Jean-Paul Sartre (non sottovalutate MAI l'importanza della pipa per un filosofo)
Dicevamo ieri che il vostro compito filosofico principale consiste nel
separare la soggettività da qualsiasi costrutto trascendentale. Dovete contribuire, insomma, alla tendenza filosofica fondamentale della nostra era; alla
progressiva e irreversibile scissione tra soggetto e trascendentale.
Un’ultima cosa, prima di passare all’esempio pratico, che riguarda la filosofia d’oltremare e cioè la filosofia inglese e americana, con le accuse che potrebbero muovervi di solipsismo, idealismo e altre scemenze: fottetevene.
Gli anglo-americani non sono filosofi; è gente che crede che la filosofia sia una specie di logistica, è gente che traduce “spirito” con “mind”, è gente che parla di “buon senso” ma il buon senso è di quanto più lontano possibile dalla filosofia. L’unico filosofo di lingua inglese è stato Shakespeare, al massimo posso concedervi David Hume e un poco di Bertrand Russell. Il resto potete tranquillamente ignorarlo e dedicarvi solo a scrittori e poeti di quelle terre.
Torniamo a noi, cioè a Sartre e ad Husserl.
Per diventare Filosofi Accademici del III Millennio, dovete individuare un
mostro sacro del vostro tempo e fare quello che il giovane Sartre, scrivendo
La trascendenza dell’ego, fece col padre della Fenomenologia.
Edmund Husserl (sì, lo so. è antipatico anche a me, ma tant'è...)
Husserl reintrodusse una nozione di “coscienza” come orizzonte trascendentale, condizione prima e originaria di ogni verità e di ogni rapporto col mondo.
Ma già nei suoi scritti e poi in tutto il cammino della fenomenologia,
questa coscienza si svuota assai presto di ogni riferimento soggettivo per diventare un anonimo e impersonale “campo trascendentale”; vale a dire, qualcosa che sta più nell’ordine dell’
che dell’Io. (e quindi anche Husserl segue l’ormai inevitabile “lezione hegeliana”)
Cosa fa Sartre?
Sartre punta dritto al cuore della fenomenologia, e cioè proprio a quella nozione di coscienza trascendentale che costituisce l’architrave del sistema husserliano, per espungervi l’Io.
Capito? Trovate il mostro sacro, afferratelo per le corna, prendete possesso dell’idea filosofica principale (ogni filosofo ha un’idea principale), stabilitevi nell’architrave concettuale del vostro interlocutore ed espungete qualsiasi riferimento soggettivistico. Sartre mira a purificare l’idea di coscienza per liberarla da ogni soggettivismo, sino a riformularla come una pura “spontaneità” del tutto impersonale. Di questa assoluta trascendenza, dovrebbe ormai essere chiaro, l’Io non è né il proprietario, né il fondamento: ne è, semmai, soltanto una maschera.
Riepilogo filosofico: purificare l’idea di coscienza, darle una nuova ed impersonale nozione concettuale, dare all’Io un ruolo post hegeliano.
Ma non è finita, dovete fare il secondo passo. Per essere Filosofi Accademici del III Millennio, dovete innestare la vostra filosofia teoretica su una filosofia politica.
Il filosofo è sempre teoretico ed etico, cioè politico.
Ovviamente l’esempio sartriano, risalendo agli anni ’30 del Novecento, è basato sulla politica marxista e nostro compito non è seguirlo pedissequamente, ma solo apprendere i rudimenti della tecnica della filosofia politica. Dovrete portare il vostro discorso sulla politica attuale, altrimenti il demone dell’accusa di essere soltanto un idealista, vi perseguiterà fin nella tomba.
Quello che voglio sottolineare è che se Sartre è riuscito a convincere i duri e puri della sinistra materialista marxista, che erano già a pronti ad accusare la fenomenologia di restare chiusa in un astratto idealismo (che vi dicevo prima?), ignaro di sofferenze, fame e guerra, nessuna impresa di filosofia politica è impossibile.
Il vostro punto di partenza sarà che, una volta espulso l’Io dalla coscienza, l’Io si ritrova immerso nel mondo, costituito dalla stessa trama materiale di cui sono fatte tutte le cose. Questo rendere l’Io “mondano” è basilare per far capire che la fenomenologia (o chi per essa) può essere capace di un concreto realismo e trovare pieno ascolto nei sostenitori del materialismo storico (o di altri movimenti politici).
Per realizzare il matrimonio tra la vostra filosofia teoretica e il pensiero politico a voi contemporaneo, dovrete decretare il divorzio tra soggetto e trascendentale; fare insomma incontrare il pensiero filosofico del vostro mostro sacro con il pensiero politico del momento così come Sartre unì la filosofia politica di Marx con la fenomenologia di Husserl. E in questo Jean-Paul fu geniale.
Nell’infuriare della battaglia filosofica seppe capovolgere la situazione come un novello Napoleone. Non era lui che viveva nella sua torre d’avorio, non era lui che sproloquiava di una filosofia morta e inutile. Erano i marxisti che dovevano ascoltarlo per evitare l’assurdità di un “materialismo metafisico" (!!!), cioè di un materialismo ingenuo, e trarre dunque fuori la corrente marxista dai presupposti infondati e dalle rigidità ideologiche in cui era impantanata. Dovrete, per concludere, non accettare semplicemente il pensiero politico presente; ma accettarlo con riserva. Cioè accettarlo, abbracciarlo, ma con le vostre idee e correzioni. Sartre accettò sì il marxismo allora dominante, ma attraverso una dialettica “aperta” che conteneva in nuce successive e costanti proposte di revisione.
Chapeau Jean-Paul! E leggete La trascendenza dell’ego.
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