martedì 13 dicembre 2011

Freud e l'aperitivo d'amore con Schopenhauer


Senza preamboli diciamo subito che Freud, diventato medico, si dedica allo studio delle nevrosi.
Che cos’è una nevrosi?
La nevrosi è un “conflitto” tra il mondo delle pulsioni (da Freud denominato Es) e le esigenze della società (Super-io) che ne chiedono il contenimento e il controllo.
In questa dinamica è possibile scorgere il tragitto dell’umanità e il suo disagio. Vediamo cosa scrive Freud a tal proposito ne Il disagio della civiltà (1929): “Di fatto l’uomo primordiale stava meglio, poiché ignorava qualsiasi restrizione pulsionale. In compenso la sua sicurezza di godere a lungo di tale felicità era molto esigua. L’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza”.
Da dove trasse Freud la sua concezione di nevrosi?
Sicuramente si ispirò alle intuizioni filosofiche del romanticismo, a Goethe, a Schelling e soprattutto a Schopenhauer che Freud considera suo “precursore” e a proposito del quale scrive nel saggio Una difficoltà della psicoanalisi (1917): “Probabilmente pochissimi uomini hanno compreso che ammettere l’esistenza di processi psichici inconsci significa compiere un passo denso di conseguenze per la scienza e per la vita. Affrettiamoci comunque ad aggiungere che un tale passo la psicoanalisi non l’ha compiuto per prima. Molti filosofi possono essere citati come precursori, e sopra tutti Schopenhauer, la cui “volontà inconscia” può essere equiparata alle pulsioni psichiche di cui parla la psicoanalisi”.
Secondo Schopenhauer, infatti, ciascuno di noi è abitato da una doppia soggettività: la “soggettività della specie” che impiega gli individui per i suoi interessi che sono poi quelli della propria conservazione, e la “soggettività dell’individuo” che si illude di disegnare un mondo in base ai suoi progetti, che altro non sono se non illusioni per vivere e non vedere che a cadenzare il ritmo della vita sono le immodificabili esigenze della specie”.
Questa doppia soggettività viene codificata dalla psicoanalisi con le parole Io e inconscio.
Nell’inconscio, Freud distingue un “inconscio pulsionale” (Es), dove trovano espressione le esigenze della specie, e un “inconscio superegoico” (Super-io), dove si depositano e si interiorizzano le esigenze della società.
Le esigenze della specie sono due: la sessualità, senza di cui la specie non vedrebbe garantita la sua perpetuazione, e l’aggressività che serve per la difesa delle prole. Queste due pulsioni, proprio perché sono al servizio della specie, l’Io (la nostra parte cosciente) le subisce, le patisce, e perciò diventano le sue “passioni”, che la società, per salvaguardare se stessa, chiede di contenere, nella loro espressione, entro certi limiti. La società agisce attraverso l’educazione, durante la quale l’Io interiorizza i divieti genitoriali acquisendo così gradatamente i divieti sociali che svolgono una funzione di contenimento dei moti pulsionali.
Riconosciuta la presenza in ognuno di noi dell’Es e del Super-io, possiamo affermare che l’Io non è padrone in casa propria perché è abitato da una dimensione inconscia che l’uomo ha sempre evitato di considerare perché un inganno narcisistico gli ha fatto credere di essere al centro dell’universo, creatura di Dio, e padrone dell’orizzonte dispiegato dalla sua coscienza e dal suo procedere razionale.
Questa scoperta costituirebbe, secondo Freud, la terza mortificazione che l’umanità deve sopportare. Lo scrive nell’Introduzione alla psicoanalisi (1915-1917): “Nel corso dei tempi l’umanità ha dovuto sopportare due grandi mortificazioni che la scienza ha recato al suo ingenuo amore di sé. La prima, quando apprese che la nostra terra non è al centro dell’universo, bensì una minuscola particella di un sistema cosmico che, quanto a grandezza, è difficilmente immaginabile. Questa scoperta è associata per noi al nome di Copernico, benché la scienza alessandrina avesse già proclamato qualcosa di simile.
La seconda mortificazione si è verificata poi, quando la ricerca biologica annientò la pretesa posizione di privilegio dell’uomo nella creazione, gli dimostrò la sua provenienza dal regno animale e l’inestirpabilità della sua natura animale. Questo sovvertimento di valori è stato compiuto ai nostri giorni sotto l’influsso di Charles Darwin, di Wallace e dei suoi precursori, non senza la più violenta opposizione dei loro contemporanei.
Ma la terza e più scottante mortificazione, la megalomania dell’uomo è destinata a subirla da parte dell’odierna indagine psicologica, la quale ha l’intenzione di dimostrare all’Io che non solo egli non è padrone in casa sua, ma deve fare assegnamento su scarse notizie riguardo a quello che avviene inconsciamente nella sua psiche. Anche questo richiamo a guardarsi dentro non siamo stati noi psicoanalisti né i primi né i soli a proporlo, ma sembra che tocchi a noi sostenerlo nel modo più energico e corroborarlo con un materiale empirico che tocca da vicino tutti quanti gli uomini”.

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