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mercoledì 14 marzo 2012
Androgino
Dal punto di vista medico l’ermafroditismo (o androginia) è una patologia caratterizzata dalla compresenza nello stesso individuo delle gonadi dei due sessi, a causa di un’incompleta differenziazione fisiologica. Per il mito e per l’immaginario simbolico sia occidentale sia orientale l’androginia è un’ipotetica e felice condizione sessuale di tipo bipolare, simbolo della pienezza dell’essere, della perfezione data dalla compresenza di due elementi contrari e dell’armonia che nasce dal loro reciproco equilibrarsi.
L’androginia entrò nella storia del pensiero occidentale con il mito degli uomini sferici sviluppato da Platone nel Simposio per spiegare la natura dell’attrazione sessuale. Con una notevole dose di umorismo il filosofo affermò che non da sempre gli uomini possiedono l’attuale forma corporea; i nostri più antichi antenati furono infatti plasmati dal Demiurgo in forma sferica, senza una differenziazione di tipo sessuale fra loro: ogni individuo possedeva organi doppi secondo le tre possibilità logiche, vale a dire maschio-maschio, maschio-femmina e femmina-femmina. Mobilissimi e velocissimi (con quattro gambe e altrettante braccia si muovevano rotolando), orgogliosi fino alla superbia della loro sferica perfezione e dello stato di completezza sessuale, gli androgini originari riuscirono invisi alla divinità, che li punì dividendoli nei due attuali tronconi: il maschio e la femmina (esiste anche il pericolo, aggiunse Platone nel suo racconto, che la superbia degli uomini contemporanei spinga Zeus a un’ulteriore divisione punitiva, che ridurrebbe la specie umana a essere con una sola gamba e un solo braccio).
(Come simbolo della unificaione dei contrari e della coincidenza degli opposti, l'androginia è presente in molti miti e religioni. L'androgino in una rappresentazione induista, come unione del dio Shiva e della dea Parvati)
Il mito spiega la natura dell’attrazione erotica, interpretabile come un’inconsapevole nostalgia dell’antica completezza. Spiega anche la diversità delle preferenze sessuali: chi è attratto dal proprio sesso, infatti, deriverebbe da una scissione maschio-maschio o femmina-femmina, mentre chi pratica l’amore eterosessuale discenderebbe da un antenato bisessuato. Spiega infine come il dualismo sessuale sia il frutto della decadenza. Solo l’uomo originario, l’androgino, era vero e completo: non mancava di nulla ed era perciò indisponibile all’attrazione e alla seduzione. Ora invece solamente nell’amplesso si riacquista, in un certo modo, l’originaria sfericità. In questo senso quello attuale, sessualmente connotato, conclude Platone, è solo il simbolo di un uomo, letteralmente, nel significato greco della parola, un uomo a metà.
Il mito dell’androgino servì a Platone per spiegare il senso oscuro e doloroso di una mancanza che contraddistingue ogni sentimento d’amore. Come suggerisce un altro mito del Simposio, il dio Eros è figlio della dea Penìa (Povertà) e del dio Poros (Espediente): l’amore infatti “è povero, non bello e delicato come pensano in molti; ma duro, squallido, scalzo, peregrino, uso a dormire nudo per terra, all’addiaccio, di notte, sulle soglie delle case; ma è sagace e capace delle più raffinate astuzie nelle sue strategie di conquista”.
(Nell'alchimia la trasformazione dei metalli vili in oro era simboleggiata dalla nascita dell'ermafrodita nel bagno mercuriale. Secondo Jung, che ha analizzato l'alchimia dal punto di vista della psicoanalisi, l'androginia è il simbolo della compresenza in ogni individuo di una componente maschile e una femminile)
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