martedì 17 luglio 2012

Macchine desideranti [appunti meravigliosi 1]


Le opere di Deleuze e Guattari sono, per me, esperienze imperdibili e indimenticabili. Considero L’antiEdipo e Millepiani testi fondamentali per capire il nostro tempo e la nostra società. Senza dimenticare poi il volume Che cos’è la filosofia? che consiglio vivamente come splendido protrettico filosofico. Posto questi appunti meravigliosi che affrontano vari argomenti: il desiderio, il capitalismo, la rivoluzione, la borghesia, il ’68, la politica, l'ideologia, ecc.
Godete.
«Non c’è nessuna operazione, nessun meccanismo industriale o finanziario che non riveli la follia della macchina capitalistica e il carattere patologico della sua razionalità (non una falsa razionalità, ma una vera razionalità di questa patologia, di questa pazzia, perché la macchina funziona, siatene certi). Non c’è pericolo che questa macchina impazzisca, lo è fin dall’inizio, ed è in questa pazzia che trova la sua razionalità».
Deleuze e Guattari non impieghiano i termini «normale» o «anormale». Tutte le società sono allo stesso tempo razionali e irrazionali.
Sono necessariamente razionali nei loro meccanismi, nei loro ingranaggi, nei loro sistemi di connessione, e anche per il posto che assegnano all’irrazionale. Però tutto questo presuppone codici o assiomi che non sono il prodotto del caso, ma nemmeno sono intrinsecamente razionali. È come per la teologia: è tutto completamente razionale se si accetta il peccato, l’immacolata concezione, l’incarnazione. La ragione è sempre uno spazio ritagliato dall’irrazionale, mai definitivamente al riparo dall’irrazionale, ma attraversato da esso, e definito soltanto da determinati rapporti tra fattori irrazionali. Sotto ogni ragione cova il delirio, la deriva. Tutto è razionale nel capitalismo, tranne che il capitale o il capitalismo stesso. Un meccanismo borsistico è completamente razionale, si può capirlo, studiarlo, i capitalisti sanno come servirsene, eppure è completamente delirante, folle.
È in questo senso che dicono: il razionale è sempre la razionalità di un irrazionale.
C’è una cosa che non è stata abbastanza sottolineata nel Capitale di Marx, ovvero sino a che punto egli sia affascinato dai meccanismi capitalistici, proprio perché sono demenziali eppure al tempo stesso funzionano benissimo. Allora, che cos’è razionale in una società? È il modo in cui le persone perseguono e cercano di realizzare i propri interessi, essendo questi interessi definiti nel quadro di questa società. Ma sotto vi sono desideri, investimenti di desideri, che non si confondono con gli investimenti d’interesse, e dai quali gli interessi dipendono nella loro determinazione e distribuzione: un enorme flusso, ogni sorta di flusso libidinale-inconscio che costituisce il delirio di questa società.
La storia vera è la storia del desiderio.
Un capitalista o un moderno tecnocrate non desiderano allo stesso modo di un mercante di schiavi o di un funzionario dell’antico impero cinese.
Che le persone in una società desiderino la repressione, per gli altri e per se stesse, che vi siano sempre delle persone che vogliono rompere le palle ad altre e che abbiano la possibilità di farlo, il «diritto» di farlo, è questo che mette in luce il problema di un legame profondo tra il desiderio libidinale e la sfera sociale. Un amore «disinteressato» per la macchina oppressiva: Nietzsche ha detto cose magnifiche su questo permanente trionfo degli schiavi, su come gli afflitti, gli avviliti e i deboli impongano il loro modo di vita su tutti noi.
Nel capitalismo, il delirio e l’interesse, o il desiderio e la ragione, si distribuiscono in modo completamente nuovo, particolarmente «anormale». Il denaro, il capitale-denaro, è a un tale livello di follia che in psichiatria non c’è che un equivalente: lo stadio terminale.
In altre società c’è sfruttamento, ci sono anche scandali e segreti, ma ciò fa parte del «codice», ci sono persino codici dichiaratamente segreti. Con il capitalismo è molto diverso: nulla è segreto, almeno in linea di principio e stando al codice (è per questo che il capitalismo è «democratico» e fa appello alla «pubblicità», anche in senso giuridico). E tuttavia nulla è confessabile. È la stessa legalità a non essere confessabile. In contrapposizione alle altre società, questo regime è fondato su ciò che è pubblico e, al tempo stesso, inconfessabile. Un delirio assolutamente particolare connesso al regime del denaro. Consideriamo gli odierni cosiddetti scandali: i giornali ne parlano molto, tutti fanno finta di