo, io mi sono fatta tutti i quattro giorni, e ho seguito anche lezioni su bioetica e biopolitica e ovviamente, biodiritto (studio Giurisprudenza indi per cui mi tocca!) Per quanto concerne il controllo dell'uomo, mi hai fatto venire in mente istantaneamente le parole del mio prof di diritto ecclesiastico, un gran professore, il primo (sue due della mia carriera universitaria) che posso ritenere un vero professore.. in grado di suscitare l'entusiasmo negli studenti, in grado di aprire le menti.. insomma, un grande! Lui parlava della Chiesa Cattolica in particolare, ma come si rileva dal tuo post, riguarda qualunque potere (spirituale o temporale che sia). La Chiesa si è sempre preoccupata di controllare i tre momenti più importanti della vita delle persone, nascita (battesimo altrimenti bruci all'inferno), riproduzione (no aborto, prima della legge del '78, no sesso prima del matrimonio, no sesso se non a fini procreativi), e morte(no eutanasia). E non c'è da stupirsi che, pur essendo costituzionalmente uno Stato Laico, l'Italia ancora non ha una legge che regoli l'eutanasia, quando in Olanda c'è dai lontani anni '60, e nel resto d'Europa in generale stanno molto più avanti di noi. Una forma di controllo, esattamente, per mantenere il potere... e la gente ci casca sempre, spesso, troppo.

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    1. Eh...mi sarebbe piaciuto eccome farmi il festival di filosofia...ogni anno ci penso, spero di andarci prima o poi.
      Per quanto riguarda lo "Stato laico", sai che nella Costituzione italiana la parola "laico" non c'è mai?
      Grazie per il bellissimo commento.

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    2. Caspita sai che ero convinta ci fosse il termine "laico", e invece no! Si desume dal combinato disposto dei vari articoli, ma la prima a parlare di laicità in senso stretto è stata la Corte Costituzionale con la legge 203/1989... che svista, grazie per avermelo fatto notare!! Che giurista poco seria...
      :)

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    3. eh legge... volevo poi dire sentenza!

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    4. Lo lessi una volta in un articolo su Repubblica, non lo sapevo neanche io...mi sembrò una cosa curiosa, ma non me stupii più di tanto..

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  2. Credo che il controllo sia legato indissolubilmente al potere, in ogni sua manifestazione, sia quella piccola che quella grande.
    In amore, il potere dei sentimenti che fa leva sul controllo esecitato dal possesso.
    Nel lavoro il potere della gerarchia che fa leva sul controllo del nostro innato senso di deresponsabilizzazione.
    Nella politica il potere della contropartita che fa leva sul nostro bisogno di "protezione" e quindi sul cntrollo dell'utilizzo di questa protezione.
    Controllare è istintivo, si controllla il territoria, la cucciolata, l'aria e i suoi cambiamenti.
    Il fatto è che il controllo devev essere calibrato dal rispetto della libertà di espressione, credo sia questo che va on corto circuito e fa nascere le aberrazioni del genere.
    Del resto il controllo è anche maturità e sennò sarebbe anarchici e selvaggi ( Rosseau mi viene in mente, ma forse sbaglio)
    Mah, io controllo alcune cose, altre le lascio scappare.
    Non conoscevo queste teorie, grazie professore, qui si respira aria di studio e fa bene.

    ps se sulla Concordia qualcuno avesse controllato il panico, le incompetenze, gli orgogli inutili, la paura...chissà qualcuno in più si sarebbe salvato....

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    1. Bene, bene..è proprio sulla natura "controllatrice" del potere che si fissa la mia attenzione in generale.
      Vediamo che succederà in futuro...

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  3. ps è evidente che però non controllo quando scrivo :-) Scusa gli orrori / errori! :-)

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