giovedì 12 maggio 2011

Sogno d'acqua

Ero su una collina, ma dove di preciso non lo so. E non saprei neanche dire come diavolo fossi arrivato fin là.
Si stava bene però, l'aria era tersa e spirava una brezza davvero piacevole. Sentivo i miei piedi che affondavano leggermente in una morbidissima erba e come panorama avevo altre colline e alcune erano avvolte da nuvole rosa e spuntava solo il cocuzzolo; e lì, in fondo in fondo, mi pareva di vedere anche il mare.
D'improvviso dal cielo discesero verso di me, in dolce planare, alcune donne. Erano ognuna diversa dall'altra; chi bionda, chi mora, chi formosa, chi longilinea, ma mi parvero accomunate tutte da una non comune bellezza.
Fai il test! Sentii urlare d'un tratto quando le fanciulle toccarono terra. Girai la testa d'istinto dalla parte dove mi era sembrato che provenisse quel grido, ma non vidi nulla. Quale test? Chiesi un po' impaurito e un po' sorpreso.
Il test dell'acqua, disse stavolta con un tono accomodante, la voce misteriosa. Chissà perchè il mio cervello, in una frazione di secondo, formulò il pensiero che doveva essere la voce di Zeus.
Cioè? In cosa consisterebbe questo test?, domandai ostinato.
Di' la parola “acqua” ad ognuna di queste donne e a seconda della risposta che riceverai così ti comporterai. Segui il tuo cuore.
Obbedii a quello strano comando.
Acqua, dissi ad una donna dai capelli rossi.
Ossigeno e idrogeno, rispose. Non so per quale motivo né come ci riuscii, la trasformai in un cappellino di paglia che calzai in testa.
Acqua, dissi ad una donna dal seno prorompente.
Pura fonte, rispose. La trasformai in un bicchiere di cristallo che portai con delicatezza alle labbra.
Acqua, dissi ad una bionda alta ed esile con dei meravigliosi occhi azzurri.
Un'onda improvvisa, sussurrò con trasporto. La trasformai in una collana d'acciaio e me la cinsi intorno al collo.
Acqua, dissi ad una donna dai capelli castani che aveva un'aria assai misteriosa.
Sorgente di vita, rispose. La trasformai in tubetti di pittura ad olio con i quali avrei dipinto maree cariche di stelle.
Acqua dissi ad una donna dai caratteristici lineamenti orientali.
Pioggia notturna, rispose. La trasformai in una penna stilografica e la misi nel taschino della camicia, vicino al cuore.
Acqua dissi ad una ragazza che mi parve molto giovane e aveva un'aria davvero innocente.
Abissi oceanici, rispose. La trasformai in un deltaplano e insieme avremmo volato oltre le avversità.
Acqua, dissi ad una donna dal sorriso enigmatico e le sopracciglia folte.
Diluvio, mi rispose. La trasformai in un paio di scarpe da trekking così da poter camminare dovunque il fato ci avrebbe condotto.
Acqua, dissi ad una mora alta e magra.
Tribunale, mi rispose.
Tribunale? Ma cosa vuol dire?
La mora mi guardò fisso senza rispondere.
Acqua, provai a dirle di nuovo. Treno, rispose convinta.
Mi sentivo a disagio, come se il non riuscire a corrispondere alle sue parole, mi provocasse un vero e proprio dolore fisico. Decisi di darle un'ultima possibilità e dissi Acqua, cercando di scandire bene ogni sillaba.
Tritacarne, asserì con semplicità. Persi ogni speranza di comprenderla e la trasformai in un pallone di cuoio bianco con le cuciture pentagonali nere.
Presi una lunga rincorsa e la calciai lontano, affanculo dalla mia collina.

3 commenti:

  1. bravo bravo bravooooooooooooooo :D sono un tuo lettore e ti ammiro troppo!

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  2. Ma quando uno ti ammira troppo significa che ha tracimato e deve impegnarsi per ritornare ad ammirarti un po' meno?
    :D

    Lascassatrice

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  3. Chi troppo, chi nulla. Rendo ingestibile pure l'ammirazione...

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