lunedì 16 luglio 2012

Delle tre metamorfosi


Dopo il prologo, Così parlò Zarathustra si apre con il discorso Delle tre metamorfosi.
Metamorfosi del pensiero e del pensatore; temi molto cari a Nietzsche che ne scrisse più volte nei suoi libri – basta leggere, per fare due esempi, Crepuscolo degli idoli e Umano, troppo umano che è dedicato a una figura di pensatore particolare: lo spirito libero.
La prima figura di questa triplice metamorfosi è il cammello, la docile e paziente bestia da soma.
Il cammello rappresenta lo scolaro, l’alunno; il cammello deve seguire un certo numero di anni di discepolato che toccano a chiunque voglia incamminarsi sulla strada della conoscenza. Il cammello è l’umile animale che si carica degli insegnamenti e delle parole dei maestri e dei professori. Si fa vuoto per poter apprendere tutte le conoscenze che gli vengono impartite. Diventa una creta da plasmare.
Quindi, in realtà, tutti gli "spiriti anelanti" nascono cammelli e non smettono mai di esserlo visto che non smettono mai di aver voglia di imparare e di ascoltare chi è più esperto e ne sa più. Rimanere sempre e solo cammello, però, non è una buona cosa. Vorrebbe dire rimanere sempre uno zero, non acquisire quella indispensabile indipendenza che è il vero frutto dell’insegnamento. Bisogna pur camminare con le proprie gambe, no? Diciamo che tutti siamo cammelli e che molti restano tali. Quando parlo con qualcuno, capisco subito se ho di fronte un cammello; sono esseri buoni e simpatici ma non hanno il mio amore.
Che cosa succede al cammello? Il cammello, che si è incamminato sulla strada della conoscenza, all’improvviso si trova tutto solo nel deserto col suo pesante fardello. Qui lo spirito diventa leone, un leone che vuole la sua libertà ed essere signore nel proprio deserto. Nel deserto il leone trova un grande drago che vuole imporsi come signore e nuovo dio, che egli vuol combattere per la vittoria.
Chi è il drago che lo spirito non vuol più chiamare signore e dio? ‘Tu devi’ si chiama il drago; ma lo spirito del leone dice ‘io voglio’. ‘Tu devi’ gli sbarra il cammino, un rettile dalle squame scintillanti come l’oro, e su ogni squama splende a lettere d’oro ‘tu devi!’
Valori millenari rilucono su queste squame e così parla il drago: “Tutti i valori delle cose – risplendono su di me. Tutti i valori sono già stati creati, e io sono – ogni valore creato. In verità non ha da essere più alcun ‘io voglio’!”. Così parla il drago.
Perché il leone è necessario allo spirito? Perché non basta la bestia da soma, che a tutto rinuncia ed è piena di venerazione? Creare nuovi valori – di ciò il leone non è ancora capace: ma crearsi la libertà per una nuova creazione – di questo è capace la potenza del leone. Crearsi la libertà e un no sacro anche verso il dovere: per questo, è necessario il leone.
Prendersi il diritto per valori nuovi – questo è il più terribile atto di prendere, per uno spirito paziente e venerante. In verità è un depredare per lui e il compito di una bestia da preda. Un tempo egli amava come la cosa più sacra il ‘tu devi’: ora è costretto a trovare illusione e arbitrio anche nelle cose più sacre, per predar via libertà dal suo amore: per questa rapina occorre il leone.
Il passaggio da cammello a leone è necessario, così com’è necessaria la voglia di non essere sempre guidato e assistito e la voglia di fare da solo. Il leone è l’animale impavido e coraggioso che lotta per crearsi uno spazio d’azione. Attenzione, però. Un leone dev’essere stato prima cammello, deve cioè aver fatto (diciamo così) la gavetta. Ci sono alcuni che vogliono fare direttamente i leoni senza aver mai imparato e seguito un cazzo. Questi qui rischiano di essere solo dei minchioni rompi palle che non approdano mai a niente. Degli urlatori isterici e inconcludenti.
Dopo il leone, l’ultima figura è il fanciullo.
Che cosa sa fare il fanciullo che neppure il leone era in grado di fare? Perché il leone rapace deve anche diventare fanciullo?
Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola (“Nulla vi è che ti muova – tu stesso sei la ruota, che corre da sé e non ha posa”, Angelus Silesius), un primo moto, un sacro dire sì.
Sì, per il gioco della creazione occorre un sacro dire di sì: ora lo spirito vuole la sua volontà, il perduto per il mondo conquista per sé il suo mondo.
Per concludere, lo spirito di chi è sulla strada della conoscenza deve farsi cammello, diventare leone e rinascere, infine, come fanciullo.

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