giovedì 14 aprile 2011

Alienazione

Il termine, che nel linguaggio comune significa perdita di un possesso, di un affetto o dei poteri mentali, è stato adoperato dai filosofi in alcuni significati specifici.
1. Nel Medioevo fu talora usato per indicare un grado dell'ascesa mistica verso Dio. Così Riccardo di San Vittore considera l'A. come il terzo grado dell'elevazione della mente a Dio (dopo la dilatazione e la sollevazione) e ritiene che essa consiste nell'abbandono della memoria di tutte le cose finite e nella trasfigurazione della mente in uno stato che non ha più nulla di umano. In questo senso l'A. non è che l'estasi.
2. Il termine fu adoperato da Rousseau per indicare la cessione dei diritti naturali alla comunità effettuata con il contratto sociale. "Le clausole di questo contratto si riducono a una sola: l'A. totale di ciascun associato con tutti i suoi diritti a tutta la comunità".
3. Hegel adoperò il termine per indicare l'estraniarsi della coscienza a se stessa, per il quale essa si considera come una cosa. Questo estraniarsi è una fase del processo che va dalla coscienza all'autocoscienza. "L'A. dell'autocoscienza pone, essa proprio, la cosalità, onde questa A. ha significato non solo negativo ma anche positivo, e ciò non solo per noi o in sè, ma anche per l'autocoscienza stessa. Per essa il negativo dell'oggetto o l'autotogliersi di quest'ultimo ha un significato positivo, cioè se stessa; infatti, in quella A. essa pone sè come oggetto o, in forza dell'inscindibile unità dell'esser-per-sè, pone l'oggetto come se stessa, mentre d'altra parte in quest'atto è contenuto l'altro momento ond'essa ha tolto e ripreso in sè medesima quest'A. e oggettività, essendo dunque, nel suo esser altro come tale, presso di sè. Questo è il movimento della coscienza, la quale in tal movimento è la totalità dei propri momenti".
Questo concetto puramente speculativo viene ripreso da Marx nei suoi scritti giovanili per descrivere la situazione dell'operaio nel regime capitalistico. Secondo Marx, Hegel ha avuto il torto di confondere l'obiettivazione, che è il processo per il quale l'uomo si fa cosa, cioè si esprime o si esteriorizza nella natura mediante il lavoro, con l'A. che è il processo per cui l'uomo diviene estraneo a sè fino al punto di non riconoscere se stesso. Mentre l'obiettivazione non è un male o una condanna perchè è la sola via attraverso la quale l'uomo può realizzare la sua unità con la natura, l'A. è invece il danno o la condanna maggiore della società capitalistica. La proprietà privata produce l'A. dell'operaio sia perchè essa scinde il rapporto dell'operaio col prodotto del suo lavoro (che appartiene al capitalista) sia perchè il lavoro rimane esterno all'operaio, non appartiene alla sua personalità, "quindi nel suo lavoro egli non si afferma ma si nega, si sente non soddisfatto ma infelice... E solo fuori del lavoro si sente presso di sè, si sente fuori di sè nel lavoro". Nella società capitalistica il lavoro non è volontario ma costretto perchè non è soddisfacimento di un bisogno, ma solo un mezzo per soddisfare altri bisogni. "Il lavoro esterno, il lavoro in cui l'uomo si aliena è un lavoro di sacrificio di se stessi, di mortificazione".
Questo uso del termine è diventato corrente nella cultura contemporanea, non soltanto nella descrizione del lavoro operaio in certe fasi della società capitalistica, ma anche a proposito del rapporto tra l'uomo e le cose nell'età della tecnica: giacchè sembra che il predominio della tecnica "alieni l'uomo da se stesso" nel senso che tende a farne l'ingranaggio di una macchina.
Sartre è tuttavia ritornato, anche da questo punto di vista, al concetto hegeliano dell'A. intesa come "un carattere costante dell'oggettivazione qualunque essa sia": dove si intende per "oggettivazione" qualsiasi rapporto dell'uomo con le cose o con gli altri uomini. Marcuse a sua volta ha considerato l'A. come la caratteristica dell'uomo e della società "a una sola dimensione", cioè come la situazione nella quale non si distingue il dover essere dall'essere e perciò il pensiero negativo, o la forza critica della Ragione, è dimenticata o messa a tacere dalla forza onnipresente della struttura tecnologica della società.
Nel linguaggio filosofico-politico oggi corrente il termine ha i significati più disparati che dipendono dalla varietà dei caratteri su cui si insiste per la definizione dell'uomo.
Se l'uomo è ragione autocontemplativa (come riteneva Hegel), ogni suo rapporto con un oggetto qualsiasi è A. Se l'uomo è un essere naturale e sociale (come riteneva Marx) è A. il suo ritirarsi nella contemplazione. Se l'uomo è istinto e volontà di vita, è A. ogni repressione e diminuzione di tale istinto e volontà; se l'uomo è razionalità operante o fattiva è A. il suo affidarsi all'istinto. Se l'uomo è ragione (comunque intesa), è A. il suo rifugiarsi nella fantasia; ma se è essenzialmente immaginazione e fantasia, è A. ogni sua disciplina razionale. Infine, se l'individuo umano è una totalità autosufficiente e completa, è A. ogni regola o norma che venga imposta, in qualsiasi modo, alla sua espressione.
L'equivocità del concetto di A. dipende dalla problematicità della nozione di uomo.

4 commenti:

  1. Manca l'analisi del termine nella filosofia di Antoine.

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  2. Eccola:
    L'alienazione sai cos'è
    è il vuoto nei pensieri
    le notti bianche
    i giorni neri
    e il vuoto intorno a te

    Uno parla e non ascolti più
    vivi e non sai perché
    se ne amavi una
    non l'ami più
    anzi non sai più chi é

    L'alienazione sai cos'è
    è il vuoto nei pensieri
    le notti bianche
    i giorni neri
    e il vuoto intorno a te

    Tu mangi e bevi e dormi ma
    non sai perché lo fai
    non ridi più
    non piangi più
    sei chiuso a chiave ormai

    L'alienazione sai cos'è
    è il vuoto nei pensieri
    le notti bianche
    i giorni neri
    e il vuoto intorno a te

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  3. sono curiosa: perché scrivi voci di enciclopedia?

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  4. Fa parte del progetto di Filosofia articolato nei seguenti punti
    1) appunti di storia della filosofia (magari per qualche studente interessato)
    2) Recensioni di opere di Filosofia
    3) Filosofia spicciola (cose piccole o sfiziose)
    4) Su consiglio di un mio caro professore inserisco le parole più importanti della terminologia filosofica.

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