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martedì 3 luglio 2012
Krishnamurti e l'uomo del Vedanta [prima parte]
Un giorno si incontrarono un uomo seguace del Vedanta, Krishnamurti e altre persone.
L’uomo del Vedanta era una persona istruita e avvocato di fama. Disse: “Vi ho udito parlare. Ciò che voi dite è puro Vedanta, Vedanta dell’antica tradizione, anche se aggiornato”. Insomma l’uomo non solo non aveva capito un accidente, visto che Krishnamurti non era un seguace del Vedanta, ma tentava la solita mossa dei credenti e cioè quella di cercare filiazioni e accomunamenti.
Krishnamurti chiese all’uomo cosa intendesse per Vedanta e quello così rispose: “Signore, noi postuliamo…”
Alt, fermiamoci un attimo prima di continuare. Cosa significa postulare? Ammettere per vero. Il ‘postulato’ è una proposizione non dimostrata e non dimostrabile che viene ammessa come vera, in quanto necessaria ai fini di una dimostrazione. In questo caso, visto che si parla di religione e non di scienza o filosofia, postulare sta a significare inventare, favoleggiare, una fantasia insomma. L’avvocato avrebbe potuto dire “Noi immaginiamo...”. Comunque andiamo avanti e vediamo cos’è questo Vedanta.
“Noi postuliamo che c’è soltanto Brahman che crea il mondo e la sua illusione, e che da lui procede l’Atman che è in ogni essere umano. L’uomo deve svegliarsi da questa quotidiana coscienza della pluralità e del mondo manifesto, come si sveglierebbe da un sogno. Come questo sognatore crea la totalità del suo sogno, così la coscienza individuale crea la totalità del mondo manifesto e degli altri.
Voi, signore, non dite tutto ciò, ma sicuramente lo intendete, perché voi siete nato e cresciuto in questo paese e, sebbene abbiate trascorso la maggior parte della vita all’estero, fate parte di questa antica tradizione. Vi piaccia o non vi piaccia, l’India vi ha prodotto. Voi siete il prodotto dell’India e avete una mente indiana. I vostri gesti, la vostra compostezza statuaria, quando parlate, e perfino i vostri sguardi fanno parte di questo antico patrimonio. La vostra dottrina è sicuramente la continuazione di ciò che i nostri antichi hanno insegnato dal tempo dei tempi”.
Supponente e antipatico quest’uomo, non credi?
Krishnamurti dice di lasciar perdere il discorso di indiano, di tradizione, cultura e dottrina. Krishnamurti non è un indiano, cioè non appartiene a quella nazione o alla comunità dei brahmini, sebbene vi sia nato. Nega che la sua dottrina sia la continuità degli insegnamenti antichi. Non ha letto nessuno dei libri sacri dell’India o dell’Occidente, perché sono inutili a un uomo che è consapevole di ciò che avviene nel mondo – della condotta degli essere umani con le loro interminabili teorie, con la ben accetta propaganda di duemila o cinquemila anni che è diventata la tradizione, la verità, la rivelazione.
Per Krishnamurti, che si rifiuta totalmente e completamente di accettare il mondo, il simbolo con il suo condizionamento, la verità non è un affare di seconda mano. Ogni accettazione di autorità è la negazione stessa della verità; è necessario essere al di fuori di ogni cultura, tradizione e morale sociale. Krishnamurti nega totalmente il passato, i suoi maestri, i suoi interpreti, le sue teorie e le sue formule.
La verità non è mai nel passato. La verità del passato è la cenere della memoria; la memoria procede del tempo e nella morta cenere dell’ieri non c’è verità. La verità è una cosa vivente, ma non nella sfera del tempo.
Qui si conclude la prima parte. Domani vedrai Krishnamurti discutere del Brahman e del Vedanta, discussione che non vale solo per quella dottrina ma per tutte le religioni e le menti religiose del mondo.
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