venerdì 22 luglio 2011

Una tipica domanda di fine luglio: Cos'è l'akrasìa?

Socrate, in vita, si dovette difendere dall’accusa di corrompere i giovani e di introdurre nella città di Atene nuovi dei. Corruttore ed empio (come ogni filosofo dovrebbe essere).
Da morto, filosofi e studiosi gli hanno rimproverato un eccessivo intellettualismo, il famigerato “intellettualismo greco”.
Vediamo un po’ di cosa si tratta con un esempio della vita moderna.
Immaginiamo Socrate davanti alla questione “smettere di fumare”. Per Socrate la soluzione è semplice. Una volta che si conoscano i danni e i lati negativi del fumare non si potrà che agire di conseguenza perché una volta accertato cos’è bene e cosa è virtuoso fare non ci resterà altro che comportarci bene e virtuosamente, cioè smettere di fumare. Per il saggio e per il filosofo sapienza e virtù non possono che andare a braccetto.
Aristotele non era d’accordo e sarebbe arrivato ad una conclusione ben diversa perché sapere che è bene smettere di fumare non basta.
Aristotele aveva messo in luce un fenomeno, l’akrasìa (che possiamo tradurre con debolezza del volere), che ci spinge a compiere scelte che sono in disaccordo con ciò che riteniamo sia un bene per noi.
Quindi neppure il saggio, il sapiente, o l’aspirante filosofo, è al riparo dagli accidenti della sorte, del desiderio, delle tentazioni esterne, dei piaceri. Nessuno si salva dall’akrasìa. Per difenderci da essa dovremmo costruirci, giorno per giorno, degli abiti mentali e comportamentali che ci spingano ad adottare comportamenti virtuosi (un po’ come Ulisse con le sirene…).
Ci costruiremmo così una “seconda natura”, che alla lunga modifica il nostro carattere finché l’essere virtuoso si trasforma in un istinto.
L’idea è geniale e profonda (come capita sempre coi Greci), ma oggi noi siamo meno ottimisti di Aristotele sull’esito finale di tali astuzie. Ci ritroviamo di più nello spirito di Raymond Carver che scrive: “La prossima poesia che scriverò… oh, la prossima poesia farà scintille! Ma non ci saranno sigarette in quella poesia. Comincerò a fumare la pipa.” E resta anche da definire in che senso lo smettere di fumare possa essere considerato una virtù o un vantaggio; o in che modo – pur giovando alla nostra salute – possa modificare il nostro destino.
Vi lascio citando uno dei più grandi filosofi del nostro tempo, Allan Stewart Konigsberg, noto anche come Woody Allen: “Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana in più. Durante la quale pioverà sempre”.

6 commenti:

  1. Non conoscevo questo concetto... grazie...

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  2. Sempre lo stesso "filosofo" pone un interrogativo inquietante:
    "E se nel 2315 ci svegliassimo per sentirci raccontare che il fumo non aveva mai fatto male a nessuno?"

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  3. Come sei profondo Andrè : grazie che ci hai spiegato questo concetto ,vorrei avere la tua cultura e sensibilità

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  4. @ Notizie
    prego, siam qui per questo...

    @ Orsa
    Bipolosofa, Woody è uno dei più grandi filosofi del '900 :)

    @ fumatrice
    oltre ad essere colto e sensibile, sono pure super dotato. se ti interessa, fammi sapere.

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  5. Mah, senza akrasia sai che palle la vita!
    Grazie delle tue figate filosofiche e se permetti questa me la vendo in vacanza.
    cordialmente sempre carissimo proff super dotato :-D :-))

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  6. Venditela pure, chi frequenta il blog può.
    buon week end :)

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