Filosofia, Letteratura, Poesia, Storia, Arte, Capitalismo, Politica, Sesso... [Blog delle ossessioni, non delle idee. Le idee non mi piacciono perché con le idee non è mai sprofondato nessuno]
martedì 5 giugno 2012
Albrecht Dürer il cavaliere melanconico della Bellezza
Albrecht Dürer viveva nella Norimberga d’inizio secolo VIX. Una città della Germania del nord fiorente, ordinata, industriosa, piena di uomini di cultura e di valenti artigiani.
Eppure Dürer si sentiva soffocare, insoddisfatto dell’ambiente che lo circondava; aveva dentro di sé l’irrequietezza che posseggono tutti i grandi artisti. Ecco quello che scrisse:
“Le immagini che arrivavano dall’Italia mi dicevano che Oltralpe gli artisti possedevano un arcano, quello delle misure del mondo e delle membra umane, chiamato prospettiva e anatomia. La smania mi tormentava l’anima: spendevo ore e ore a indagare i dettagli della natura come un fabbro i meccanismi di una serratura; disegnavo i fili d’erba di tarassaco, le ali di una quaglia, gli infiniti peli di un coniglio, ma più addentravo lo sguardo nei particolari, più mi sfuggiva il sistema che tutti quei dettagli tiene insieme. Ero frastornato dalla molteplicità della vita e con arrogante superbia ho osato pensare di poter ricondurre a un’unità il suo continuo mutare. Dopo averle indagate, dopo averle sentite respirare sotto il mio bulino, io sapevo ormai che tutte le cose erano segretamente unite, ma non trovavo la formula alchemica che le aveva fuse nel crogiolo del mondo.”
E così, alla fine, decise di partire alla volta di Venezia.
“Che città diversa dall’ordinata, retta e laboriosa Norimberga! Dappertutto c’è movimento, disordine, odori e colori. Fui colpito dal gran numero di prostitute, merci, abiti e razze diverse.
Ma, soprattutto, dal fatto che a Venezia gli artisti conducevano vita da signori, così diversa dalla considerazione di onesti artigiani in cui siamo tenuti qui. Fui preso da una peccaminosa ebbrezza di libertà; lì potevo arricciare i miei lunghi capelli biondi senza essere mal giudicato come a Norimberga e curavo il mio aspetto senza sentire su di me la disapprovazione per un atteggiamento considerato poco virile.”
Dürer conobbe e studiò i pittori italiani e specialmente i veneziani. Ammirava Tiziano e Giorgione, fece amicizia con Bellini e strinse un “accordo artistico” con Raffaello: l’italiano gli mandava i suoi disegni, i suoi studi sul corpo umano e Dürer ricambiava con le sue incisioni.
Dürer cercava disperatamente la Bellezza, una ricerca che da sempre l’aveva ossessionato; voleva carpirne i segreti. Alla fine confessò ad un amico di Norimberga.
"Caro Willibald, sono entrato in possesso di quei segreti degli artisti italiani a cui tanto anelavo.
Ma ecco, adesso so che la menzogna è nella nostra intelligenza; l’oscurità è così fermamente radicata nella mente umana che la nostra affannosa ricerca non potrà che fallire.
A trent’anni credevo di poter definire la bellezza universale attraverso il compasso e la squadra, i numeri e le proporzioni; ma a quaranta ho inciso la Melanconia che, sconfitta, ha abbandonato a terra gli strumenti per misurare e costruire. Ora so che la verità di ciò che vive viene rivelata dalla vita stessa della natura: bisogna osservarla diligentemente, non abbandonarla illudendosi di far meglio da soli poiché l’arte è nella natura e viene da Dio. E forse Dio, nella sua immensa saggezza, mi ha già punito. Il travaso di bile nera che anni fa mi ha colpito alla milza continua a deprimermi l’umore e mi porta a soffrire di melanconia. Ho accumulato ricchezze e fama e tuttavia non ho ancora smesso di tormentarmi sul senso di questa vita: come il cavaliere solitario che ho inciso, impavido miles christianus, procedo insidiato dal tempo e dal demonio. Erasmo da Rotterdam mi è stato di aiuto in questo percorso, ma egli, come i cattolici di Roma, crede nel libero arbitrio. Non fa per me. Preferisco Lutero. Ora ho finalmente capito che l’arte di ben dipingere, come la grazia, dipende dalle cose infuse dall’alto. Ho cominciato a vedere naturae nativam faciem e sono almeno giunto a comprendere che questa semplicità è anche il fine ultimo dell’arte, la quale ha ragione d’essere se è indirizzata a onorare il Signore. Ma cosa sia la Bellezza, questo ancora io non lo so."
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