Considerato che oggi è domenica, ho deciso di fare un post rilassante invece dei miei soliti post impegnati, intellettuali e difficili. Quindi godiamoci un'opera d'arte, un po' di pettegolezzo e una curiosità psicologica.
Lode al relax!
Il tronco dell’albero del supplizio, nero e leggermente obliquo, campeggia sullo sfondo tizianesco d’una tenebrosa foresta e d’un cielo serotino, fosco e distante.
Un giovane di singolare avvenenza è legato nudo al tronco dell’albero, con le braccia tirate in alto, e le cinghie chi gli stringono i polsi incrociati sono fermate all’albero stesso. Non si scorgono legami d’altra sorta, e l’unico rivestimento della nudità del giovane consiste in un ruvido panno bianco che gli fascia mollemente i lombi.
Il dipinto è dedicato a san Sebastiano che subì il martirio, ma siccome è dovuto a un pittore, Guido Reni, della scuola eclettica del Rinascimento, da questo quadro che raffigura la morte di un santo cristiano emana un forte aroma di paganesimo.
Il corpo del giovane non reca alcuna traccia degli stenti o dello sfinimento derivati dalla vita missionaria, che improntano l’effigie d’altri santi: questo palesa invece unicamente la primavera della gioventù, unicamente luce e piacere e leggiadria.
Quella sua bianca e incomparabile nudità scintilla contro uno sfondo di crepuscolo. Le braccia nerborute, braccia d’un pretoriano solito a flettere l’arco e a brandire la spada, sono levate in una curva armoniosa, e i polsi s’incrociano immediatamente al disopra del capo. Il viso è rivolto leggermente in alto e gli occhi sono spalancati, a contemplare la gloria del paradiso con profonda tranquillità. Non è la sofferenza che aleggia sul petto dilatato, sull’addome teso, sulle labbra appena contorte, ma un tremolio di piacere malinconico come una musica.
Non fosse per le frecce con le punte conficcate nell’ascella sinistra e nel fianco destro, egli sembrerebbe piuttosto un atleta romano che allevia la stanchezza in un giardino, appoggiato contro un albero scuro.
Le frecce si sono addentrate nel vivo della giovane carne polposa e fragrante, e stanno per consumare il corpo dall’interno con fiamme di strazio e d’estasi suprema. Ma il sangue non sgorga, non ha ancora infuriato il nugolo di frecce che si vedono in altri dipinti del martirio di san Sebastiano. Qui, invece, due frecce solitarie mandano le loro ombre quiete e delicate sopra la levigatezza della pelle, simili alle ombre d’un ramo che cadono su una scala di marmo.
Perché v’ho riportato una descrizione così dettagliata di quest’opera? Perché è guardando e osservando attentamente questo quadro che lo scrittore giapponese Yukio Mishima si fece la sua prima sega all’età di dodici anni.
E per dirvi, altresì, che il medico e scrittore tedesco Magnus Hirschfeld assegna alle “immagini di san Sebastiano” il primo posto fra quei generi d’opere d’arte dai quali l’invertito trae un godimento speciale. Questa osservazione di Hirschfeld conduce facilmente alla congettura che nella stragrande maggioranza dei casi d’inversione, soprattutto d’inversione congenita, gli impulsi degli invertiti e dei sadici siano commisti inestricabilmente.
Io più che altro noto sempre che sia il Cattolicesimo che l'Antica Roma (come pure l'Antica Grecia) condividessero un disprezzo per la femmina e l'essere femminile in genere al punto da sfociare in una sorta di omosessualità imposta, o nella pedofilia, o nel travestitismo...tutte cose che comunque portano ad una vena di sadomasochismo inevitabilmente.
RispondiEliminaE' una situazione dialettica che si va evolvendo.
RispondiEliminaAlcuni popoli e molte religioni hanno davvero avuto nei confronti della donna un atteggiamento odioso.
Ma gli antichi Greci non disprezzavano le donne, è un termine che con loro non c'entra per nulla.
Non avevano il catalogo postalmarket in Giappone?
RispondiEliminate possino... :))
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