mercoledì 21 marzo 2012

Antonio Canova, vita e opere

(Dedalo e Icaro)

Antonio Canova aveva imparato i primi rudimenti del mestiere dal nonno, capomastro e scalpellino, ma ben presto, per interessamento del senatore Falier, fu mandato a studiare a Venezia con gli scultori Giuseppe Bernardi Torretti e Giuseppe Ferrari, presso le cui botteghe il giovane artista ebbe modo di appropriarsi delle raffinate tecniche di lavorazione della cera, della creta e del marmo, improntando il suo stile ad un iniziale pittoricismo proprio della scultura veneta del primo Settecento. Con questo bagaglio di cultura figurativa, arricchito dallo studio dei calchi delle più rinomate sculture antiche presenti nella collezione del colto abate e mecenate Filippo Farsetti, scolpì le statue di Orfeo ed Euridice tra il 1775 e il 1776, di Apollo nel 1779, di Dedalo e Icaro realizzata nello stesso anno.
Nel 1779 Canova si recò a Roma, dove visitò tutte le raccolte d’arte, pubbliche e private, della città.
Nel 1780 andò a Napoli, osservò chiese e gallerie, ma soprattutto Paestum, Pompei, Pozzuoli e il Museo di Portici, che raccoglieva tutti i reperti provenienti dagli scavi di Ercolano.
Rientrato a Roma, decise di stabilirvisi, allo scopo di approfondire la conoscenza dell’arte classica. Numerosi schizzi e disegni dall’antico documentano questi studi, che furono accompagnati da intense discussioni con l’architetto Giovanni Antonio Selva, con l’incisore Giovanni Volpato, con l’erudito Quatremère de Quincy, tutti impegnati nella battaglia per l’affermazione dell’arte neoclassica.
Nel 1781, su commissione del suo potente protettore, il principe Abbondio Rezzonico, realizzò l’Apollo che si incorona, ispirato all’Apollo del Parnaso di Mengs e ad alcune statue antiche.
(Apollo che si incorona)

Diversamente dalle opere del periodo veneziano, scolpite sempre in atteggiamenti dinamici, Canova rappresentò il dio nell’atto di cingersi il capo con la corona d’alloro, dimostrando di volersi esplicitamente rifare all’ideale winckelmanniano, che aveva identificato la perfezione della bellezza nel motto “nobile semplicità e quieta grandezza”.
Tra il 1783 e il 1787 scolpì il Monumento a Clemente XIV, in cui si avverte più chiaramente la svolta neoclassica, ulteriormente confermata in una serie di sculture di soggetto mitologico, tra cui i gruppi di Amore e Psiche, improntati al’ideale della “grazia” formulato da Winckelmann, e l’Ebe.
Nell’aprile del 1792 viene scoperta nella Basilica di San Pietro la Tomba di Clemente XIII. Nel 1798 in seguito all’esilio di papa Pio VI e alla proclamazione della Repubblica Romana tornò nella città natale di Possagno, dove dipinse la pala con il Compianto di Cristo.
(Amore e Psiche stanti)

Nel 1800 era di nuovo a Roma, dove fu nominato membro dell’Accademia di San Luca. Nel 1802 fu nominato da papa Pio VII Cavaliere dello Speron d’oro e Ispettore generale delle Belle Arti dello Stato Pontificio. Il 19 settembre dello stesso anno partì per Parigi, dove modellò il busto di Napoleone. Nel 1804 ricevette dalla contessa d’Albany la commissione del Monumento a Vittorio Alfieri, scolpì Paolina Borghese come Venere vincitrice e il Busto dell’imperatore Francesco I.
Nel 1805 si recò a Vienna per installare il Monumento funebre di Maria Cristina d’Austria nella Chiesa degli Agostiniani. Canova aveva raggiunto ormai una fama internazionale e diventò lo scultore più richiesto da personalità come Napoleone, Gioacchino Murat, Pio VII che gli richiesero ritratti e busti.
(Amore e Psiche giacenti)