difendersi o di attaccare, ma difficilmente si potrebbe trovare qualcosa che il regime capitalista consideri illegale. La dichiarazione dei redditi di Chaban, le operazioni immobiliari, i gruppi di pressione e, più in generale, i meccanismi economici e finanziari del capitale, tutto, insomma, è legale in grande, tranne qualche piccola irregolarità, e ciò che più conta, tutto è pubblico, anche se nulla è confessabile. Se la sinistra fosse «ragionevole», si accontenterebbe di divulgare i meccanismi economici e finanziari. Non c’è bisogno di rendere pubblico quel che è privato, ci si potrebbe accontentare che quel che è già pubblico sia confessato pubblicamente. Ci si trova in uno stato di follia che non ha pari negli ospedali. Invece, si parla di «ideologia». Ma l’ideologia non ha affatto importanza: ciò che importa non è l’ideologia, né la distinzione o l’opposizione «economico-ideologica», ma l’organizzazione del potere. Perché l’organizzazione del potere è il modo in cui il desiderio è già nell’economia, in cui la libido investe la sfera economica, pervade l’economia e alimenta forme politiche di repressione.
Dire «l’ideologia è una falsa apparenza» è ancora la tesi tradizionale. Si mette da una parte l’infrastruttura, l’economia, ciò che è concreto, e dall’altra la sovrastruttura, di cui l’ideologia fa parte, e si respingono i fenomeni del desiderio nell’ideologia. È un buon modo per non vedere come il desiderio influenzi l’infrastruttura, come l’investa, come ne faccia parte, come a questo titolo organizzi il potere e il sistema repressivo. Noi bisogna dire: l’ideologia è una falsa apparenza (o un concetto che indica determinate illusioni). È per questo motivo che essa conviene così bene al Partito comunista e al marxismo ortodosso. Il marxismo ha dato tanta importanza al tema delle ideologie per meglio nascondere ciò che stava avvenendo in Urss: una nuova organizzazione del potere repressivo. Non c’è ideologia, ci sono solo organizzazioni di potere, una volta ammesso che l’organizzazione del potere è l’unità del desiderio e dell’infrastruttura economica. Prendiamo due esempi. L’insegnamento: nel maggio ’68 la sinistra ha perso un sacco di tempo a reclamare che i professori si impegnassero in pubbliche autocritiche circa il loro ruolo di agenti dell’ideologia borghese. È stupido, e del resto alimenta gli impulsi masochistici dei professori. La lotta contro la selezione è stata abbandonata a vantaggio della disputa o della grande pubblica confessione anti-ideologica. Nel frattempo, i professori più conservatori non ebbero difficoltà a riorganizzare il loro potere. L’istruzione non è un problema ideologico, ma di organizzazione del potere: è la specificità del potere educativo che lo fa sembrare un’ideologia, ma è pura illusione. Il potere nella scuola primaria, che significa qualche cosa, opprime tutti i bambini. Secondo esempio: il cristianesimo.
La Chiesa è assolutamente contenta quando la si tratta come un’ideologia. Può discutere, ciò alimenta l’ecumenismo. Ma il cristianesimo non è mai stato un’ideologia, è un’organizzazione del potere molto originale, molto specifica, che ha assunto diverse forme fin dall’Impero romano e dal Medioevo e ha saputo elaborare l’idea di un potere internazionale. È molto più importante dell’ideologia.
Consideriamo come riferimento il desiderio in uno dei suoi stati più critici, più acuti, quello dello schizofrenico – lo schizofrenico che può produrre qualcosa, al di qua o al di là dell’orizzonte dello schizofrenico segregato, annichilito dai farmaci e dalla repressione sociale. Ci sembra che certi schizofrenici esprimano direttamente una libera decifrazione del desiderio. Ma come concepire una forma collettiva di economia desiderante? Certo non a livello locale. È difficile immaginare una piccola comunità liberata, salda contro le alte maree della società repressiva, come la somma di individui emancipati uno a uno. Se il desiderio costituisce invece la trama stessa della società nel suo insieme, compresi i suoi meccanismi di riproduzione, un movimento di liberazione si può «cristallizzare» nella società nel suo complesso. Nel maggio ’68, le scintille degli scontri locali si sono improvvisamente propagate all’intera società, inclusi i gruppi che non avevano niente a che vedere con il movimento rivoluzionario – medici, avvocati o droghieri. Tuttavia, furono gli interessi a prevalere, ma dopo un mese di fuoco. Stiamo andando verso esplosioni di questo tipo, ma ancora più radicali.

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