venerdì 10 giugno 2011

Barack Obama, considerazioni varie


Innanzitutto devo dire che trovo disgustose quelle persone che si accalcano per salutare ed applaudire i capi di Stato quando questi fanno i cosiddetti viaggi ufficiali. Ultimamente Obama è stato a Londra è m'è toccato vedere un sacco di scimmie che erano lì a festeggiare. Ma cos'ha la gente nel cervello? bruchi? Quello è un politico, è un potente; il compito delle persone comuni è controllare e sapere cosa cazzo combina coi nostri soldi e con le nostre vite, non è una rockstar! Ma non c'è niente da fare, il popolo è suddito nel midollo.
Per quanto riguarda la composizione di questo post, mi servirò di alcune considerazioni lette nel No logo di Naomi Klein.
Obama prima di tutto è un super marchio.
Con Bush, la popolarità del presidente americano e degli Stati Uniti in genere erano arrivate ai minimi storici. Obama e il suo staff hanno messo in atto la campagna di rebranding più efficace della storia, e sono riusciti ad invertire completamente la tendenza.
Il suo guru dei social network è Chris Hughes, uno dei giovani fondatori di Facebbok. Il segretario per le politiche sociali è Desirèe Rogers, affascinante laureata in gestione d'impresa a Harvard nonchè ex direttrice marketing. E David Axelrod, il principale consulente di Obama, è stato socio della ASK Public Strategies, una società di relazioni pubbliche che ha orchestrato campagne per aziende come Cablevision e AT&T. Questa squadra di consulenti ha sfruttato tutte le risorse nel moderno arsenale del marketing per creare e sorreggere il marchio Obama: il logo perfettamente calibrato (un sole che sorge sopra la bandiera a stelle e strisce); un uso attento del marketing virale (suonerie a tema Obama); il product placement (spot pro Obama nei videogiochi sportivi); i contenuti generati dagli utenti (il tormentone di Obama Girl su You Tube, per esempio); uno spot tv da trenta minuti (che rischiava di apparire melenso, ma che invece è stato definito da tutti "autentico"); e le alleanze strategiche con altri marchi (Oprah Winfrey per ampliare al massimo il bacino d'ascolto, la famiglia Kennedy per darsi un tono di serietà; e un mucchio di star dell'hip-hop per costruirsi un'immagine al passo coi tempi).
Lo sfruttamento delle opportunità non è terminato, e neppure rallentato, con la vittoria alle elezioni. Obama ha trasformato la Casa Bianca in una specie di reality show senza fine che vede protagonista l'adorabile clan Obama. In questo modo la Casa Bianca è diventata il fiore all'occhiello del marchio Obama, uno spazio fisico in cui il governo può incarnare i valori di trasparenza, innovazione e diversità che hanno attratto alle urne tanti elettori.
Ovviamente non c'è niente di male in tutto questo. Perchè mai un presidente che vuole cambiare il Paese non dovrebbe sfruttare le tecniche del marketing come fa, per esempio, la Nike?
Il problema non è che Obama usi gli stessi trucchi e strumenti dei grandi marchi; chiunque voglia influenzare la cultura di oggi deve farlo per forza. Il problema è che, come è accaduto prima di lui a tanti altri marchi legati agli stili di vita, le sue azioni non sono minimamente all'altezza delle speranze suscitate.
E' presto per stroncare Obama, ma posso dirti questo: Obama preferisce sempre il vistoso gesto simbolico rispetto al cambiamento strutturale profondo. Quindi annuncia a gran voce di voler chiudere la famigerata prigione di Guantanamo; e intanto procede con l'espansione del carcere di Bagram in Afghanistan, di profilo più basso ma spaventosamente fuorilegge, e si oppone ai processi contro i funzionari di Bush che hanno autorizzato le torture. Nomina fra squilli di tromba la prima giudice latinoamericana alla Corte Suprema, e intanto intensifica le misure restrittive dell'era di Bush con un nuovo giro di vite sull'immigrazione. Investe nell'energia pulita, e intanto sostiene la fantasia del "carbone pulito" e rifiuta di tassare le emissioni, l'unico metodo sicuro per ridurre in modo sostanziale il consumo dei carburanti fossili. Si scaglia contro l'inaccettabile avidità dei banchieri, e nel frattempo cede le redini dell'economia a insider veterani di Wall Street come Timothy Geithner e Larry Summers, che prevedibilmente hanno ricompensato gli speculatori e non hanno smembrato le banche. E, quel che è peggio: Obama promette di porre fine alla guerra in Iraq, manda in pensione l'orrendo concetto di "guerra al terrore"; e intanto i conflitti ispirati da quella logica fatale si intensificano in Afghanistan e in Pakistan.
Queste e molte altre cose potrei aggiungere, ma la finisco qua per non annoiarvi.
Obama non mi eccita per niente, mi sta sul cazzo come tutti i presidenti, i re e i possidenti che infestano questa Terra.
Che la vostra parola d'ordine sia: OCCHI APERTI!

5 commenti:

  1. Io non ho approfondito il suo operato ma così a occhio e croce un Nobel per la pace a lui mi sembra eccessivo, per non dire del tutto fuori luogo.
    Anche lui, come tutti gli altri, deve sottostare credo a delle "regole" e accordi ben precisi per poter stare dove sta.

    PS
    Ho superato la mia avversione per le "cose" tecniche dei blog (e non) ed ho messo il tasto segui che non trovavi.
    Sarei onorata se tu fossi il mio primo (ma anche l'unico) lettore fisso :)
    Non arrossire su ;-)

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  2. Brava! Per colpa dell'emicrania mi sono accorto di non aver detto molte altre cose e il Nobel mi dispiace di averlo mancato!

    Cmq oggi la cosa importnate è un'altra...TU DIPINGI!

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  3. si ma i soli tre puntini di sospensione possono avere oscuri significati... (quelli che hai messo nel commento di quel post intendo)

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  4. Non sapevo il lato oscuro delle Forza di Obama. Grazie infiite di avermi aperto gli occhi un po' di più.
    Buon fine settimana spero senza emicrania ( io ne soffro e so che cosa vuol dire...)

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  5. Prego, il bello è che ho scritto solo la punta dell'iceberg...

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