sabato 29 giugno 2013

Appunti su Hemingway (5)

(riassunti da uno scritto di Fernanda Pivano)

IX.

Sul seme gettato da Hicks e stimolato dalla Guerra Civile spagnola Hemingway riesaminò la situazione letteraria degli Anni Trenta, un decennio che da un lato produsse la letteratura rosa dell’ottimismo rooseveltiano e la narrativa sentimentaleggiante per esempio di William Saroyan (affermatosi nel 1934 con The Daring Young Man on the Flying Trapeze) e dall’altro produsse libri di denuncia che vennero poi definiti “romanzi della Depressione” o “narrativa proletaria” (alla quale avevano aperto la via i ritratti o stereotipi di Sinclair Lewis e H.L. Mencken) e un movimento di analisi economica e sociologica dal quale nacquero per esempio i romanzi ambientati fra gli Irlandesi di Chicago di James T. Farrell, affacciatosi alla scena letteraria con The Young Lonegan (1932), il primo volume della famosa trilogia Studs Lonegan. Tra i primi ad affermarsi nella narrativa di denuncia, o proletaria, o della Depressione, fu Erskine Caldwell con The Tobacco Road (1932), presto seguito da John Steinbeck con The Battle (1936) in una presa di posizione che culminò con The Grapes of Wrath (1939). In questa ondata di protesta si affacciarono Nelson Agren (che Hemingway ammirava enormemente) con Somebody in Boots (1935) e John Dos Passos con The Big Money (1936).
In questo periodo l’immagine pubblica di Hemingway subì gli attacchi anche violenti della Sinistra letteraria che lo accusò di individualismo e di indifferenza per “il destino degli uomini oppressi”. Il suo senso di colpa causato dalla fortuna economica della moglie Pauline e del suo famoso Uncle Gus (che nel dicembre 1935 propose di costruire un’arena per le corride a Cuba finanziandola con 800.000 dollari) cominciò a rivelarsi nel racconto The Snows of Kilimanjaro (1936) dove il protagonista Harry, probabilmente autobiografico, rimprovera o aggredisce con sarcasmi crudeli la moglie Helen accusandola di esercitare un’influenza corrotta col suo denaro; ma già nel 1933 Hemingway aveva cominciato a lavorare a un racconto che rivelava interesse per la lotta di classe. Il racconto, ambientato a Key West e presentato come una storia di contrabbando, uscì nell’aprile 1934 su “Cosmopolitan” e fu pagato 5.500 dollari, una cifra allora enorme. Era One Trip Across, al quale seguì la seconda parte col titolo The Tradesman’s Return che usci su “Esquire” nel febbraio 1936. Nel luglio 1936 quando iniziò la Guerra Civile spagnola Hemingway tentò di fonderli con una terza parte più lunga che in realtà aveva pochi elementi in comune con le altre due.
Hemingway volle sempre che la raccolta di questi tre racconti venisse considerata un romanzo, l’unico che pubblicò negli Anni Trenta e l’unico ambientato in America; eppure la Key West e la Cuba che Hemingway conosceva così bene per averci vissuto a lungo sembrano, nelle pagine di questo libro, meno sincere degli ambienti spagnoli e italiani dei libri che gli diedero la fama. Anche il tema sociopolitico del libro non sembra congeniale a Hemingway, che pure stava impegnandosi nella Guerra Civile spagnola dalla quale sarebbe nato For Whom the Bell Tolls, libero da populismi e demagogie ma ricco delle passioni e delle visioni tragiche che hanno costituito la base dell’ispirazione hemingwayana.

X.

Il libro diventò un best-seller e introdusse, nel descrivere i temi della disgrazia, una certa brutalità che ispirò Raymond Chandler, considerato da alcuni un suo “allievo”, in The Big Sleep (1939); e sull’onda della nuova popolarità raggiunta ora come scrittore “sociale” vagamente intonato alla moda del tempo, la rivista “Time” nell’autunno 1937 gli dedicò una copertina accompagnata da un articolo che però denunciava il suo stile come “datato”.
Ancora una volta le recensioni non furono concordi. Louis Kronenberger definì il libro “confuso” o “transizionale” pur ammettendo la magistrale realizzazione del personaggio di Morgan, il contrabbandiere protagonista; Donald Adams disse che il libro era nettamente inferiore a A Farewell to Arms; Bernard De Voto disse che “le affermazioni sociali sono così ingenue, frammentarie e casuali che non possono venir presentate come una critica dell’ordine stabilito”; Delmore Schwartz lo liquidò come “un libro stupido, una disgrazia per un bravo scrittore, un’opera che non avrebbe mai dovuto essere pubblicata”; Edmund Wilson, due anni dopo, fece notare con disapprovazione che “la Sinistra accolse questa narrazione pochissimo credibile come l’espressione di una nuova rivelazione”.
A sostenere il vecchio amico fu ancora una volta Malcolm Cowley. Cowley ammise che il romanzo mancava di “unità”, era difettoso nell’intreccio e nella descrizione dei personaggi fino a definirlo “il libro più debole di Hemingway eccetto forse Green Hills of Africa”, ma affermò anche che conteneva “alcune delle migliori pagine” mai scritte da Hemingway: “ci sono scene che sono realizzazioni tecniche superbe e altre scene che lo conducono in nuovi registri di emozioni”. Cowley insisté dicendo che le parole di Harry Morgan si potevano considerare “una traduzione libera di Marx e Engels” e dell’invocazione: “Lavoratori di tutto il mondo unitevi, non avete niente da perdere”. Risentito per l’animosità ancora una volta rivelata dai critici, Cowley concluse: “Le iene letterarie hanno detto che Hemingway era finito, ma il loro naso le ha tradite facendo sentire loro della fine dove l’odore non esisteva. A giudicare questo libro, direi che Hemingway sta solo cominciando una nuova carriera”.
Anche Alfred Kazin lodò il libro definendo Hemingway un vero artista che si era “aperto la via per uscire dal culto di un noioso disfattismo”. Cyril Connolly trovò il romanzo “moralmente odioso” ma non abiurò alla sua ammirazione per Hemingway e predisse che era “la persona capace di scrivere un grande libro sulla Guerra di Spagna”. Uno dei commenti che rivelò maggior comprensione delle intenzioni di Hemingway è forse quello di Philip Rahv quando affermò che “il tema favorito della sopportazione umana e del valore di fronte all’annientamento fisico” era ora “realizzato sulla scena degli avvenimenti mondiali”. Il colpo di grazia al libro lo diede William Faulkner quando ne ricavò una sceneggiatura poi interpretata da Humphrey Bogart e Lauren Bacall: nel film non restò niente né di Faulkner né di Hemingway ma la pubblicità si servì con profitto dell’unione dei due eroi e competitori letterari del tempo.

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