mercoledì 16 marzo 2011

Moltitudine imbelle

Telemaco raduna il popolo, si sfoga e ingiuria i Proci che gli stanno consumando tutte le sostanze (e non fa una bella figura perchè butta lo scettro a terra e piange come un bambinone). Chiede una nave per cercare notizie del padre.
I Proci lo irridono e gli dicono che continueranno a mandarlo in rovina finchè quella zoccola di Penelope non si deciderà a scegliere uno di loro.
Hanno scoperto (dopo quattro anni, quei genialoidi) l'inganno della tela.
Telemaco non può scacciare la madre dalla casa paterna nè può rimandarla dal padre di lei.
Alla fine i Proci continuano a sbafare a casa di Telemaco, mentre lui parte con alcuni compagni alla volta di Sparta su una nave veloce spinto dal soffio di Zefiro, non prima però, di aver brindato con ottimo vino alla salute degli dèi e al viaggio.

Mentore allora si alzò, l'amico fedele
di Ulisse, che a lui aveva partendo
tutta affidata in custodia la casa e su tutto,
al vecchio Laerte obbedendo, vegliasse.
Egli, assennato e prudente, levò la sua voce:
"Ascoltate, Itacesi, quello ch'io dico:
nessuno mai più dei sovrani scettrati
sia con voi generoso e clemente e mite
nè più la giustizia conosca nel cuore,
ma sempre feroce e iniquo si mostri
: giacchè
nessuno di Ulisse divino più si rammenta
fra il popolo, di cui era paterno signore.
Io non rimprovero certo i Proci superbi,
la cui mente offuscata medita il male:
arroganti i beni di Ulisse divorano, e mettono
a rischio la vita dicendo che più non ritorna;
adirato son io con il resto del popolo:
voi muti sedete, nessuna parola
osate dir loro di biasimo; e i Proci
son così pochi, e voi siete molti
."
A lui rispose Leocrito, figlio di Evenore:
"Mentore, confusa o audace hai la mente;
tu parli istigando costoro a frenarci.
E' arduo, anche per gran moltitudine d'uomini,
opporsi a chi lotta in difesa ostinata
dei piaceri goduti a spese di altri
.
Nemmeno se Ulisse itacese volesse,
qui giunto, scacciar di sua casa lontano
i Proci che stanno a banchetto, la sposa
che tanto il ritorno desidera, poca gioia ne avrebbe:
d'indegna morte cadrebbe egli stesso
contro molti lottando. Tu non parli da senno.
Ma suvvia, o gente, scioglietevi; vada
ciascuno all'opere sue; preparino Mentore
e Aliterse il viaggio a costui; da tempo
amici del padre essi sono. Ma penso
che in Itaca a lungo ancora restando
attenderà notizie, nè mai farà questo viaggio".

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