L'UNO E IL MOLTEPLICE
Nei primi anni del periodo jenese, Hegel fu in larga misura influenzato da Schelling e anzi dedicò le sue prime pubblicazioni a dimostrare la superiorità di Schelling su Fichte. Dai due maestri dell'idealismo egli accettava la concezione della filosofia come riflessione sulle forme essenziali in cui si estrinseca la realtà e quindi come ricostruzione della realtà stessa. In particolare accettava da Schelling, in opposizione a Fichte, l'affermazione della realtà della natura.
Fin dagli scritti di quell'epoca si può tuttavia intravvedere ciò che distinguerà nettamente la filosofia di Hegel da quella dei due autori testé menzionati: tale differenza concerne il rapporto tra l'uno e il molteplice. Tanto per Fichte quanto per Schelling esiste un'inconciliabile antitesi fra unità e molteplicità; ne è una conferma, tra l'altro, la stessa conclusione mistico-religiosa dei loro sistemi filosofici. Per Hegel, al contrario, ogni dualismo del genere va recisamente respinto: solo l'unità astratta è, secondo lui, opposta al molteplice; l'unità concreta si realizza, invece, tutta intera in esso.
L'intimo nesso fra uno e molteplice sta al centro di tutta la filosofia hegeliana.
Dal punto di vista propriamente metafisico, l'unità è l'assoluto mentre la molteplicità è il complesso dei momenti empirici; il loro richiamarsi reciproco è l'affermazione che l'assoluto non trascende l'empirico, ma si rivela in esso, conciliando – senza annullare – le differenze riscontrabili nell'esperienza.
Secondo Hegel, solo attraverso queste differenze e attraverso i loro conflitti, l'unità raggiunge la sua piena realizzazione.
Ma su quale base potremo sostenere che l'assoluto (unitario) si realizza nel molteplice dell'esperienza?
Per Hegel la base, cui fare appello per sostenere l'affermazione ora riferita, deve essere prettamente razionale; deve essere la ragione stessa a farci comprendere senza ombra di dubbio che il molteplice, pur con i suoi conflitti, anzi proprio attraverso di essi, costituisce una sostanziale unità.
Qui Hegel si richiama ad Eraclito: per l'uno come per l'altro l'unità del molteplice scaturisce logicamente proprio dalla guerra intestina, da cui il molteplice è ininterrottamente agitato.
La logica, di cui qui si fa parola, non può essere quella aristotelica; secondo Aristotele, infatti, l'uno e il molteplice sono, nella loro rigidità, concetti contrapposti che si escludono a vicenda. Per comprendere come l'uno possa scaturire dal molteplice, occorre rinnovare la logica in senso dialettico.
Bisogna sottolineare che, secondo Hegel, la logica non concerne il solo processo discorsivo ma il processo stesso della realtà.
La distinzione fra realtà e idea era cara all'intelletto astratto, organo della vecchia logica; non è invece sostenibile da un punto di vista autenticamente razionale. Essa era stata fatta propria dal dualismo kantiano, che contrapponeva il conoscere alla cosa in sé; ma è l'impostazione stessa del kantismo a rivelarsi priva di fondamento, malgrado l'istanza critica da cui prende le mosse (o forse proprio per il carattere artificioso di tale istanza). Uno dei punti di vista capitali della filosofia critica è che prima di procedere a conoscere dio, l'essenza delle cose, ecc., bisogna indagare la facoltà del conoscere per vedere se sia capace di adempiere quel compito: si dovrebbe apprendere a conoscere l'istrumento prima di intraprendere il lavoro che per mezzo di esso deve essere portato a termine... ma l'indagine del conoscere non può accadere altrimenti che conoscendo; dacchè indagare questo questo cosiddetto istrumento non è altro che conoscerlo. Voler conoscere dunque prima che si conosca è assurdo, non meno del saggio proposito di quel tale scolastico di imparare a nuotare prima di arrischiarsi nell'acqua.
Già Kant aveva parlato di dialettica e aveva a tal proposito sottolineato il carattere contraddittorio delle idee costruite dalla ragione; a suo giudizio, però, questo carattere contraddittorio costituiva un motivo sufficiente a farcele ritenere illusorie, a farci ritenere cioè che esista una frattura incolmabile fra la ragione e il mondo della realtà. Per Hegel, invece, tale contraddittorietà è una proprietà essenziale di ogni determinazione, sia dell'essere sia del pensiero.
Riflettendo con rigorosa coerenza su qualunque determinazione, noi giungeremo a coglierne il legame necessario con la sua stessa negazione.
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