giovedì 21 giugno 2012

Inquisizione


godiamoci Voltaire, cazzo...

L’inquisizione è, com’è noto, un’invenzione mirabile e assolutamente cristiana per rendere il papa e i frati più potenti e per rendere ipocrita tutto un regno.
San Domenico è considerato di solito il primo a cui si deve il merito di questa santa istituzione. In verità possediamo ancora una lettera di questo grande santo, nella quale si leggono queste precise parole: “Io, frate Domenico, riconcilio alla Chiesa il nominato Ruggero, latore della presente, a condizione che si faccia fustigare da un prete per tre domeniche consecutive dalla porta della città sino a quella della Chiesa, che mangi di magro per tutta la vita, che digiuni per tre quaresime l’anno, che non beva mai vino, che porti il sambenito [lo scapolare dei penitenti] con delle croci, che reciti il breviario tutti i giorni, che dica dieci pater nel corso della giornata e venti all’ora di mezzanotte; che pratichi d’ora in poi la continenza e che si presenti tutti i mesi al curato della sua parrocchia ecc., tutto ciò sotto pena di essere trattato da eretico, spergiuro e impenitente”.


Goya, sambenitos

Benché Domenico sia il vero fondatore dell’inquisizione, Luis de Pàramo, uno fra i più rispettabili scrittori e dei luminari più brillanti del Sant’Uffizio, riferisce, al titolo secondo del De origine et progressu Sanctae Inquisitionis, che il primo fondatore del Sant’Uffizio fu Dio e che Egli esercitò il potere dei frati predicatori contro Adamo. Prima di tutto, Adamo viene citato dinanzi al tribunale: “Adam, ubi es?” [Adamo, dove sei?] e in effetti, aggiunge Pàramo, la mancanza della citazione avrebbe reso nulla la procedura di Dio.
Gli abiti di pelle che Dio fece ad Adamo e a Eva furono il modello del sambenito che il Sant’Uffizio fa portare agli eretici. È vero che con quest’argomentazione si dimostra anche che Dio fu il primo sarto, ma non è perciò meno evidente che egli fu il primo inquisitore.
Adamo fu privato di tutti i beni immobili che possedeva nel paradiso terrestre: di qui l’uso del Sant’Uffizio di confiscare i beni di tutti coloro che vengono da essi condannati.
Luis de Pàramo osserva che gli abitanti di Sodoma furono arsi come eretici, perché la sodomia è un’eresia formale. Di qui passa alla storia degli Ebrei e vi trova ovunque il Sant’Uffizio.
Gesù Cristo è il primo inquisitore della nuova legge; i papi furono inquisitori di diritto divino, e infine comunicarono la loro potenza a san Domenico.
Pàramo enumera poi tutti coloro che furono messi a morte dall’inquisizione e ne trova assai più di centomila.
Il suo libro fu stampato nel 1589 a Madrid, con l’approvazione dei dottori, gli elogi del vescovo e il privilegio del re. Noi non concepiamo oggi orrori così stravaganti e così abominevoli a un tempo; ma allora nulla sembrava più naturale e più edificante. Tutti gli uomini assomigliano a Luis de Pàramo quando sono fanatici.
Questo Pàramo era un uomo semplice, molto preciso nelle date, che non tralasciava alcun fatto importante e calcolava con scrupolo il numero delle vittime umane immolate dal Sant’uffizio in tutti i paesi.
Egli racconta con la più grande ingenuità come l’inquisizione vene istituita in Portogallo ed è perfettamente d’accordo con altri quattro storici, che si sono espressi come lui. Ecco ciò che essi riferiscono unanimemente.
Molto tempo prima, all’inizio del Quattrocento, il papa Bonifacio IX aveva incaricato dei frati predicatori che si recavano in Portogallo, dove si spostavano di città in città, di bruciare sul rogo gli eretici, i musulmani e gli Ebrei; ma erano itineranti e i re stessi si dolsero a volte delle loro vessazioni. Il papa Clemente VII volle dar loro una sede fissa in Portogallo, come già l’avevano in Aragona e in Castiglia. Insorsero difficoltà fra la corte di Roma e quella di Lisbona; gli animi si inasprirono; l’inquisizione ne soffriva e non era affermata perfettamente.
Nel 1539 apparve a Lisbona un legato del papa, arrivato, così diceva, per costituire la santa inquisizione su basi incrollabili. Egli apportò al re Giovanni III delle lettere del papa Paolo III. Aveva altre lettere di Roma da consegnare ai principali dignitari della corte; le sue patenti di legato erano debitamente sigillate e firmate: egli esibì i più ampi poteri di creare un grande inquisitore e tutti i giudici del Sant’Uffizio. Il presunto legato era un furfante di nome Saavedra, abile nel contraffare tutte le scritture, nel fare e applicare falsi sigilli e falsi bolli. Aveva appreso quest’arte a Roma e vi si era perfezionato a Siviglia, da cui arrivava con altri manigoldi. Il suo seguito era splendido; egli aveva al suo servizio più di centoventi domestici. Per far fronte alle spese enormi che tale seguito comportava, egli e i suoi due confidenti avevano preso a prestito a Siviglia somme immense a nome della camera apostolica di Roma; tutto era concertato con l’artificio più perfetto.