Nel 1815 Canova fu incaricato dal governo inglese di dare un parere sull’autenticità dei marmi provenienti dal Partenone, che Lord Elgin, diplomatico inglese e ambasciatore a Costantinopoli, aveva proposto di vendere. La visione di queste statue fidiane destò grande impressione nello scultore italiano. In una lettera all’amico Quatremère egli così scriveva: “Ho veduto i marmi venuti di Grecia; dei bassirilievi di già voi e e anche io ne avevamo un’idea dalle stampe, da qualche gesso, e da qualche pezzo di marmo ancora; ma delle figure in grande, nelle quali l’artista può far mostra del suo vero sapere, non ne sapevamo nulla. Se è vero che queste sieno opere di Fidia, o dirette da lui, o che egli vi abbia posto la mano per ultimarle, queste insomma mostrano chiaramente che i grandi maestri erano veri imitatori della bella natura. Niente avevano di affettato, niente di esagerato, niente di duro, cioè di quelle parti che si chiamerebbero di convenzione o geometriche. Le opere di Fidia sono vera carne, cioè bella natura”.
(Paolina Borghese come Venere vincitrice)

Ancora nel 1815, Canova, nominato da papa Pio VII capo della delegazione della Santa Sede al congresso di Parigi, riuscì ad ottenere la restituzione delle opere d’arte italiane sottratte dai Francesi.
(Monumento funebre di Maria Cristina d'Austria)

Negli ultimi anni della sua vita, egli continuò ad accumulare incarichi di grande prestigio, come il Monumento degli ultimi Stuart in San Pietro, quello a George Washington, il Monumento equestre di Ferdinando I re delle due Sicilie, del quale riuscì a modellare solo il cavallo e, ancora per questo sovrano, la Statua di Ferdinando I come Minerva, oggi esposta al Museo Nazionale di Napoli.
(Napoleone come Marte pacificatore)

Il Monumento funerario di Clemente XIV


Realizzato tra il 1783 e il 1787, raffigura il papa Giovanni Vincenzo Ganganelli, protagonista di un pontificato moderatamente illuminato, durante il quale fu soppressa la Compagnia di Gesù e fu fondato il Museo Pio Clementino. Pur tenendo ancora presente come modello di riferimento la Tomba di Urbano VIII innalzata da Bernini in San Pietro, Canova opera un notevole cambiamento di stile. Permane lo schema triangolare formato dalla figura del Pontefice seduto su di un trono e della due figure femminili, allegorie della Temperanza e dell’Umiltà, ma cadono tutti i particolari decorativi alludenti al tema della morte.
La morte non aleggia in questo monumento che, in perfetta sintonia con la concezione illuministica dei sepolcri come memoria edificante per i vivi, vuole ricordare, mediante un’iconografia semplice e l’armonia di forme in equilibrio, la figura di papa Ganganelli.

(Gianlorenzo Bernini, Tomba di Urbano VIII)

La Tomba di Clemente XIII


Per comprendere gli ulteriori passi in direzione neoclassica fatti da Canova in questo monumento funebre dedicato al papa Carlo Rezzonico, occorre metterlo a confronto con la Tomba di Clemente XIV. L’artista inizia nel 1783 le due tombe, ma termina il Clemente XIV nel 1787, quello di Clemente XIII nel 1792; cinque anni di distanza, durante i quali egli abbandona definitivamente ogni retaggio di gusto ancora sei-settecentesco e impianta un modello compositivo del tutto nuovo.
Il pontefice non è più rappresentato con gli attributi della sua regalità: è scomparso il trono di origine ancora berniniana, la tiara, simbolo dell’autorità papale, è deposta sul semplice basamento su cui il papa è inginocchiato in preghiera.
Il sarcofago sottostante, fortemente geometrizzato, ha perso anche la vasca curvilinea e i piedi scanalati su cui posava il basamento della Tomba di Clemente XIV. In quella di Clemente XIII tutto è rigorosamente rettilineo, e anche l’allegoria della religione e il genio funebre hanno perso quella connotazione naturalistica che ancora conservavano le figure allegoriche della Tomba Ganganelli.
Qui veramente Canova abbandona l’ideale winckelmanniano del primo Neoclassicismo per uno stile più astratto, in cui ritornano gli elementi simbolici, come i leoni accovacciati custodi delle spoglie del defunto, ed ha il sopravvento un ideale classico in cui si esaspera la ricerca formale del bello. Fa eccezione la statua del Papa, vero ritratto del nobile veneziano, che documenta la sua formazione improntata ad una scultura pregna di intensi effetti pittorici.

3 commenti:

  1. Ho visto una mostra del Canova...

    senza parole, le sue mani creavano meraviglie.

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  2. Io ho visto solo opere sparse del Canova, mi piace tantissimo così come adoro la scultura neoclassica...

    Uno che vorrei vedere è Adolfo Wildt...

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  3. divino canova!divininissima paolina bonaparte!ananda

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