sabato 21 maggio 2011

Nietzsche debutta sul blog [seconda parte]

Il malinteso sull'Eterno Ritorno è altrettanto grande di quello che pesa sulla volontà di Potenza. Perchè ogni volta che si concepisce l'Eterno Ritorno come il ritorno di una combinazione (dopo che tutte le altre combinazioni si sono prodotte), ogni volta che si interpreta l'Eterno Ritorno come il ritorno dell'Identico o dello Stesso, al pensiero di Nietzsche si sostituiscono nuovamente delle ipotesi puerili.
Nessuno ha spinto così lontano quanto Nietzsche la critica di ogni identità. Per due volte in Zarathustra Nietzsche nega esplicitamente che l'Eterno Ritorno sia un circolo che fa ritornare lo Stesso (la musica da organetto...). L'Eterno Ritorno è rigorosamente l'opposto, perchè è inseparabile da una selezione, da una doppia selezione.
Da una parte, selezione del volere o del pensiero, che costituisce l'etica di Nietzsche: volere soltanto ciò di cui si vuole anche l'eterno ritorno (eliminare tutti i mezzi-voleri, tutto ciò che uno può volere quando dice “una volta, soltanto una volta...”)
Dall'altra parte, selezione dell'Essere, che costituisce l'ontologia di Nietzsche: la sola cosa che ritorna, la sola adatta a ritornare è ciò che diviene nel senso più pieno della parola. Ritornano soltanto l'azione e l'affermazione: l'Essere appartiene al divenire e appartiene soltanto a esso. Ciò che si oppone al divenire, lo Stesso o l'Identico, a rigore non è.
Il negativo come il grado più basso della potenza, il reattivo come il grado più basso della forma non ritornano, perchè sono l'opposto del divenire, il quale costituisce il solo Essere.
Si vede di conseguenza in che modo l'Eterno Ritorno sia legato, non a una ripetizione dello Stesso, ma al contrario a una trasmutazione. È l'istante o l'eternità del divenire che elimina tutto ciò che gli resiste. Esso libera, ancora di più crea, il puro attivo e l'affermazione pura. E il Superuomo non ha altro contenuto, esso è il prodotto comune della volontà di Potenza e dell'Eterno Ritorno, Dioniso e Arianna. Per questo Nietzsche afferma che la volontà di Potenza non consiste nel volere, nel bramare o nel cercare, ma soltanto nel dare” e nel “creare”.

Oltre che su analisi concettuali, la questione Nietzsche poggia prima di tutto su valutazioni pratiche che sollecitano un'atmosfera generale, ogni sorta di disposizione affettiva del lettore. Nietzsche ha sempre conservato un profondissimo rapporto tra il concetto e l'affetto. Le analisi concettuali sono indispensabili, e Nietzsche le porta più lontano di ogni altro.
Ma finchè il lettore le coglierà in un clima che non è quello di Nietzsche, esse resteranno inefficaci. Finchè il lettore si ostinerà:
1) a vedere nello “schiavo” nietzschiano qualcuno che si trova a essere dominato da un padrone, e che merita di esserlo;
2) a concepire la volontà di potenza come una volontà che vuole e cerca la potenza; 3) a concepire l'Eterno Ritorno come il fastidioso ritorno dello stesso;
4) a immaginare il Superuomo come una razza data di padroni, non ci sarà alcun possibile rapporto positivo tra Nietzsche e il suo lettore.
Nietzsche apparirà come un nichilista, alla peggio come un fascista, alla meglio come un profeta oscuro e terrificante. Nietzsche lo sapeva, conosceva il destino che lo attendeva, lui che fece di una “scimmia” o un “buffone” il doppio di Zarathustra, e annunciò che Zarathustra e la sua scimmia sarebbero stati confusi (un profeta, un fascista o un pazzo...).
È vero che Nietzsche ha diagnosticato il nichilismo come il movimento che travolge la storia. Nessuno ha analizzato meglio il concetto di nichilismo, l'ha inventato lui. Ma, per essere precisi, l'ha definito come il trionfo delle forze reattive, o come il negativo della volontà di potenza. Non ha mai smesso di opporvi la trasmutazione, ovvero il divenire, che è al tempo stesso l'unica azione della forza e l'unica affermazione della potenza, l'elemento trans-storico dell'uomo, l'Oltreuomo (e non il Superuomo).
L' Oltreuomo è il punto focale in cui il reattivo è sconfitto (risentimento e cattiva coscienza), e in cui il negativo lascia il posto all'affermazione.
In qualunque istante sia colto, Nietzsche resta inseparabile dalle forze dell'avvenire, dalle forze ancora a venire, che richiama dai suoi desideri, che il suo pensiero disegna, che la sua arte prefigura. Non si limita a diagnosticare le forze diaboliche che già bussano alla porta, ma le scongiura addestrando l'ultima Potenza capace di intraprendere una lotta con esse, contro di esse, e di stanarle in noi così come al di fuori di noi.
Un “aforisma” alla Nietzsche non è un semplice frammento, un pezzetto di pensiero: è una proposizione che assume un senso solo in rapporto allo stato di forze che esprime, e che cambia senso, che deve cambiare senso, a seconda delle nuove forze che è “capace” (potenza) di sollecitare.
Senza dubbio è questo l'aspetto più importante nella filosofia di Nietzsche: aver trasformato radicalmente l'immagine che ci facevamo del pensiero. Nietzsche sottrae il pensiero all'elemento del vero e del falso. Ne fa un'interpretazione e una valutazione, interpretazione di forze, valutazione di potenza. È un pensiero-movimento. Non soltanto nel senso che Nietzsche vuole riconciliare il pensiero e il movimento concreto, ma nel senso che il pensiero stesso deve produrre movimenti, velocità e lentezze straordinarie (perciò, di nuovo, il ruolo dell'aforisma, con le sue velocità variate e il suo movimento di “proiettile”). Ne consegue che con le arti del movimento – il teatro, la danza, la musica – la filosofia assume un nuovo rapporto.
Nietzsche non si accontenterà mai del discorso o della dissertazione (logos) come espressione del pensiero filosofico, sebbene abbia scritto le dissertazioni più belle, in particolare la Genealogia della morale, con cui tutta l'etnologia moderna ha un “debito” incolmabile. Ma un libro come Zarathustra non può che essere letto come un'opera lirica moderna, non può che essere visto e inteso come tale. Nietzsche non fa un'opera lirica filosofica o un teatro allegorico, ma crea un teatro o un'opera lirica che esprimono direttamente il pensiero come esperienza e movimento.
Che pensare sia creare è la più grande lezione di Nietzsche. Pensare, tirare un colpo di dadi...: era già questo il senso dell'Eterno Ritorno.

2 commenti:

  1. Scusa l'assenza ho avuto il pc in panne.
    Interessantissimo leggere d un filsofo tanto citato e interpretato; ti confesso che per me la filosofia è difficile da capire , non ho studi di scuole superiori in merito e quindi non ho le basi per entrare a capire certi meccanismi, ma ho un 'anima filosofica e quidi sono attratta fatalemente da certi argomenti che mascico piao e poi metabolizzo e questa tua aalisi mi un autore così importante mi ha sta facendo pensare tanto...
    Grazie di cuore

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  2. Sì, ma tanto è un percorso. Non servono nè basi nè studi precedenti.
    Solo amore, pazienza e curiosità.

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