mercoledì 27 luglio 2011

Non sono in Nepal

Non me ne ero andato di casa per cercare lavoro o miglior fortuna, né l’abbandono improvviso della casa paterna era dovuto a qualche dissapore con i miei. Non ero andato via neanche per vedere il mondo né per fare esperienze o chissà per quale altro motivo che si è soliti addurre per le partenze dal luogo natio.
Me ne andai per amore, anzi, per una delusione d’amore. Solo che mi vergognavo, e mi vergogno ancora adesso per questo e quindi sul bigliettino d’addio lasciato alla famiglia scrissi che partivo per cercare me stesso e che sarei tornato il prima possibile. Con questa “scusa”, non volendo, depistai i miei genitori che si misero ovviamente a cercarmi. Sì perché loro credettero che fossi andato in India o in Nepal mentre io mi diressi verso l’Italia centrale e mi fermai appena trovai delle colline verdi e deserte. Passai quattro o cinque giorni vivendo come un selvaggio, lavandomi niente e dormendo per terra, ma dopo un po’ quella vita cominciò a pesarmi. La frutta che mangiavo e l’acqua del fiume che bevevo non mi bastavano. Con la luna m’ero detto tutto e, motivo dominante, ero stufo di stare solo e di pensare a lei. Avevo bisogno della comunità umana, almeno per distrarmi non per altro. E così mi incamminai alla ricerca del primo paese.
Trottano, trottano le mie gambine arrivai a Trussole che era un classico paesino di mezza montagna con poche case, una chiesa che dominava il tutto e anziani in soprannumero con lo sguardo mezzo stupito e mezzo incazzato. Le strade erano pavimentate apposta per farti inciampare, ed erano strade che o salivano e ti andava via la milza o scendevano aspettando che ti rompessi l’osso del collo.
Per prima cosa dovevo cercarmi un lavoro e quindi andai da colui che in città non serve più a un cazzo, ma che nei paesini ha mantenuto una certa importanza e autorità: il parroco. Entrai nella chiesetta, bagnai le dita nell’acquasantiera e mi segnai; spero nel modo giusto perché non ricordo mai se bisogna toccarsi prima la spalla sinistra o quella destra. Non c’era nessuno nei paraggi e così mi avviai verso l’altare per cercare la sacrestia e qualche persona oltre i santi, la madonna e cristo. Mentre mi avvicinavo ai primi banchi, dalla navata destra uscì un prete molto anziano ma dalla corporatura robusta e dall’andatura decisa. Mi feci coraggio e l’affrontai.
“Buon giorno padre.”
“Buon giorno a te, figliolo. È la prima volta che ti vedo; deduco che non sei di queste parti, vero?”
“No, padre, sono forestiero. Sto facendo un giro per l’Italia. Così, per vedere cose nuove.”
Il prete mi guardò dritto negli occhi, fece un sorriso bonario e poi disse: “Ah, ah, ah guarda un po'. E cosa c’è da vedere qui a Trussole?”
“Bè, padre, a Trussole ci sono finito per caso. Ecco, come dire, vorrei passare un po’ di tempo qui per ritemprarmi dalla stressante vita cittadina. Cerco lavoro. Credevo lei potesse consigliarmi...”
“Ma certo, figliolo. Come ti chiami?”
“Andrè.”
“Caro Andrè, io sono padre Onofrio. Dunque vediamo un po’... te la sentiresti di fare il pastore?”
“Ma certo, padre!”
“Guarda che non è un lavoro facile. Passerai molto tempo da solo e non avrai nulla da fare tranne che guardare le pecore.”
“Va benissimo padre, mi porterò un libro.”
“Ah, bravo! E cosa leggerai?”
“Ho seguito il consiglio di Goethe che dice: Quando vai in campagna leggi solo Omero.”
“Toh! Non la sapevo questa! Quale libro hai scelto l’Iliade o l’Odissea?”
“L’Odissea, padre.”
“E, scusa la mia curiosità, perché proprio l’Odissea?”
“Perché lì almeno c’è qualche scena di sesso.”

2 commenti:

  1. Ricordami quale nel dettaglio pliis.

    PS
    Ma allora ogni tanto fai capolino tra confetti e bouquet :)

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  2. Domunque tu sia, tra Odissee e fuilleton, tra poesie e filosofie, poi torna , mi raccomando!
    un carissimissimo saluto.
    Adesso tocca a me sparire con prole a carico e chissà se riesco a finire "Barry Lindon" che è una vita che ci provo!
    ps e coccolati il cuore...

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