quel grand'uomo di Paolo III

Il re di Portogallo fu dapprima sorpreso che il papa gli inviasse un legato a latere senza averlo preavvertito. Il legato rispose fieramente che in una così urgente come l’istituzione stabile dell’inquisizione Sua Santità non poteva soffrire alcun indugio e che il re doveva essere abbastanza onorato dal fatto che il primo corriere che gliene portava notizia fosse un legato del Santo Padre. Il re non osò replicare. Il legato, quello stesso giorno, nominò un grande inquisitore, inviò dappertutto a raccogliere decime; e prima che la corte potesse avere delle risposte da Roma aveva già fatto bruciare duecento persone e raccolto più di duecentomila scudi.
Frattanto il marchese di Villanova, un signore spagnolo da cui il legato aveva ricevuto in prestito a Siviglia una somma ingentissima sulla base di effetti falsi, ritenne opportuno ripagarsi con le sue mani, anziché rischiare di andare a mettersi nei guai con quel furfante a Lisbona. Il legato stava facendo allora il suo giro ai confini con la Spagna. Il marchese vi si recò con cinquanta uomini armati, lo catturò e lo portò a Madrid.
La truffa fu scoperta ben presto anche a Lisbona, il consiglio di Madrid condannò il legato Saavedra alla fustigazione e a dieci anni nelle galere; la cosa più mirabile fu però che il papa Paolo III confermò poi tutto ciò che era stato stabilito da quel furfante; egli corresse con la pienezza della sua potenza divina tutte le piccole irregolarità procedurali commesse e rese sacro quel che era stato puramente umano.
“Che importa di qual braccio Dio degni di servirsi?”
(Voltaire, Zaire, atto II, scena I)
Ecco come l’inquisizione si insediò a Lisbona e tutto il regno ammirò la Provvidenza.
Del resto, si conoscono abbastanza tutti i procedimenti di questo tribunale; si sa bene come siano contrari alla falsa equità e alla cieca ragione di tutti gli altri tribunali dell’universo. Si è incarcerati sulla base della semplice denuncia delle persone più infami; un figlio può denunciare il padre, una donna il marito; non si è mai messi a confronto con gli accusatori; i beni vengono confiscati a profitto dei giudici: così almeno l’inquisizione si è comportata fino ai nostri giorni: in ciò v’è qualcosa di divino; è infatti incomprensibile che gli uomini abbiano potuto tollerare tale gioco tanto pazientemente.
Infine il conte di Aranda, che ha il merito di aver fatto espellere i gesuiti dalla Spagna nel 1767 e di aver limitato i poteri dell’Inquisizione nella sua qualità di capo del governo spagnolo, è stato benedetto dall’Europa intera per aver mozzato gli artigli e limato i denti del mostro; ma esso respira ancora.

1769

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